MISCELLANEA
387
Vicino Spalato, il convento francescano alle Paludi
conserva un ritratto a mezza figura del vescovo Tom-
maso Negri che una scritta, certo del secolo xvi, ap-
posta a modo di firma sul rovescio della piccola tavola,
attribuisce al Lotto : LAVRENTIVS | LOTVS I 1527.
Il vescovo è in orazione nella sua stanza: a mani
giunte fissa intento verso sinistra, forse su una im-
magine, alla quale pare rivolgere la preghiera ap-
presa dal libro che gli è innanzi aperto ; egli risalta
energicamente sulla parete quasi tutta coperta di un
drappo verde che si stacca, a sinistra in alto, dalla
finestra a tondini, solo per un quarto visibile. Così
disposto è l'ambiente (piccola finestra nel fondo rico-
perto di drappo verde) e il personaggio nel ritratto
alla National Gallery del protonotario apostolico Giu-
liano di Lorenzo Lotto. Anche la fattura tizianesca,
pili sommaria, cioè, e più vibrata del primo periodo,
è communeai due ritratti, dei quali quello di Spalato
non è posteriore al 1527, anno della morte del ve-
scovo Negri.
Nemmeno rari, nelle città dalmate, sono i quadri
del primo quattrocento veneziano. A questo periodo
appartiene l’artista a me ignoto (similissimo a quello
del dipinto n. 13 della Galleria di Venezia) che ha
nel Duomo di Traù una graziosissima Madonna col
Bambino (sopra la porta della sacrestia) e un polittico
colla Madonna e sei santi (cappella di San Girolamo),
nella sacrestia dei Francescani a Zara un altro polit-
tico e forse una quarta opera nella sacrestia della
chiesa del Domenicani a Ragusa.
Giacomo Db Nicola.
Due opere sconosciute di Agostino di Duccio.
— Ad Agostino di Duccio è stato di recente tolto
molto, 1 non sempre, credo, a ragione. Io ristabilisco
l’equilibrio coll’attribuirgli due monumenti sepolcrali
di Amelia, l’uno in San Francesco, l’altro disfatto in
pezzi nel Vescovato.
In San Francesco d’Amelia la cappella che il ve-
scovo Giovanni Geraldini edificò in onore di Sant’An;
tomo da Padova divenne la cappella gentilizia della
famiglia Geraldini, e sette illustri personaggi ad essa
appartenenti vi riposano in decorosi sepolcri del rina-
scimento. Quattro dei sepolcri sono a destra entrando :
a Girolamo (f 1481), a Camillo (f 1480) abbreviatore
apostolico, a Belisario (f 1482); protonotario, e ai co-
niugi Matteo e Belisario (1477); due sono a sinistra:
al vescovo Angelo (t i486) al suo omonimo pure ve-
scovo (f 1548). In tutti fu impiegato il marmo solo
per le figure, mentre il resto è in una pietra pallida
e porosa quasi come il travertino.
Ad eccezione di quello dei coniugi, gli altri si rive-
lano facilmente, per tipo e per fattura, come opere
di scultori romani. Aozi i due a Camillo e Belisario,
1 Schubring, Matteo de’ Pasti (Kunslwissensckaftliche Bei-
trdge A. Schmarsow gezuidmet, Leipzig, 1907, pag. 103-114).
che possono piuttosto esser considerati come un solo
doppio sepolcro (un pilastro li congiunge, la cornice
sopra e il fregio sotto li delimita senza interrompersi)
e l’altro al milite Girolamo, tutt’e tre certo della stessa
mano, possono ritenersi della bottega del Capponi.
Il più notevole è senza dubbio il monumento che
la pietà filiale fece erigere nel 1477 ai coniugi Matteo
ed Elisabetta da Agostino di Duccio. Sul coperchio
inclinato del sarcofago, che quattro mensole alzano
da terra, giacciono i due corpi dei defunti, quello di
Elisabetta, eccetto la testa che è quasi a tutto tondo,
appena visibile. Su di loro è attaccato alla parete un
quadro marmoreo, dove due angioli a mezza persona
adorano un Sant’Antonio dà Padova che è in pieno
busto in una nicchia nel loro mezzo. Bisogna fissare
i due angioli per avere subito la sensazione solita a
dare Agostino, quei due volti di fanciullo dalla bocca
piccola, appuntita, col labbro superiore sporgente, dal
mento rotondo, dai capelli che un vento furioso lancia
dietro le spalle o che scendono a treccie sinuose sul
petto. Nella mano, colle dita lunghe arcuate, è una
cura particolare; il rilievo, anche nel breve spazio di
una mezza figura, ha tutte le gradazioni, dallo schiac-
ciato, quasi un graffito, delle ali allo stacco, che si
può dire completo, della testa. Le stesse caratteristiche,
ma senza gli stessi pregi di esecuzione, si ritrovano
nel Sant’Antonio e nei defunti : 1 segno evidente di
un collaboratore alla dipendenza del maestro.
