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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 11.1908

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Fasc. 5
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https://doi.org/10.11588/diglit.24153#0442

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392

BIBLIOGRAFIA

spiegabile, ci urta. Noi vediamo, per esempio, una
figura che prega inginocchiata, i cui abiti sono svo-
lazzanti come agitati da un turbine ; noi vediamo un
paesaggio in cui il vento muove gli abiti delle figure
e lascia fermi gli alberi, e ci chiediamo: perchè? Ecco
ciò che colpisce nell’arte barocca, e aggiungiamo noi,
deve colpire più un uomo del nord che un italiano,
poiché nel '600 l’arte tedesca e fiamminga non conob-
bero quasi la straordinarietà cui si è accennato ; o per
meglio dire, i pittori tedeschi e fiamminghi non la
conobbero. Ma a parte questo lato dello straordinario
lo stile barocco italiano ebbe per lo meno fino alla
seconda metà del secolo xvii una missione univer-
sale; fu lo stile di tutti i popoli cattolici. I fran-
cesi furono i primi a liberarsi dall’influsso italiano:
prova caratteristica le lotte contro il Bernini quando
egli si recò a Parigi ; altri popoli lo subirono fino alla
metà del xvm secolo. Guardiamo, dice il Riegl, che
parla dalla sua cattedra di Vienna,-guardiamo le fab-
briche innalzate nella nostra città tra il cadere del ’6oo
e il principio del '700 da Fischer von Erlach : esse
non sono nient’altro che una corrente un po’ differen-
ziata del barocco italiano: perfino nel nostro moderno
stile secessionista, continua il professore austriaco, ap-
pare l’eco di quell’influsso. Lo stesso si dica della
scultura: dal Bernini al Canova l’Italia impera. Nella
pittura c’è qualche eccezione ; Velasquez e Rembrandt
sfuggono del tutto all’influsso dell’Italia, ma Van Dyck
lo risente, e Rubens lo conserva fin nelle sue ultime
opere: la pittura fiamminga non si spiega senza quella
italiana.

Determinati così i limiti geografici entro cui si svolse

10 stile barocco italiano, vediamo quelli cronologici:

11 vero secolo del barocco è il xvii, ma già fino in
Michelangelo e in Correggio se ne trovano le tracce;
bisognerà dunque partire dal 1550 circa.

Il Riegl da professore coscienzioso comincia con la
bibliografia; e in verità si deve riconoscere che la mo-
derna critica artistica non ha rivolto troppa attenzione
all’arte barocca. Del libro del Fraschetti sul Bernini,
il dotto tedesco fa una critica severa : gli riconosce
una grande ricchezza di documentazione e un’abbon-
danza di materiale straordinaria, ma quanto al lato
critico lo trova errato. Il Fraschetti si è fondato su
due falsi concetti : primo quello che l’arte barocca non
sia altro che la decadenza di quella del Rinascimento;
secondo che la grandezza del Bernini consista nel fatto
che malgrado l’angustia dell’epoca egli abbia saputo
fare qualche cosa di originale e di nobile. E invece
nessun altro artista meglio del Bernini potrebbe esser
chiamato rappresentante dell’epoca sua ; nessuno me-
glio di lui rispecchiò gli ideali del suo tempo: par-
lando di lui bisognava quindi innanzi tutto chiarire i
caratteri dello stile barocco, mostrare come col Bernini
esso entri in una nuova fase. Appunti giusti, certamente,
ma esagerati ; perchè un concetto siffatto avrebbe por-

tato il Fraschetti troppo lontano, e tale non era l’indole
del suo lavoro; del resto la manchevolezza dell’opera
sua è comune a tutte le monografie su un artista de-
terminato, nelle quali manca quasi sempre l’esatta vi-
sione del posto che ad esso spetta nello svolgimento
artistico del tempo suo. Se nel libro del Fraschetti
tale mancanza si avverte di più, ciò dipende solo dal
fatto che quasi tutto il resto dell’arte del Seicento ci
è ignoto. E l’utilità immensa di opere che, come quella
del Fraschetti, producono tanta novità di materiali e
abbondanza di notizie, è dimostrata dallo stesso vo-
lume del Riegl; perchè l’opera sua è appunto debole
e manchevole là dove si è trovato a dover costruire
sul nuovo, là dove non c’era stato il precedente la-
voro preparatorio analitico, più umile, ma non meno
necessario di quello sintetico. Così il capitolo in cui
si studia la scultura del periodo della Controriforma,
partendo dalla tomba di Paolo III, per giungere ai
monumentali sepolcri delle cappelle Sistina e Paolina
a Santa Maria Maggiore, manca di ogni fondamento.
Il Riegl non ha tenuto conto di quella serie nume-
rosa di monumenti minori della seconda metà del Cin-
quecento che popolano le chiese di Roma (e anche
quelle di Napoli, che ha secondo noi un’importanza
capitale nella formazione del barocco); e certo quanto
più nutrito sarebbe riuscito il capitolo, se il critico
viennese avesse trovato nell’opera diligente di un Fra-
schetti, pubblicato, classificato, documentato tutto quel
materiale !

Anche col Gurlitt, col Burckhardt, col Wolfflin, col
Dohme, con lo Schmarsow, e con tutti gli altri che
hanno trattato dell’arte barocca, il Riegl non va d’ac-
cordo, e non ha torto; egli preferisce le fonti contem-
poranee, il Bellori, il Baglione, il Baldinucci, il quale
ultimo giudica un vero storico d’arte nel senso mo-
derno. II Baglione non dà quasi mai giudizi critici :
si vede bene ch’egli non vuol crearsi nemici, e quindi
più che sull’analisi delle opere d’arte si ferma a co-
lorire l’ambiente, il mecenatismo dei papi e dei car-
dinali. Il Bellori invece, che a differenza del Baglione,
del Vasari, del Passeri, non era pittore, ma antiquario
e amatore, si trovava in una condizione di cultura su-
periore agli altri. Per lui l’arte consiste neXYidea, che
è al disopra della natura, e non può trovare equiva-
lente nella realtà; l’artista prende gli elementi da dieci
persone diverse per comporre una sola faccia; da una
prende il naso, dall’altra gli occhi, e cosi via. Insomma
è l’idealismo con fondamento nella natura, che il Bel-
lori predica. L’umana azione è un altro dei fonda-
menti dell’arte; ma non soltanto l’azione esteriore,
bensì anche quella interna delle passioni: è in fondo
l’ideale stesso di Bernini, eppure Bellori è critico fe-
roce del grande artista, perchè in confronto dell’an-
tico lo trova sì più affettivo, ma meno ideale.

Esaminate così le fonti, vediamo il contenuto del-
l’opera del Riegl, purtroppo slegata e lacunosa: si
 
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