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LEANDRO O ZZO LA
qualche influenza dell’arte contemporanea sul nostro pittore in un recente articolo scrisse:
« Ce qu’il reqoit de son entourage et de son temps c’est le germe du paysage académique,
le poncif romain du paysage composé sous les horizons suavement austères de l’Agro
romano. L’ombre lourde et le poncif voilà ce que notre Claude a requ de ses ainés érudits,
de son temps précieux ». 1
Ma questo è troppo poco, e non esatto. Ben diverso e più ricco in realtà fu il tesoro
di cognizioni che il Lorenese trovò a sua portata per opera dei paesisti predecessori e
contemporanei. Lo stesso metodo di studiare assiduamente dal vero era una eredità ch’egli
doveva al suo maestro. Da alcuni pagamenti della Camera pontificia al Tassi (Cfr. Berto-
lotti, Agostino Tassi, Perugia, 1876) risulta che in una loggia a Roma egli dipinse «Civita-
vecchia dal naturale col suo porto e le navi, e che dovette rifarla dieci volte perchè non
c’era disegno giusto». Il conto porta la data del 1629. 2 Sotto la data del io ottobre 1633
si ha notizia d’un disegno del Tassi eseguito per i Cardinali Barberini d’ «una veduta dei
colli che circonda Roma sino al mare disegnata sopra la cupola di San Pietro, della lun-
ghezza di dodici fogli di carta reale e alta quanto il foglio ».
Questi due soli accenni bastano a far comprendere come il Tassi fosse un maestro
capace d’educare allo studio del vero, e nello stesso tempo a mostrare quanto esatta sia
l’affermazione di Mme Pattison sulle sue lezioni ch’essa « à coup sur » chiama « faciles ».
Rammenteremo dunque che Claudio entrato al servizio di Agostino come domestico
potè sotto la sua guida attendere allo studio della pittura e della prospettiva in ispecie.
Nel 1623 (all’età di 23 anni) si trova ancora ricordato fra gli aiuti del maestro, sicché il
suo tirocinio si può considerare piuttosto lungo. Come scolaro del Tassi, lo aiutava in lavori
di decorazione, ciò che si può desumere dalla deposizione del maestro del 1619, che lo
prese con sè ai servizi del cardinale Montalto. Anche sul principio del libero esercizio della
sua professione il giovane francese continuò a lavorare in decorazione per facciate di case,
secondo attesta il Sandrart. Il 1630 è la data della sua prima opera certa, la piccola acqua-
fòrte della Tempesta. Da quell’anno in poi, per tutto un decennio e mezzo, le opere del
Gellée conservano sempre l’impronta veristica e il carattere della pittura di genere. Tale
carattere infatti si riscontra nel « Campo Vaccino », nelle numerose Marine e Porti con
figurine di marinai caricatori e mercanti, nelle sue acqueforti, il Boaro, il Sorgere del sole,
la Danza in riva dell’acqua e finalmente nei suoi disegni, fra cui il più celebre la Festa
del villaggio. Tutte queste opere sono anteriori al 1640, come si deduce dalle segnature
autografe sulle opere stesse, o dalle note del famoso Liier veritatis.
È da notare però che le figure non erano eseguite da lui, ma ad ogni modo il suo
gusto si rivela sempre nella scelta del collaboratore a cui affidava l’incarico di completare
i quadri. A questo tempo naturalmente il suo compagno di lavoro non era certo Francesco
Allegrimi ; 3 le figure stesse ci avvertono che i loro autori erano dei seguaci dell’arte fiam-
minga, come Giovanni- Miei o Filippo Lauri.
Il soggetto del Campo Vaccino ('Foro romano) era già stato trattato da un artista, con
cui il Lorenese ha molta affinità, Paolo Bril, e chi ce ne dà notizia è proprio l’amico di
Claudio, il Sandrart. « Enrico de Os, egli dice, possiede una lamina di rame da lui (Bril)
dipinta, coperta di rovine e di figure elegantissime, quale suole mostrarsi allo spettatore il
Campo Vaccino a Roma».4
Certo quel luogo per le numerose rovine antiche di cui è sparso, doveva essere fre-
quentemente copiato dagli artisti di genere, specialmente forestieri ; però il trovarlo fra le
1 Histoìre du Paysage en France, Paris, 1908, scritta
da una Società di professori ; Cfr. R. Bouyer Capit.,
Claude Lorraìn, pag. 125.
2 Per notizie intorno ai paesisti immediatamente
anteriori al seicento vedi mio articolo : Cenni sui pre-
cursori del paesaggio seicentesco, nella rivista Ausonia,
An. II, fase. II, 1908.
3 Per questo artista cfr. Baldinucci, Notizie dei
professori, ecc., 1702, III, 615.
4 Cfe. Sandrart, Accademia nob. art. Pict., No-
rimbergae MDCLXXXII, pag. 277.
