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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 11.1908

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Fasc. 4
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Ozzòla, Leandro: Claudio Lorenese e il suo studio dal vero
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https://doi.org/10.11588/diglit.24153#0341

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CLAUDIO LORENESE E IL SUO STUDIO DAL VERO

L Virgilio della pittura di paesaggio, uno dei più grandi
artisti che vanti la Francia, iniziò la sua carriera come
domestico d’un pittore di paesi e di prospettive.

Nonostante però che il suo tirocinio presso Agostino
Tassi sia comunemente noto nessuno ancora ha cercato
di rilevare le tracce di quell’insegnamento nelle opere
del pittore francese.

Il primo biografo del Lorenese fu Gioachino Sandrart,
suo amico personale, nella Deutsche Akademie, pubbli-
cata a Norimberga nel 1675 (in latino nel 1683 nella stessa
città) ; segue subito Filippo Baldinucci che gli dedica una
delle sue Vite nelle Notizie dei professori (Firenze, 1684
e 1728); dopo di queste l’opera più importante intorno al
nostro artista è quella di Mme Mark Pattison, arricchita di qualche documento inedito.
Recentemente nella collezione Les grands Artistes dell’editore Flenri Laurens di Parigi è
apparsa sullo stesso argomento una piccola monografia di Raymond Bouyer, che però non
aggiunge nulla di nuovo.

Nessuno però di questi scrittori si preoccupa di precisare le derivazioni che l’arte di
Claudio può avere dalle opere della pittura precedente o contemporanea. Sandrart scrisse :
« Desideroso (il Lorenese) d’impadronirsi di tutti i segreti dell’arte e della natura, egli era
in campagna prima di giorno e vi restava fino alla notte per afferrare tutte le sfumature
delle ore crepuscolari e renderle poi esattamente. Dopo aver osservato l’effetto sul posto,
egli faceva subito una miscela di colori, e tornato a casa li applicava all’opera sua con
molta maggiore verità che non avesse fatto nessun’altro prima di lui. E in questo diffici-
lissimo e faticoso metodo di studio durò per molti anni uscendo ogni giorno alla campagna ».

Agli storici moderni questo è bastato per spiegare più che sufficientemente l’educa-
zione del Lorenese; e Mme Pattison potè perfino scrivere: «Ce n’est pas, à coup sur, dans
les faciles leqons du Tassi que Claude aurait pu puiser la force tenace qu’il déployait en
toute circonstance, pour interroger les secrets de la nature » 1 2

Ciò nonostante non è chi non veda che un artista non può riprodurre la natura se non
attraverso le formule degli artisti che l’hanno preceduto. Per comprendere l’educazione del
Lorenese non basta sapere che tutte le mattine usciva alla campagna allo studio del vero,
poiché è troppo evidente che s’egli fosse vissuto una generazione prima, anche usando lo
stesso metodo, non avrebbe ottenuto i medesimi risultati. Il Bouyer dovendo pure ammettere

1 Mme Mark Pattison, Claude Lorrain: Sa vie et stra anche che la Pattison non conosceva affatto lo

ses oeuvres, etc., Paris, Librairie de l’Art, 1882. stato della pittura di paesaggio al tempo del Lorenese.

2 Cfr. op. cit., pag. 18. Questa dichiarazione dima-
 
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