Del pons Agrippae sul Tevere
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dichiarai essere la testata e la pila di un ponte, assai più vicino
al luogo ove si rinvenne il cippo terminale, di quello che non lo
era l'odierno ponte Sisto.
Questa inattesa scoperta, appunto per la sua rarità e straor-
dinaria importanza, sollevò non pochi dubbi tra i cultori degli
studi archeologici, e specialmente tra quelli che a preferenza si
occupano di romana topografia.
Il eh. prof. Gatti, che trattò il medesimo argomento in
questo Bullettiiio, 1887, p. 306 e seg., prese specialmente in
esame tutto ciò che all'istituto dei curatores riparum et alvei
Tiberis si riferiva; ma mentre convenne meco circa l'ubicazione
del Trigarium, negò che gli antichi ruderi da me indicati
appartenessero ad un ponte sconosciuto, a monte di ponte Sisto,
ed attribuì piuttosto la prima costruzione di questo ad Agrippa,
come era indicato nel nostro cippo. Le ragioni addotte per
escludere un nuovo ponte, nel luogo da me indicato, erano:
1° la poca probabilità che al principio del secolo III dell'e. v.
fosse stato costruito un ponte di sana pianta, in sostituzione di
un altro che era a breve distanza e che al tempo di Claudio
era ancora solido e robusto ; 2° che le costruzioni in travertino,
di bellissima opera quadrata, a blocchi congiunti con grappe di
ferro impiombate, che io descrissi come formanti la testata e
la pila di un ponte, potevano anche attribuirsi a ruderi di edi-
lìzio dei tempi augustei, collocato in prossimità della ripa, e che
crollando precipitò nel fiume; 3° che le ricostruzioni dei ponti
danneggiati dal tempo o dalle inondazioni, sono generalmente
state fatte giovandosi delle parti più antiche superstiti, special-
mente per le pile, fondate sempre con la massima solidità.
Era questione puramente e semplicemente di fatto ; e per
deciderla occorreva chiarir meglio la natura, l'estensione e la
posizione degli avanzi rinvenuti nell'alveo del fiume. Ciò ora
presenta completamente la pianta annessa a questo breve scritto,
e che debbo alla cortesia dei sigg. ingg. De Sanctis e Melotti, del
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dichiarai essere la testata e la pila di un ponte, assai più vicino
al luogo ove si rinvenne il cippo terminale, di quello che non lo
era l'odierno ponte Sisto.
Questa inattesa scoperta, appunto per la sua rarità e straor-
dinaria importanza, sollevò non pochi dubbi tra i cultori degli
studi archeologici, e specialmente tra quelli che a preferenza si
occupano di romana topografia.
Il eh. prof. Gatti, che trattò il medesimo argomento in
questo Bullettiiio, 1887, p. 306 e seg., prese specialmente in
esame tutto ciò che all'istituto dei curatores riparum et alvei
Tiberis si riferiva; ma mentre convenne meco circa l'ubicazione
del Trigarium, negò che gli antichi ruderi da me indicati
appartenessero ad un ponte sconosciuto, a monte di ponte Sisto,
ed attribuì piuttosto la prima costruzione di questo ad Agrippa,
come era indicato nel nostro cippo. Le ragioni addotte per
escludere un nuovo ponte, nel luogo da me indicato, erano:
1° la poca probabilità che al principio del secolo III dell'e. v.
fosse stato costruito un ponte di sana pianta, in sostituzione di
un altro che era a breve distanza e che al tempo di Claudio
era ancora solido e robusto ; 2° che le costruzioni in travertino,
di bellissima opera quadrata, a blocchi congiunti con grappe di
ferro impiombate, che io descrissi come formanti la testata e
la pila di un ponte, potevano anche attribuirsi a ruderi di edi-
lìzio dei tempi augustei, collocato in prossimità della ripa, e che
crollando precipitò nel fiume; 3° che le ricostruzioni dei ponti
danneggiati dal tempo o dalle inondazioni, sono generalmente
state fatte giovandosi delle parti più antiche superstiti, special-
mente per le pile, fondate sempre con la massima solidità.
Era questione puramente e semplicemente di fatto ; e per
deciderla occorreva chiarir meglio la natura, l'estensione e la
posizione degli avanzi rinvenuti nell'alveo del fiume. Ciò ora
presenta completamente la pianta annessa a questo breve scritto,
e che debbo alla cortesia dei sigg. ingg. De Sanctis e Melotti, del