LEANDRO O ZZO LA
qualche influenza dell’arte contemporanea sul nostro pittore in un recente articolo scrisse:
« Ce qu’il reqoit de son entourage et de son temps c’est le germe du paysage académique,
le poncif romain du paysage composé sous les horizons suavement austères de l’Agro
romano. L’ombre lourde et le poncif voilà ce que notre Claude a requ de ses ainés érudits,
de son temps précieux ». 1
Ma questo è troppo poco, e non esatto. Ben diverso e più ricco in realtà fu il tesoro
di cognizioni che il Lorenese trovò a sua portata per opera dei paesisti predecessori e
contemporanei. Lo stesso metodo di studiare assiduamente dal vero era una eredità ch’egli
doveva al suo maestro. Da alcuni pagamenti della Camera pontificia al Tassi (Cfr. Berto-
lotti, Agostino Tassi, Perugia, 1876) risulta che in una loggia a Roma egli dipinse «Civita-
vecchia dal naturale col suo porto e le navi, e che dovette rifarla dieci volte perchè non
c’era disegno giusto». Il conto porta la data del 1629. 2 Sotto la data del io ottobre 1633
si ha notizia d’un disegno del Tassi eseguito per i Cardinali Barberini d’ «una veduta dei
colli che circonda Roma sino al mare disegnata sopra la cupola di San Pietro, della lun-
ghezza di dodici fogli di carta reale e alta quanto il foglio ».
Questi due soli accenni bastano a far comprendere come il Tassi fosse un maestro
capace d’educare allo studio del vero, e nello stesso tempo a mostrare quanto esatta sia
l’affermazione di Mme Pattison sulle sue lezioni ch’essa « à coup sur » chiama « faciles ».
Rammenteremo dunque che Claudio entrato al servizio di Agostino come domestico
potè sotto la sua guida attendere allo studio della pittura e della prospettiva in ispecie.
Nel 1623 (all’età di 23 anni) si trova ancora ricordato fra gli aiuti del maestro, sicché il
suo tirocinio si può considerare piuttosto lungo. Come scolaro del Tassi, lo aiutava in lavori
di decorazione, ciò che si può desumere dalla deposizione del maestro del 1619, che lo
prese con sè ai servizi del cardinale Montalto. Anche sul principio del libero esercizio della
sua professione il giovane francese continuò a lavorare in decorazione per facciate di case,
secondo attesta il Sandrart. Il 1630 è la data della sua prima opera certa, la piccola acqua-
fòrte della Tempesta. Da quell’anno in poi, per tutto un decennio e mezzo, le opere del
Gellée conservano sempre l’impronta veristica e il carattere della pittura di genere. Tale
carattere infatti si riscontra nel « Campo Vaccino », nelle numerose Marine e Porti con
figurine di marinai caricatori e mercanti, nelle sue acqueforti, il Boaro, il Sorgere del sole,
la Danza in riva dell’acqua e finalmente nei suoi disegni, fra cui il più celebre la Festa
del villaggio. Tutte queste opere sono anteriori al 1640, come si deduce dalle segnature
autografe sulle opere stesse, o dalle note del famoso Liier veritatis.
È da notare però che le figure non erano eseguite da lui, ma ad ogni modo il suo
gusto si rivela sempre nella scelta del collaboratore a cui affidava l’incarico di completare
i quadri. A questo tempo naturalmente il suo compagno di lavoro non era certo Francesco
Allegrimi ; 3 le figure stesse ci avvertono che i loro autori erano dei seguaci dell’arte fiam-
minga, come Giovanni- Miei o Filippo Lauri.
Il soggetto del Campo Vaccino ('Foro romano) era già stato trattato da un artista, con
cui il Lorenese ha molta affinità, Paolo Bril, e chi ce ne dà notizia è proprio l’amico di
Claudio, il Sandrart. « Enrico de Os, egli dice, possiede una lamina di rame da lui (Bril)
dipinta, coperta di rovine e di figure elegantissime, quale suole mostrarsi allo spettatore il
Campo Vaccino a Roma».4
Certo quel luogo per le numerose rovine antiche di cui è sparso, doveva essere fre-
quentemente copiato dagli artisti di genere, specialmente forestieri ; però il trovarlo fra le
1 Histoìre du Paysage en France, Paris, 1908, scritta
da una Società di professori ; Cfr. R. Bouyer Capit.,
Claude Lorraìn, pag. 125.
2 Per notizie intorno ai paesisti immediatamente
anteriori al seicento vedi mio articolo : Cenni sui pre-
cursori del paesaggio seicentesco, nella rivista Ausonia,
An. II, fase. II, 1908.
3 Per questo artista cfr. Baldinucci, Notizie dei
professori, ecc., 1702, III, 615.
4 Cfe. Sandrart, Accademia nob. art. Pict., No-
rimbergae MDCLXXXII, pag. 277.