La seconda opera di Agostino di Duccio ad Amelia
doveva èssere ben più importante. Era il monumento
sepolcrale del vescovo Giovanni Geraldini che il Guar-
dabàssi indica come esistente nella prima cappella a
sinistra del Duomo. 2
L’essere stato eseguito nello stesso anno di quello
di San Francesco e per uno della stessa famiglia dava
speranza che si trattasse dello stesso artista. Ma il se-
polcro si cerca invano nella chiesa da cui, in occa-
sione di restauri, fu tolto via per essere ammucchiato in
pezzi in una stalla del palazzo vescovile, dove è ancora.
Il loro esame, in quelle misere condizioni, non mi
fu facile, ma fu sufficiente per persuadermi dell’iden-
tità di quei frammenti col sepolcro di San Francesco.
Potei scorgere, oltre la statua del vescovo, una lastra
rettangolare (il fondo della nicchia, probabilmente)
colle Virtù teologali a bassorilievo, un’altra piccola
lastra quadrata colla Fortezza, una mezza figura di
San Giovanni Battista.
Speriamo che quando si penserà a ricomporre l’in-
signe monumento nessun frammento manchi a ripren-
dere il suo posto d’origine.
Giacomo De Nicola.
1 Elisabetta è similissima alla Vergine della Canonica di S. Lo
renzo a Perugia pubblicata da A. Pointer (Rassegna d’Arte, 1907,
pag. ,175).
2 Guardabassi, Indice. Guida dei monumenti dell*Umbria, pag. 8.
387
Vicino Spalato, il convento francescano alle Paludi
conserva un ritratto a mezza figura del vescovo Tom-
maso Negri che una scritta, certo del secolo xvi, ap-
posta a modo di firma sul rovescio della piccola tavola,
attribuisce al Lotto : LAVRENTIVS | LOTVS I 1527.
Il vescovo è in orazione nella sua stanza: a mani
giunte fissa intento verso sinistra, forse su una im-
magine, alla quale pare rivolgere la preghiera ap-
presa dal libro che gli è innanzi aperto ; egli risalta
energicamente sulla parete quasi tutta coperta di un
drappo verde che si stacca, a sinistra in alto, dalla
finestra a tondini, solo per un quarto visibile. Così
disposto è l'ambiente (piccola finestra nel fondo rico-
perto di drappo verde) e il personaggio nel ritratto
alla National Gallery del protonotario apostolico Giu-
liano di Lorenzo Lotto. Anche la fattura tizianesca,
pili sommaria, cioè, e più vibrata del primo periodo,
è communeai due ritratti, dei quali quello di Spalato
non è posteriore al 1527, anno della morte del ve-
scovo Negri.
Nemmeno rari, nelle città dalmate, sono i quadri
del primo quattrocento veneziano. A questo periodo
appartiene l’artista a me ignoto (similissimo a quello
del dipinto n. 13 della Galleria di Venezia) che ha
nel Duomo di Traù una graziosissima Madonna col
Bambino (sopra la porta della sacrestia) e un polittico
colla Madonna e sei santi (cappella di San Girolamo),
nella sacrestia dei Francescani a Zara un altro polit-
tico e forse una quarta opera nella sacrestia della
chiesa del Domenicani a Ragusa.
Giacomo Db Nicola.
Due opere sconosciute di Agostino di Duccio.
— Ad Agostino di Duccio è stato di recente tolto
molto, 1 non sempre, credo, a ragione. Io ristabilisco
l’equilibrio coll’attribuirgli due monumenti sepolcrali
di Amelia, l’uno in San Francesco, l’altro disfatto in
pezzi nel Vescovato.
