ADOLFO VENTURI
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co’ suoi compagni ad eseguire fili, cordoncini, pezzi d'architrave. Quindi non è possibile
che qui si tratti di Niccolò di Piero Lamberti, detto il Pela, famoso scultore aretino, tanto
sono umili i lavori qui eseguiti alla dipendenza di Bartolomeo di Domenico tagliapietra ; e
si fa sempre più viva la persuasione che il documento indicato riguardi Niccolò fiorentino,
che per tanti caratteri si connette con l’arte padovana dello Squarcione e di Donatello.
Una terza notizia 1 si riferisce al lavoro per l’altare del Santo condotto da Donatello,
negli anni 1448-1449. Il 30 novembre 1448 Niccolò fiorentino e due suoi compagni ricevono
un pagamento per lavori eseguiti; e in seguito 1’ 8 e il 22 gennaio 1449, il 12, il 18 e il
22 febbraio, il i° e il 18 di marzo, il 23 e il 30 aprile, il 19 maggio sono ricordati nei
registri di spese. I due aiuti di Niccolò si chiamavano Pipo e Meo fiorentini: fecero insieme
colonne e pilastri per l’altar maggiore, cornici di marmo. E maestro Niccolò ci appare qui
col suo cognome Chocari o Cocaro. Egli è certamente lo stesso che lavorava nel 1443-44,
Fig. i — • Niccolò di Giovanni fiorentino: Trittico in pietra
Traù, Cattedrale
perchè anche allora aveva a principale compagno maestro Pipo da FiorenzaP L’altro, Meo
da Firenze, potrebbe essere Bartolomeo o Meo di Checo o Cecco, il cui nome ricorre tal-
volta a Ferrara dal 1434 al 1462, anche come cooperatore di Niccolò Baroncelli nell’ese-
cuzione della statua equestre del marchese Niccolò III. Ora per noi non v’è dubbio che il
tagliapietra fiorentino, intento a eseguire lavori nella chiesa del Santo, sia quello medesimo
che nel 4 gennaio 1468 si fece rappresentare da Coriolano di Pietro Cippico a Traù nella
stipulazione del contratto col procuratore del capitolo della Cattedrale, e si obbligò a con-
durre insieme con Andrea Alessi la nuova cappella al patrono della città, Beato Giovanni
Orsini vescovo. La sua educazione artistica padovana non solo è attestata dal trittico che
abbiamo citato, ma anche dal monumento di Giovanni Sobota (fig. 2) in San Domenico di
Traù, recante la data MCCCCLNVIII1. Troviamo in esso particolari che ci richiamano di
continuo all’arte di Donatello, di cui fu collaboratore nella costruzione dell’altare del Santo,
quali le candelabre scolpite con vasi dal collo a scanalature nelle faccie de’ pilastri laterali
1 Gloria, Donatello fiorentino e le sue opere mira-
bili nel Tempio di Sant’Antonio in Padova, Padova,
1895, pag. xvi, 12 e 13.
? Supponemmo già trattarsi non di Niccolò Lam-
berti, ma di Niccolò di Giovanni Baroncelli, per il
fatto che a questo scultore a Ferrara fu aiuto Meo di
Checo da Firenze ; ma riveduti i documenti padovani
abbiamo letto replicatamente il nome di Niccolò Co-
cari, tagliapietra, differente dal Baroncelli (L’Arte
1907, pag. 282 in nota e pag. 445).
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co’ suoi compagni ad eseguire fili, cordoncini, pezzi d'architrave. Quindi non è possibile
che qui si tratti di Niccolò di Piero Lamberti, detto il Pela, famoso scultore aretino, tanto
sono umili i lavori qui eseguiti alla dipendenza di Bartolomeo di Domenico tagliapietra ; e
si fa sempre più viva la persuasione che il documento indicato riguardi Niccolò fiorentino,
che per tanti caratteri si connette con l’arte padovana dello Squarcione e di Donatello.
Una terza notizia 1 si riferisce al lavoro per l’altare del Santo condotto da Donatello,
negli anni 1448-1449. Il 30 novembre 1448 Niccolò fiorentino e due suoi compagni ricevono
un pagamento per lavori eseguiti; e in seguito 1’ 8 e il 22 gennaio 1449, il 12, il 18 e il
22 febbraio, il i° e il 18 di marzo, il 23 e il 30 aprile, il 19 maggio sono ricordati nei
registri di spese. I due aiuti di Niccolò si chiamavano Pipo e Meo fiorentini: fecero insieme
colonne e pilastri per l’altar maggiore, cornici di marmo. E maestro Niccolò ci appare qui
col suo cognome Chocari o Cocaro. Egli è certamente lo stesso che lavorava nel 1443-44,
Fig. i — • Niccolò di Giovanni fiorentino: Trittico in pietra
Traù, Cattedrale
perchè anche allora aveva a principale compagno maestro Pipo da FiorenzaP L’altro, Meo
da Firenze, potrebbe essere Bartolomeo o Meo di Checo o Cecco, il cui nome ricorre tal-
volta a Ferrara dal 1434 al 1462, anche come cooperatore di Niccolò Baroncelli nell’ese-
cuzione della statua equestre del marchese Niccolò III. Ora per noi non v’è dubbio che il
tagliapietra fiorentino, intento a eseguire lavori nella chiesa del Santo, sia quello medesimo
che nel 4 gennaio 1468 si fece rappresentare da Coriolano di Pietro Cippico a Traù nella
stipulazione del contratto col procuratore del capitolo della Cattedrale, e si obbligò a con-
durre insieme con Andrea Alessi la nuova cappella al patrono della città, Beato Giovanni
Orsini vescovo. La sua educazione artistica padovana non solo è attestata dal trittico che
abbiamo citato, ma anche dal monumento di Giovanni Sobota (fig. 2) in San Domenico di
Traù, recante la data MCCCCLNVIII1. Troviamo in esso particolari che ci richiamano di
continuo all’arte di Donatello, di cui fu collaboratore nella costruzione dell’altare del Santo,
quali le candelabre scolpite con vasi dal collo a scanalature nelle faccie de’ pilastri laterali
1 Gloria, Donatello fiorentino e le sue opere mira-
bili nel Tempio di Sant’Antonio in Padova, Padova,
1895, pag. xvi, 12 e 13.
? Supponemmo già trattarsi non di Niccolò Lam-
berti, ma di Niccolò di Giovanni Baroncelli, per il
fatto che a questo scultore a Ferrara fu aiuto Meo di
Checo da Firenze ; ma riveduti i documenti padovani
abbiamo letto replicatamente il nome di Niccolò Co-
cari, tagliapietra, differente dal Baroncelli (L’Arte
1907, pag. 282 in nota e pag. 445).