rum ho.
minibut
«rmaii.r*
H.9.5.
come servi assai tempo il nossró Anfitea-
tro di campo franco per li Duelli giudi-
zialmente decretati ; ed è credibile vi ve-
mssero per l’opportunità e Acutezza del
luogo a combattere anche uomini d’altre
parti, ritraendone il Publico della Città
un diritto , e una contribuzione , che al-
logava .
Non poche volte servi ancora la nofir’A-
rena a i supplizj de’rei, quali continuando
il costume antico : di persone di conto de-
capitate in essa ne'tempi Scaligeri più me-
morie si trovano, spezialmente ne’ testi a
penna. Nel principio del 1400 serviva di
danza alle meretrici, e ne pagavan pigio-
ne, come da un curioso rotolo dell’Ar-
chivio Bevilacqua ho ricavato . Durava
quell’ uso anche verso la fine di quel seco-
le dicendoli dell’ Anfiteatro nell’ Azion
Pantea :
Flevìmw hocque japer , nobis quodfrulla
pudici!
Nane loca profilante! faciant ìmmunda
p nelle.
Sopra tutto continuò sempre il fatai’ uso
di valerli delle sue pietre in occasion di nuo-
ve sabriche ; il cheapparisce singolarmente
dalla torre predò l’Arco de’ Gavii , e dal
fondo delle merlate mura fatte intorno al
suo giardino da Cansignorio nel 13 64. Fin
nel 1406 molti e molti de i gradini furono
adoprati per lavorare al Castello di S. Fe-
lice , come ho letto nel codice Saiban-
te 667,
Con tutto ciò una lode non può negarli
a’Veronesi, che a’Cittadini di verun’altra
Città non credo sia comune. La Storia del
nostro Anfiteatro termina con quella delle
rillaurazioni, senza risparmio di spesa con-
tinuate fino a’di noslri. Non che gli altri,
ma nè pure il Romano fu in quella parte
sì fortunato ; e piacesse a Dio eh’ elso al-
meno avesiè ottenuto, che si vietasse il
disfarlo, come del Pelano vedremo al-
trove. Ma publici decreti per risarcire non
credo certamente possan mostrarsi so non-
in Verona, e quelli assai più d’antico,
che non si crederebbe. Eli mio codice con-
serva nel suo Archivio il nostro Capitolo
Canonicale scritto nel 1228, in cui si con-
tiene lo Statuto Veronese , o quegl’ incari-
chi addossati dal Publico a chi veniva as-
sunto al gradoni Podellà, e da esso pro-
messi e giurati, che fecero sirada alla com-
pilazione de gli Statuti. Quello codice è
slato pur’ora publicato dal Signor Cancel-
lier Campagnola, che con molta cognizio-
ne, e con diligenza, incredibile ha riordi-
nato , e ili usirato l’Archivio slesso. Al
paragrafo sèz così si vede che il Podellà
F I T E A T R 1 84
prometteva . In reparatione, et refezione
Arenae de Communi expendam in meo regimi-
ne Insra fex menfes ab indio mei regimin'n qain-
gentaì libra! ; ita tamen quod hoc poffit im-
mutavi volani at e Confila , vel Arengi. Per
errore scrisse qui il copisla. non pofisit, che
non concorda con Vita tamen, e non po-
tendoli limitar mai l’autorità del pien Con-
siglio , in cui risedeva la suprema Podellà
del Comune , cioè della Repubblica. La
somma di 500 lire era in que’tempi mol-
to considerabile, e però non lieve appar
la premura ne’ Cittadini noslrì fin da quel
tempo di conservarsi quello te soro.
Come il sudetto libro può dirli primo
Statuto, così quello, che si conserva nel?
Archivio particolare de’Proveditori della
Città, può dirli secondo , Fu scritto in an-
ni diverbi, ma ninna parte di esso è dopo
il 1376. Contiene gli Statuti regolati più.
volte lòtto Scaligeri, e ordinati, e in sei
libri dividi. Nella fin del primo son le
elezioni del Popolo , che conferì loro il
governo degenerato poi in Monarchia. Nel
libro quarto al capitolo 156, si vede or-
dinato di tener chiuse tutte le porte del?