In San Francesco d’Amelia la cappella che il ve-
scovo Giovanni Geraldini edificò in onore di Sant’An;
tomo da Padova divenne la cappella gentilizia della
famiglia Geraldini, e sette illustri personaggi ad essa
appartenenti vi riposano in decorosi sepolcri del rina-
scimento. Quattro dei sepolcri sono a destra entrando :
a Girolamo (f 1481), a Camillo (f 1480) abbreviatore
apostolico, a Belisario (f 1482); protonotario, e ai co-
niugi Matteo e Belisario (1477); due sono a sinistra:
al vescovo Angelo (t i486) al suo omonimo pure ve-
scovo (f 1548). In tutti fu impiegato il marmo solo
per le figure, mentre il resto è in una pietra pallida
e porosa quasi come il travertino.
Ad eccezione di quello dei coniugi, gli altri si rive-
lano facilmente, per tipo e per fattura, come opere
di scultori romani. Aozi i due a Camillo e Belisario,
1 Schubring, Matteo de’ Pasti (Kunslwissensckaftliche Bei-
trdge A. Schmarsow gezuidmet, Leipzig, 1907, pag. 103-114).
che possono piuttosto esser considerati come un solo
doppio sepolcro (un pilastro li congiunge, la cornice
sopra e il fregio sotto li delimita senza interrompersi)
e l’altro al milite Girolamo, tutt’e tre certo della stessa
mano, possono ritenersi della bottega del Capponi.
Il più notevole è senza dubbio il monumento che
la pietà filiale fece erigere nel 1477 ai coniugi Matteo
ed Elisabetta da Agostino di Duccio. Sul coperchio
inclinato del sarcofago, che quattro mensole alzano
da terra, giacciono i due corpi dei defunti, quello di
Elisabetta, eccetto la testa che è quasi a tutto tondo,
appena visibile. Su di loro è attaccato alla parete un
quadro marmoreo, dove due angioli a mezza persona
adorano un Sant’Antonio dà Padova che è in pieno
busto in una nicchia nel loro mezzo. Bisogna fissare
i due angioli per avere subito la sensazione solita a
dare Agostino, quei due volti di fanciullo dalla bocca
piccola, appuntita, col labbro superiore sporgente, dal
mento rotondo, dai capelli che un vento furioso lancia
dietro le spalle o che scendono a treccie sinuose sul
petto. Nella mano, colle dita lunghe arcuate, è una
cura particolare; il rilievo, anche nel breve spazio di
una mezza figura, ha tutte le gradazioni, dallo schiac-
ciato, quasi un graffito, delle ali allo stacco, che si
può dire completo, della testa. Le stesse caratteristiche,
ma senza gli stessi pregi di esecuzione, si ritrovano
nel Sant’Antonio e nei defunti : 1 segno evidente di
un collaboratore alla dipendenza del maestro.
La seconda opera di Agostino di Duccio ad Amelia
doveva èssere ben più importante. Era il monumento
sepolcrale del vescovo Giovanni Geraldini che il Guar-
dabàssi indica come esistente nella prima cappella a
sinistra del Duomo. 2
L’essere stato eseguito nello stesso anno di quello
di San Francesco e per uno della stessa famiglia dava
speranza che si trattasse dello stesso artista. Ma il se-
polcro si cerca invano nella chiesa da cui, in occa-
sione di restauri, fu tolto via per essere ammucchiato in
pezzi in una stalla del palazzo vescovile, dove è ancora.
Il loro esame, in quelle misere condizioni, non mi
fu facile, ma fu sufficiente per persuadermi dell’iden-
tità di quei frammenti col sepolcro di San Francesco.
Potei scorgere, oltre la statua del vescovo, una lastra
rettangolare (il fondo della nicchia, probabilmente)
colle Virtù teologali a bassorilievo, un’altra piccola
lastra quadrata colla Fortezza, una mezza figura di
San Giovanni Battista.
Speriamo che quando si penserà a ricomporre l’in-
signe monumento nessun frammento manchi a ripren-
dere il suo posto d’origine.
Giacomo De Nicola.
1 Elisabetta è similissima alla Vergine della Canonica di S. Lo
renzo a Perugia pubblicata da A. Pointer (Rassegna d’Arte, 1907,
pag. ,175).
2 Guardabassi, Indice. Guida dei monumenti dell*Umbria, pag. 8.