CORRIERI
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organizzato sotto la direzione dei signori Max Lehrs (ex
direttore) e Friedlander (nuovo direttore) due interes-
santi esposizioni, l’una relativa ai ritratti di Massimi-
liano e della sua cerchia, l’altra composta di incunaboli
preziosi, specialmente antichi panorami di città.
Cosi che gli organizzatori del Congresso di Berlino
non hanno trascurato nulla perchè i loro ospiti tro-
vassero tanto istruttiva quanto piacevole la parteci-
pazione alle riunioni.
C. de Mandach.
Notizie di Faenza.
La prima mostra biennale romagnola d’ arte
come è chiamata anche ufficialmente, indica nei pro-
motori il desiderio di rinnovarla tutti gli anni in cui
a Venezia l'arte contemporanea resterà silenziosa; e,
se anche in avvenire sarà impossibile raggiungere il
grado delle mostre veneziane, è probabile che la mostra
faentina possa superare le altre annuali esposizioni pro-
vinciali.
Almeno, il concorso di ottimi artisti d’Italia e fuori
permette di trarre buoni auspici.
Notiamo anzitutto, e non senza meraviglia, che
mentre alcuni nomi mondiali dell’arte straniera non
mancano, i più celebri artisti d’Italia, fatte pochissime
eccezioni, si trovano assenti. Rodin, Lenbach, von
Uhde s’incontrano, e sempre volentieri. Rodin espone
una testa di donna, che è squisitissima tra la squisita
sua produzione. Il verismo moderno raggiunge in que-
st’opera tanta armonia ideale di linee da presentarsi
in una delle forme più classiche che mente umana può
concepire. Lenbach no ! è assai meno bene rappre-
sentato. Specialmente il ritratto di Signora è conce-
pito assai male; migliore il ritratto dell’attore Co-
quelin. Franz von Uhde è come sempre delizioso nella
sua calma alternativa di ombre e di luci, tolte da
un’osservaz’one del vero che non conosce pretenziose
minuzie di tecniche nè violenza sintetica.
Fra gli artisti italiani primeggiano, per quel che
mi sembra, gl’interpreti delicati della natura, quelli
che la colgono in momenti sentimentali, in luoghi
quasi poveri. L'Ave Maria della sera, di Niccolò Ca-
nicci, è, nelle sue piccole dimensioni, nel suo limitato
scopo, un capolavoro: un tratto di paese che scende
quasi a precipizio, nell’ombra della notte che viene;
del bestiame che ancora vi pascola; e più in su, sul
cielo che manda le ultime luci rossastre, un’ombra
stecchita ieratica di ragazza che s’accorda con terra e
cielo per silenzio, raccoglimento, preghiera. Il Crepu-
scolo autunnale in risaia, di Angiolo Torchi, i due
Tramonto, di Adolfo Tommasi, sono degli ottimi com-
menti al quadro precedente: il paese vi parla da solo,
si estende perciò maggiormente, più largo e più pro-
fondo. E lo stesso motivo di tristezza e di raccogli-
mento sanno sfruttare, facendo parlare invece della
natura le grandi opere dell’uomo, i ponti e le case,
Guglielmo Ciardi con la Mattina Grigia a Venezia, e
Francesco Gioii con le sue Armonie fiorentine.
Effetti invece violenti di luce e di forza nelle per-
sone e nelle cose, cui vuol dare un sapore acre di
vita agreste, ottiene Giuseppe Graziosi, del quale La
Sera, Il mulino del Diavolo, La Mala gora, L’interno
del mulino, sono le opere pittoriche meglio riuscite.
Il ritratto di sua moglie è un po’ insignificante, perchè
il piacere provato dall’artista neH’ornare e far brillare
i gingilli del tavolino gli hanno fatto trascurare la per-
sona ritrattata. Anche notevole è il ritratto di Galileo
Chiari dipinto da Salvino Tofanari con energia e forte
ricerca della peisonalità.
