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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 11.1908

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Fasc. 5
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Gerola, Giuseppe: Francesco Verla e gli altri pittori della sua famiglia
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FRANCESCO VERLA

E GLI ALTRI PITTORI DELLA SUA LAMIGLIA

ELL’unanime consenso di ammirazione feconda fe sincera onde,
al cadere del secolo XV, andarono celebrate le opere della
scuola pittorica umbra, mancano tuttavia gli accenni ad una
più diretta ed immediata influenza da esse esercitata sull’arte
veneta : se non si voglia tener conto dei pochi dipinti di quella
maniera casualmente arrivati entro i confini della Serenissima,
o degli sporadici artisti che, abbandonate le patrie terre intorno
al Trasimeno per le venete lagune, vi trovarono qualche favore
di simpatia, ma scarsissima fortuna di imitatori e seguaci.1

Tanto più strano e notevole riesce quindi il fenomeno di un
artista, come Francesco Verla, che, quantunque vissuto a Vi-
cenza, soggiace tuttavia all’ influsso del sommo Perugino sì fat-
tamente, da perseguirne l’imitazione — sia pure fiacca e scorretta, sgraziata e goffa — nella
maggior parte delle proprie pitture sparse per il Veneto. La sua arte si mantiene così quasi
estranea ed isolata fra mezzo alla produzione coeva della gloriosa schiera dei Vicentini, anche
se non possa negarsi una limitata efficacia di essi sullo stile del Verla, e costui a sua volta

1 È nota la controversia sulla pretesa venuta del
Perugino a Venezia. I documenti che accennano ad
un contratto stipulato nel 1494 dalla Signoria Veneta
con «m. Piero Peroxin, » per dipingere nel palazzo du-
cale (G. Gaye, Carteggio inedito di artisti, Firenze,
1840, voi. II, pag. 69. G. Cadorin, Dei miei studi negli
archivi in Esercitazioni dell’Ateneo veneto, anno V,
Venezia, 1864. G. B. Lorenzi, Monumenti del palazzo
ducale, Venezia, 186S, voi. I, pag. in. A. Rossi, Storia
artistica del Cambio di Perugia in Giornale di erudi-
zione artistica, anno III, fase. I, Perugia, 1874) e la
testimonianza della line del secolo xvi di certo quadro -
andato poi bruciato - dipinto in quello stesso anno
1494 per San Giovanni Evangelista di Venezia « de
man de un Perosino ». (F. Cornelius, Ecclesiae ve-
netae, Venetiis, 1749, voi. VI, pag. 352. E. A. Cicogna,
Delle iscrizioni veneziane, Venezia, 1824, pag. 47) sono
troppo incerti perchè in quel nome si possa ricono-
scere con sicurezza quello del Vannucci. Nè mancò
infatti chi pensò invece ad un Pietro Perugino vene-

ziano, supponendo che a lui si potesse attribuire certo
dipinto di scuola veneta col nome di Pietro Perugino
e la data del 1512. (Cfr. G. Vasari, Le opere, Firenze,
1878, voi. Ili, pag. 614. G. B. Cavalcaselle e J. A.
Crowe, Storia della pittura in Italia, Firenze, 1902,
voi. IX, pag. 207); mentre i vecchi cataloghi delle
gallerie di Venezia assegnano a Pietro Perugino ve-
neto una di quelle opere dello Pseudo Boccaccino - la
Lavanda dei piedi, del 1500 - che tanto comunemente
a Venezia vengono scambiate come lavori del Van-
nucci. Ma, al caso, è assai più probabile l’ipotesi che
il Perugino dei documenti veneti, pur essendo altra
persona dal celebre maestro di Città della Pieve, pro-
venisse pur egli dall’Umbria e lavorasse qualche tempo
a Venezia, dove non sarebbe forse troppo azzardato
l’attribuire a lui la decorazione di maniera umbra del
soffitto a cassettoni con in mezzo il tondo grande della
Visitazione e tutto intorno medaglioni di profeti e di
santi in quella chiesuola di San Gerolamo Miani alle
Zattere che fu edificata per l’appunto nel 1494.
 
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