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Garrucci, Raffaele
Storia della arte cristiana nei primi otto secoli della chiesa: corredata della Collezione di tutti i monumenti di pittura e scultura ; incisi in rame su 500 tavole ed illustr. (Band 2,1): Pitture cimiteriali — Prato, 1873

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https://doi.org/10.11588/diglit.1394#0064
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KTST

VOLUML li.

STORIA DELL'ARTE CRISTIANA

Pitture

sistono alla mensa sedute sopra sedie due donne, una alla
estremità destra, l'altra alla estremità sinistra del sigma,

0 sia della tavola ricurva, nel cui concavo è posto il trep-
piè , o sia la mensa colle vivande. Presso del treppiè a si-
nistra è un'anfora e a destra un coppiere in tunica listata
e discinta, che reca in mano un calice. I tre commensali e
le due donne vestono tuniche listate e discinte , quali erano
le convivali. Sul treppiè, ove il Bosio ha figurato un agnello,
due pani e due coltelli, è invece un bel pesce avvertito
anche dal De Rossi (De christ. mon. typuv exhib. p. 26),
e che a me pare un delfino, posto in mezzo a quattro la-
mine o coltelli che siano : i commensali parlano fra di loro,
la donna che è assisa a sinistra stende la destra. Sulla parete
della sala si legge scritto a sinistra IRENE DA CALDA, a
destra AGAPE MISCE MI. Le donne hanno i capelli in
due nodi legati sul vertice, u Non sarei lontano dal cre-
dere, scrive il Bottari p. 170, che queste due femmine
fossero due pregustatrici, una del vino, cioè quella che
stende la mano al bicchiere, 1' altra delle vivande la quale
accenna al fanciullo che dia la tazza all' altra , o forse
una è quell'Agape nominata nell'iscrizione e l'altra l'Irene
che abbadava alla bevanda calda. » Agape e Irene, che
si traducono dal greco Carità e Pace, sono nomi allego-
rici invocati nel convito celeste, convito di carità e di pace
eterna. Le due donne adunque sono due personificazioni.

1 tre commensali mangiano del pesce e bevono del vino
alla mensa che Cristo ha promesso e preparato, ut edatis
et bibatis super mensam meam. Le locuzioni convivali,
da calda, misce mi, non hanno bisogno di commenti: solo
ricordo l'uso popolare della voce calda, a cui fa buon riscon-
tro /rida che si legge graffita sopra una pompeiana pittura,
la quale rappresenta alcuni uomini che bevono in un'os-
teria : e l'epigrafe dice DA FRIDAM PVSILLVM. La fronte
esterna dell' arcosolio è fregiata di un velo a festone, i cui
estremi lembi sono tenuti da giovani che stanno in aria
senz'ali: essi son nudi se non in quanto portano un pic-
colo pallio gittato sulla spalla e svolazzante: oggi son periti
ambedue, non rimanendo che un piede di quello a destra.
In questo cimitero medesimo si vede la singoiar rappre-
sentanza di una luna crescente fra quattro stelle, dipinta
sulla fronte esterna della volticina di un arcosolio ; e al lato
sinistro un uomo orante che ha raccorciata la penula sulle
spalle e a destra una donna parimente orante : il dipinto
è ornato di sopra da encarpi o festoni. Alcune cose, dice
Tertulliano (De orat.), si fanno senza verun precetto che ne
abbia dato Cristo o gli Apostoli : ma non si può attribuire
a religione bensì a superstizione ciò che è affettato, non
spontaneo, e che sa più di moda, che di ragione, e do-
vrebbesi di certo porvi un freno quando ci mettono a con-
fronto dei pagani. Tal è la moda di certuni che per far
orazione pongono giù le penule : così i gentili fanno allorché
si recano ai loro idoli. Quibus merito vanitas exprobranda
est, siquidem sine ullius aut Dominici aut Apostolici prae-

cepti auctoritate fiunt ■ huiusmodi enim non religioni sed
superstìtioni deputantur, affectata et coacta et curiosi potius
quatti rationalis officii, certe vel eo coercenda quod gentibus
adaequent ; ut est quorundam positis paenulis orationem
facere; sic enim adeunt ad idola nationes. Lungi da questo
costume, rimproverato qui da Tertulliano, il cristiano ora
in penula che si è accorciata sulle braccia.

3. Cubicolo. Fra le schede del d' Agincourt e nella storia
(Pitture, t. IX, 15) trovasi la volta di questo cubicolo, il cui
intonico dipinto è ora caduto per metà, ma più intero il
vidi nel 1859 e rappresentava nel mezzo il buon pastore e
nella lunetta a destra una cavalla col suo poliedro. A sinistra
non potei ravvisare che cosa vi fosse dipinto , perchè la
pittura era quasi perduta ; nella lunetta di sotto vidi due
capretti, la lunetta di sopra mancava del tutto. Il P. Marchi
fece delineare i due capretti soltanto. Sulla parete a sinistra
v' è dipinta una donna orante.

4. Sulla parete medesima verso il muro d'ingresso è figu-
rato un giovane sedente vestito di tunica discinta e a ma-
niche lunghe, ornata inoltre di pezzuole rotonde in quattro
parti, due sulle spalle e due sul lembo : la tunica , che
sembra essere la convivale, è raccorciata, ond'è che lascia
discoperte e nude ambedue le gambe con alcuna parte della
coscia dritta ; e il giovane è a pie nudi. L'attitudine in che
l'ha messo il pittore è di chi stende la mano ed invita alla
cena, che ha innanzi nel desco sopra un treppiè. Sono poi
ivi certe pallottolette o globoletti simili a confetture, il cui
senso è indubitatamente mistico ed allegorico. Fa d'uopo
però risovvenirsi che simili pallottolette Gesù distribuisce
agli Apostoli nella mistica cena dipinta nel codice famoso
di Zagba (tav. 136, 2).

5. L'arcosolio che sta di fronte alla porta d'ingresso è
tratto da un disegno del P. Marchi di mano del Bossi, egual-
mente che il giovane seduto a mensa messo al n. 4. Nel
mezzo della volticina vedesi un giovane in tunica e pallio,
coronato di nimbo, sopra carro tirato sulle nuvole da una
coppia di cavalli alati, dei quali egli regge il freno. Nel
fondo è dipinto un convito. Siedono a mensa tre uomini e
due fanciulli. Agape ed Irene, le quali personificazioni ab-
biam precedentemente conosciuto, stanno qui egualmente
sedute alle due estremità del sigma. Agape che è a sinistra
ha un calice nella destra, Irene ha un calice nella sinistra
e un orciuolo nella destra, e vestono ambedue tuniche a
larghe maniche ; ma quella d'Irene è addogata e discinta,
Agape invece è cinta ed hanno amendue i capelli sul ver-
tice legati con due nodi. Il giovane che é nel mezzo del
sigma beve ad un calice, simile a quello di Agape ed Irene,
la cui coppa è quanto un comune bicchiere, il piede o pe-
dale manca della sua larga base. Sulla parete della stanza si
legge a sinistra AGAPE MISCE NOBIS e a destra IRENE

— ÓO —
 
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