Due mostre individuali sono quanto di più opposto
si possa trovare: l’una di Giovanni Piancastelli che
continua nei metodi cari alla generazione che ci ha
preceduto con fede pari alla sorprendente abilità, e
ottiene con essi effetti pregevolissimi. Sembra quasi
una sfida portata proprio nel bel mezzo dei modernis-
simi ideali d’arte da chi sa tenere alta la testa di ri-
belle romagnolo. A prima vista siamo sorpresi, per
non essere avvezzi a quel genere di pittura, finita, de-
terminata, sino all'estremo possibile ; ma poi, se esa-
miniamo con più cura, dobbiamo ammettere che le
opere del Piancastelli hanno in se un risultato di vita,
a parte la simpatia o meno che proviamo per la sua
tecnica contro-corrente. L’altra mostra individuale è
di un giovanissimo, avvenirista, che purtroppo è stato
strappato dalla morte all’arte cui dava bellissime pro-
messe. È Domenico Baccarini, l'illustratore delle
novelle del Beltramelli, il disegnatore finissimo che
traeva da Roma delicati motivi d’ispirazione, che sa-
peva determinare il carattere di un gruppo o di una
persona con profondità straordinaria. Indico fra i
migliori: il Ritratto (n. 71), il Bagno (n. Si) e sopra
tutti, anzi a distanza da tutti, La Vecchia (n. 84).
Una sezione di non comune valore della mostra
faentina, doveva essere naturalmente quella delle maio-
liche e non solo moderne. Sono state perciò riunite le
collezioni di Faenza e dintorni che meglio potessero
supplire al lamentato esodo della collezione Argnani.
Sono, fra le più importanti, la collezione del cav. Giu-
seppe Stracchi, del Municipio di Cotignola, del cano-
nico Bigiaretti di Matelica, del canonico Biasoli di
Faenza, ecc., le quali nel complesso possono permet-
tere di seguire lo sviluppo dell’arte ceramica faentina,
a malgrado della rarità dei pezzi di prim’ordine.
La Pinacoteca comunale di Faenza si è arric-
chita di un bellissimo ritratto di uomo barbato attri-
buito a scuola veneziana del sec. xvi. La regolare e
forte costruzione del volto, le carni rossastre, indicano
evidentemente, a nostro parere, la mano di Girolamo
da Treviso. Il fondo è di color lavagna.
P. Ej.vkro.
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organizzato sotto la direzione dei signori Max Lehrs (ex
direttore) e Friedlander (nuovo direttore) due interes-
santi esposizioni, l’una relativa ai ritratti di Massimi-
liano e della sua cerchia, l’altra composta di incunaboli
preziosi, specialmente antichi panorami di città.
Cosi che gli organizzatori del Congresso di Berlino
non hanno trascurato nulla perchè i loro ospiti tro-
vassero tanto istruttiva quanto piacevole la parteci-
pazione alle riunioni.
C. de Mandach.
Notizie di Faenza.
La prima mostra biennale romagnola d’ arte
come è chiamata anche ufficialmente, indica nei pro-
motori il desiderio di rinnovarla tutti gli anni in cui
a Venezia l'arte contemporanea resterà silenziosa; e,
se anche in avvenire sarà impossibile raggiungere il
grado delle mostre veneziane, è probabile che la mostra
faentina possa superare le altre annuali esposizioni pro-
vinciali.
Almeno, il concorso di ottimi artisti d’Italia e fuori
permette di trarre buoni auspici.
Notiamo anzitutto, e non senza meraviglia, che
mentre alcuni nomi mondiali dell’arte straniera non
mancano, i più celebri artisti d’Italia, fatte pochissime
eccezioni, si trovano assenti. Rodin, Lenbach, von
Uhde s’incontrano, e sempre volentieri. Rodin espone
una testa di donna, che è squisitissima tra la squisita
sua produzione. Il verismo moderno raggiunge in que-
st’opera tanta armonia ideale di linee da presentarsi
in una delle forme più classiche che mente umana può
concepire. Lenbach no ! è assai meno bene rappre-
sentato. Specialmente il ritratto di Signora è conce-
pito assai male; migliore il ritratto dell’attore Co-
quelin. Franz von Uhde è come sempre delizioso nella
sua calma alternativa di ombre e di luci, tolte da
un’osservaz’one del vero che non conosce pretenziose
minuzie di tecniche nè violenza sintetica.
