242
ENRICO DI GEYMULLER
di opinione che nel secolo XVI (e questa è l’età del disegno) si fosse copiato un disegno
antico, e forse uno di quelli in pergamena che si trovano ricordati nei vecchi Inventari
dell’ Opera. Qualunque altra maniera di risolvere la questione mi presenta difficoltà insor-
montabili; prima delle quali è quella, pur notata da Lei, che non si può pensare, dinanzi
a queste linee, al secolo XIV ».
Dinanzi all’autorità del Guasti, ed ai fatti da me esposti, non ebbi difficoltà di ricono-
scere che anche la sua spiegazione poteva essere giusta. Non ho conservato la copia di
quanto gli risposi, ma in ogni caso sarà stato conforme a quanto egli stampò a carte XCVII
del suo detto libro dicendo :
« E i disegni, anche di cartapecora, furono tanto disfatti, che se alcuno per qualche
tempo ne rimase [documenti 300, 341], non ne rimane oggi neppur uno nelle collezioni
nostre e straniere. Intanto che parvemi sognare quando mi venne fatto di leggere in un
pregiato opuscolo del Barone de Geymuller, che un disegno, proveniente dalla celebre
galleria nostra de’ Gaddi, era da lui medesimo posseduto, e ch’era l’unico forse (com’egli
scrive) « échappé à la destruction ordonnée alors de tous les modèles antérieurs à celui
adopté définitivement en 1366. Il est de la main peut-étre de Francesco Talenti, d’Orcagna,
ou d’un des membres de la fameuse commission des 13 architectes et des 11 peintres qui,
ensemble, arrètèrent le pian defmitif». Era ben giustificata la mia curiosità di aver sott’oc-
chio questa reliquia ; e l’egregio signore mi compiacque. Ma egli, leale quanto erudito, è
ora persuaso di non possedere che un disegno del secolo XVI : e di quel tempo, non è l’unico
che ci rimanga».1
Intorno a queste ultime parole del Guasti mi sia anzitutto lecito osservare, che fra i
disegni sinora conservati agli Uffizi, non esiste disegno di pianta del Duomo che per segni
di antichità si possa paragonare al nostro disegno, proveniente di Casa Gaddi, e sul quale
ora vorrei contribuire a recare maggior luce.
La sua massima lunghezza sino al nudo dei pilastri esterni dell’abside è di 413 milli-
metri e mezzo. La larghezza misurata nella stessa maniera della nave trasversa è di 253
millimetri. La carta non contiene alcuna filigrana.
In oltre, prima di procedere devo fare una confessione. Benché io ammetteva a quel
tempo la possibilità che l’illustre Guasti, colla sua spiegazione, avesse colto nel segno,
non ne rimasi interamente persuaso. Da
quell’epoca in poi fui tormentato dall’idea
che il mio disegno era tuttavia forse un
originale dell’epoca del 1366. Ed ora che
questo documento è diventato proprietà
degli Uffizi, mi sento l’animo più libero per
esporre le ragioni favorevoli a questa opi-
nione.
Ma vediamo prima i punti che potevano
indurre il Guasti a considerare il mio disegno
come una copia del Cinquecento. Suppongo
che il primo sarà stato il modo di dise-
gnare. Difatti, agli Uffizi esistono disegni
dell’epoca del Bramante e dei venti primi
anni del secolo XVI, nei quali s’incontrano
ancora i tratti del tiralinee e della penna e il colore bigio argento col quale è acquarel-
lata la pianta. Il secondo punto è la scrittura nell’angolo superiore a sinistra S.a maria del
fiore dj fiorenza. Essa somiglia moltissimo a quella di Battista da Sangallo detto il Gobbo,
1 Qui il Guasti si riferisce alla pag. 47 de\VIndice dei disegni esistenti nella R. Galleria degli Uffizi
in Firenze, compilato da Nerino Ferri.
ENRICO DI GEYMULLER
di opinione che nel secolo XVI (e questa è l’età del disegno) si fosse copiato un disegno
antico, e forse uno di quelli in pergamena che si trovano ricordati nei vecchi Inventari
dell’ Opera. Qualunque altra maniera di risolvere la questione mi presenta difficoltà insor-
montabili; prima delle quali è quella, pur notata da Lei, che non si può pensare, dinanzi
a queste linee, al secolo XIV ».
Dinanzi all’autorità del Guasti, ed ai fatti da me esposti, non ebbi difficoltà di ricono-
scere che anche la sua spiegazione poteva essere giusta. Non ho conservato la copia di
quanto gli risposi, ma in ogni caso sarà stato conforme a quanto egli stampò a carte XCVII
del suo detto libro dicendo :
« E i disegni, anche di cartapecora, furono tanto disfatti, che se alcuno per qualche
tempo ne rimase [documenti 300, 341], non ne rimane oggi neppur uno nelle collezioni
nostre e straniere. Intanto che parvemi sognare quando mi venne fatto di leggere in un
pregiato opuscolo del Barone de Geymuller, che un disegno, proveniente dalla celebre
galleria nostra de’ Gaddi, era da lui medesimo posseduto, e ch’era l’unico forse (com’egli
scrive) « échappé à la destruction ordonnée alors de tous les modèles antérieurs à celui
adopté définitivement en 1366. Il est de la main peut-étre de Francesco Talenti, d’Orcagna,
ou d’un des membres de la fameuse commission des 13 architectes et des 11 peintres qui,
ensemble, arrètèrent le pian defmitif». Era ben giustificata la mia curiosità di aver sott’oc-
chio questa reliquia ; e l’egregio signore mi compiacque. Ma egli, leale quanto erudito, è
ora persuaso di non possedere che un disegno del secolo XVI : e di quel tempo, non è l’unico
che ci rimanga».1
Intorno a queste ultime parole del Guasti mi sia anzitutto lecito osservare, che fra i
disegni sinora conservati agli Uffizi, non esiste disegno di pianta del Duomo che per segni
di antichità si possa paragonare al nostro disegno, proveniente di Casa Gaddi, e sul quale
ora vorrei contribuire a recare maggior luce.
La sua massima lunghezza sino al nudo dei pilastri esterni dell’abside è di 413 milli-
metri e mezzo. La larghezza misurata nella stessa maniera della nave trasversa è di 253
millimetri. La carta non contiene alcuna filigrana.
In oltre, prima di procedere devo fare una confessione. Benché io ammetteva a quel
tempo la possibilità che l’illustre Guasti, colla sua spiegazione, avesse colto nel segno,
non ne rimasi interamente persuaso. Da
quell’epoca in poi fui tormentato dall’idea
che il mio disegno era tuttavia forse un
originale dell’epoca del 1366. Ed ora che
questo documento è diventato proprietà
degli Uffizi, mi sento l’animo più libero per
esporre le ragioni favorevoli a questa opi-
nione.
Ma vediamo prima i punti che potevano
indurre il Guasti a considerare il mio disegno
come una copia del Cinquecento. Suppongo
che il primo sarà stato il modo di dise-
gnare. Difatti, agli Uffizi esistono disegni
dell’epoca del Bramante e dei venti primi
anni del secolo XVI, nei quali s’incontrano
ancora i tratti del tiralinee e della penna e il colore bigio argento col quale è acquarel-
lata la pianta. Il secondo punto è la scrittura nell’angolo superiore a sinistra S.a maria del
fiore dj fiorenza. Essa somiglia moltissimo a quella di Battista da Sangallo detto il Gobbo,
1 Qui il Guasti si riferisce alla pag. 47 de\VIndice dei disegni esistenti nella R. Galleria degli Uffizi
in Firenze, compilato da Nerino Ferri.