Arena, che prima siavano aperte , e si
trova in quello modo prò veduto alla sua cu-
stodia, ed al suo decoro.
Quam malta maleficìainTheatro five Are-
na commina fint hadtenu!, et pofient commit-
tì de cetero , siataima! et or din amar, quod
dìclum Theatrum , fìve Arena claufum per-
maneat , et clave! portaram eia! in mafia-
ria Communi! Ver once , vel apud Maffariam
dirti Communi! ponantnr , et sient , Et si
quir fregerit porta! , vel mar am ipfius Thea-
tri per vim , puniatur in XXV libra! prò
quoque , et quaque vice , Quod denunciare
tene ani ur, et debeant larati, et Caftoder no-
Ilis guaìtarum. circumfiantium eadem die vel
fequenti, banum ad voluntatem domìni Po-
tefiati! vel Carice auserendo , Et fi quis in
eo T he atro secerit aliquam turpitudine™,
puniatur in V folidor prò unoquoque, et qua-
libet vice ~’ Procuratore! Communi! Vero-
na infra. XV die! officii fui teneantur inqui-
rere per covalo! habitantei : et fi ìnvenerìnt
aliquem habentem cloacam , vel sofiam, vel
sica si am difeurrentem in dillo The atro , vel
Arena &c.
Terzo Statuto è il regolato dì nuovo, e
stampato nel 1475. In esso si può veder re-
plicata con poca diversità ? ordinazione
istesià , aggiunta penalità a chi movesse
I di luogo alcun de’gradi, o trasportasfe
qualche pietra ; e soggiunta altra curiosa
legge, che ognuno può osservar nella (lam-
pa. L’anno 1480 ricavo , che mancava
la maggior parte de i gradi da un Poema
C
minibut
«rmaii.r*
H.9.5.
come servi assai tempo il nossró Anfitea-
tro di campo franco per li Duelli giudi-
zialmente decretati ; ed è credibile vi ve-
mssero per l’opportunità e Acutezza del
luogo a combattere anche uomini d’altre
parti, ritraendone il Publico della Città
un diritto , e una contribuzione , che al-
logava .
Non poche volte servi ancora la nofir’A-
rena a i supplizj de’rei, quali continuando
il costume antico : di persone di conto de-
capitate in essa ne'tempi Scaligeri più me-
morie si trovano, spezialmente ne’ testi a
penna. Nel principio del 1400 serviva di
danza alle meretrici, e ne pagavan pigio-
ne, come da un curioso rotolo dell’Ar-
chivio Bevilacqua ho ricavato . Durava
quell’ uso anche verso la fine di quel seco-
le dicendoli dell’ Anfiteatro nell’ Azion
Pantea :
Flevìmw hocque japer , nobis quodfrulla
pudici!
Nane loca profilante! faciant ìmmunda
p nelle.