Fra gli artisti italiani primeggiano, per quel che
mi sembra, gl’interpreti delicati della natura, quelli
che la colgono in momenti sentimentali, in luoghi
quasi poveri. L'Ave Maria della sera, di Niccolò Ca-
nicci, è, nelle sue piccole dimensioni, nel suo limitato
scopo, un capolavoro: un tratto di paese che scende
quasi a precipizio, nell’ombra della notte che viene;
del bestiame che ancora vi pascola; e più in su, sul
cielo che manda le ultime luci rossastre, un’ombra
stecchita ieratica di ragazza che s’accorda con terra e
cielo per silenzio, raccoglimento, preghiera. Il Crepu-
scolo autunnale in risaia, di Angiolo Torchi, i due
Tramonto, di Adolfo Tommasi, sono degli ottimi com-
menti al quadro precedente: il paese vi parla da solo,
si estende perciò maggiormente, più largo e più pro-
fondo. E lo stesso motivo di tristezza e di raccogli-
mento sanno sfruttare, facendo parlare invece della
natura le grandi opere dell’uomo, i ponti e le case,
Guglielmo Ciardi con la Mattina Grigia a Venezia, e
Francesco Gioii con le sue Armonie fiorentine.
Effetti invece violenti di luce e di forza nelle per-
sone e nelle cose, cui vuol dare un sapore acre di
vita agreste, ottiene Giuseppe Graziosi, del quale La
Sera, Il mulino del Diavolo, La Mala gora, L’interno
del mulino, sono le opere pittoriche meglio riuscite.
Il ritratto di sua moglie è un po’ insignificante, perchè
il piacere provato dall’artista neH’ornare e far brillare
i gingilli del tavolino gli hanno fatto trascurare la per-
sona ritrattata. Anche notevole è il ritratto di Galileo
Chiari dipinto da Salvino Tofanari con energia e forte
ricerca della peisonalità.
Due mostre individuali sono quanto di più opposto
si possa trovare: l’una di Giovanni Piancastelli che
continua nei metodi cari alla generazione che ci ha
preceduto con fede pari alla sorprendente abilità, e
ottiene con essi effetti pregevolissimi. Sembra quasi
una sfida portata proprio nel bel mezzo dei modernis-
simi ideali d’arte da chi sa tenere alta la testa di ri-
belle romagnolo. A prima vista siamo sorpresi, per
non essere avvezzi a quel genere di pittura, finita, de-
terminata, sino all'estremo possibile ; ma poi, se esa-
miniamo con più cura, dobbiamo ammettere che le
opere del Piancastelli hanno in se un risultato di vita,
a parte la simpatia o meno che proviamo per la sua
tecnica contro-corrente. L’altra mostra individuale è
di un giovanissimo, avvenirista, che purtroppo è stato
strappato dalla morte all’arte cui dava bellissime pro-
messe. È Domenico Baccarini, l'illustratore delle
novelle del Beltramelli, il disegnatore finissimo che
traeva da Roma delicati motivi d’ispirazione, che sa-
peva determinare il carattere di un gruppo o di una
persona con profondità straordinaria. Indico fra i
migliori: il Ritratto (n. 71), il Bagno (n. Si) e sopra
tutti, anzi a distanza da tutti, La Vecchia (n. 84).
Una sezione di non comune valore della mostra
faentina, doveva essere naturalmente quella delle maio-
liche e non solo moderne. Sono state perciò riunite le
collezioni di Faenza e dintorni che meglio potessero
supplire al lamentato esodo della collezione Argnani.
Sono, fra le più importanti, la collezione del cav. Giu-
seppe Stracchi, del Municipio di Cotignola, del cano-
nico Bigiaretti di Matelica, del canonico Biasoli di
Faenza, ecc., le quali nel complesso possono permet-
tere di seguire lo sviluppo dell’arte ceramica faentina,
a malgrado della rarità dei pezzi di prim’ordine.
La Pinacoteca comunale di Faenza si è arric-
chita di un bellissimo ritratto di uomo barbato attri-
buito a scuola veneziana del sec. xvi. La regolare e
forte costruzione del volto, le carni rossastre, indicano
evidentemente, a nostro parere, la mano di Girolamo
da Treviso. Il fondo è di color lavagna.
P. Ej.vkro.