Sopra tutto continuò sempre il fatai’ uso
di valerli delle sue pietre in occasion di nuo-
ve sabriche ; il cheapparisce singolarmente
dalla torre predò l’Arco de’ Gavii , e dal
fondo delle merlate mura fatte intorno al
suo giardino da Cansignorio nel 13 64. Fin
nel 1406 molti e molti de i gradini furono
adoprati per lavorare al Castello di S. Fe-
lice , come ho letto nel codice Saiban-
te 667,
Con tutto ciò una lode non può negarli
a’Veronesi, che a’Cittadini di verun’altra
Città non credo sia comune. La Storia del
nostro Anfiteatro termina con quella delle
rillaurazioni, senza risparmio di spesa con-
tinuate fino a’di noslri. Non che gli altri,
ma nè pure il Romano fu in quella parte
sì fortunato ; e piacesse a Dio eh’ elso al-
meno avesiè ottenuto, che si vietasse il
disfarlo, come del Pelano vedremo al-
trove. Ma publici decreti per risarcire non
credo certamente possan mostrarsi so non-
in Verona, e quelli assai più d’antico,
che non si crederebbe. Eli mio codice con-
serva nel suo Archivio il nostro Capitolo
Canonicale scritto nel 1228, in cui si con-
tiene lo Statuto Veronese , o quegl’ incari-
chi addossati dal Publico a chi veniva as-
sunto al gradoni Podellà, e da esso pro-
messi e giurati, che fecero sirada alla com-
pilazione de gli Statuti. Quello codice è
slato pur’ora publicato dal Signor Cancel-
lier Campagnola, che con molta cognizio-
ne, e con diligenza, incredibile ha riordi-
nato , e ili usirato l’Archivio slesso. Al
paragrafo sèz così si vede che il Podellà
F I T E A T R 1 84
prometteva . In reparatione, et refezione
Arenae de Communi expendam in meo regimi-
ne Insra fex menfes ab indio mei regimin'n qain-
gentaì libra! ; ita tamen quod hoc poffit im-
mutavi volani at e Confila , vel Arengi. Per
errore scrisse qui il copisla. non pofisit, che
non concorda con Vita tamen, e non po-
tendoli limitar mai l’autorità del pien Con-
siglio , in cui risedeva la suprema Podellà
del Comune , cioè della Repubblica. La
somma di 500 lire era in que’tempi mol-
to considerabile, e però non lieve appar
la premura ne’ Cittadini noslrì fin da quel
tempo di conservarsi quello te soro.
Come il sudetto libro può dirli primo
Statuto, così quello, che si conserva nel?
Archivio particolare de’Proveditori della
Città, può dirli secondo , Fu scritto in an-
ni diverbi, ma ninna parte di esso è dopo
il 1376. Contiene gli Statuti regolati più.
volte lòtto Scaligeri, e ordinati, e in sei
libri dividi. Nella fin del primo son le
elezioni del Popolo , che conferì loro il
governo degenerato poi in Monarchia. Nel
libro quarto al capitolo 156, si vede or-
dinato di tener chiuse tutte le porte del?
Arena, che prima siavano aperte , e si
trova in quello modo prò veduto alla sua cu-
stodia, ed al suo decoro.
Quam malta maleficìainTheatro five Are-
na commina fint hadtenu!, et pofient commit-
tì de cetero , siataima! et or din amar, quod
dìclum Theatrum , fìve Arena claufum per-
maneat , et clave! portaram eia! in mafia-
ria Communi! Ver once , vel apud Maffariam
dirti Communi! ponantnr , et sient , Et si
quir fregerit porta! , vel mar am ipfius Thea-
tri per vim , puniatur in XXV libra! prò
quoque , et quaque vice , Quod denunciare
tene ani ur, et debeant larati, et Caftoder no-
Ilis guaìtarum. circumfiantium eadem die vel
fequenti, banum ad voluntatem domìni Po-
tefiati! vel Carice auserendo , Et fi quis in
eo T he atro secerit aliquam turpitudine™,
puniatur in V folidor prò unoquoque, et qua-
libet vice ~’ Procuratore! Communi! Vero-
na infra. XV die! officii fui teneantur inqui-
rere per covalo! habitantei : et fi ìnvenerìnt
aliquem habentem cloacam , vel sofiam, vel
sica si am difeurrentem in dillo The atro , vel
Arena &c.
Terzo Statuto è il regolato dì nuovo, e
stampato nel 1475. In esso si può veder re-
plicata con poca diversità ? ordinazione
istesià , aggiunta penalità a chi movesse
I di luogo alcun de’gradi, o trasportasfe
qualche pietra ; e soggiunta altra curiosa
legge, che ognuno può osservar nella (lam-
pa. L’anno 1480 ricavo , che mancava
la maggior parte de i gradi da un Poema
C