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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 11.1908

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Fasc. 5
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24153#0508

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45&

MISCELLANEA

Come l’aquila,-che, uscita dall’ombra, si scorge ora
presso il davanzale della finestra, colle ali aperte di
contro alla verde campagna, anche la facoltà inven-
tiva di Tomaso, sul limitare del nuovo secolo, si è ir-
robustita, spiccando il volo verso più vasti e luminosi
orizzonti.

Entro i limiti di questo breve cenno illustrativo non
è possibile estendere il paragone, prescelto per la sua
evidenza, ad altre opere del De Vigilia, appena stu-
diate nei loro caratteri generali, ma delle quali sono
ancora ignote la discendenza stilistica e le ragioni del
loro diverso sviluppo.

Per alcune tra queste, penetrate dal realismo vivo
e sincero, che prevale nel quadro del Museo e negli
ultimi saggi di Tomaso, non perverremmo forse a ri-
sultati sostanzialmente diversi da quelli sopra esposti,
ove invece partecipassero al raffronto opere di dubbia
attribuzione o cronologicamente non classificate, che
al maestro si riferiscono, il S. Giovanni del 1460 po-
trebbe di certo prestarsi a nuove e feconde indagini.

*

* *

Col quadro del De Vigilia ha comune l’epoca,
l’attuale ubicazione e forse anche la provenienza, la
grande tavola dipinta a tempera ', qui riprodotta da
una fotografia, che purtroppo fedelmente ne mostra
il debole insieme, assai scolorito dall’ umidità, e le
sconce spaccature che la deturpano.

Sopra un fondo grigiorazzurro, che .serba ancora
l’impronta della distrutta cornice ogivale, campeg-
giano, di proporzioni eguali al vero, le figure stanti
e nimbate degli apostoli Pietro e Paolo.

A destra: S. Pietro. Tiene nella sinistra le chiavi,
nell’altra mano un libro chiuso. Ha il cranio tondo,
depresso in alto e a metà coperto da una corona di
capelli, sommariamente accennati con una tinta grigia
uniforme, la fronte e le guance brune e rugose, lo
sguardo severo rivolto allo;spettatore, la barba breve e
ricciuta a forma di grappolo, dai grossi chicchi per-
lacei. Indossa una tunica bianca, ombreggiata di az-
zurro, adorna all’apertura del collo da un largo fregio
a losanghe ed ovali dorati, e un manto giallo con fo-
dera di color rosa ; ai piedi calzature nere. A sinistra :
A. Paolo. Impugna colla destra una lunga spada, pog-
giata sulla spalla, e stringe nell’altra mano un libro
chiuso. La forma del cranio è simile a quella, che si
osserva nella figura di S. Pietro. I pochi capelli sulla
sommità della fronte e presso alle tempie, e la lunga
barba scompartita, che nasconde le guance abbron-
zate, sono di color castagno. Colla barba si confon-
dono i lunghi baffi spioventi sulle labbra piccole e
chiuse ; il naso aquilino e gli occhi grifagni sotto le
folte sopracciglia danno al viso un’espressione fiera 1

1 Misura ni. 1.94x1.25.

e risoluta. La veste dal colletto a fregi d’oro è di-
pinta in verde, il manto di color rosa carico si pro-
lunga sino ai piedi della figura calzati nei sandali.

Come ho già detto, non è improbabile che anche
questo dipinto provenga dalla chiesa di S. Giovanni
degli Eremiti. Il Palermo accenna infatti ad un an-
tico quadro, assai danneggiato, dei Santi Pietro e
Paolo sopra un altare della detta Chiesa e il Di Marzo
Ferro aggiunge che le « imagini furono dall’umidità
talmente distrutte, per quanto piti non vi si osservano > L

Ma il quadro andò perduto o venne insieme alla
tela del De Vigilia trasportato nel monastero Mon-
realese? 2

Nulla iruò sapersi sul proposito. Sebbene però il
luogo di origine rimanga incerto, qualsiasi ipotesi
circa la probabile identità della tavola, colle imma-
gini dei due Apostoli, già esistenti nel Duomo di Mon-
reale, sarebbe da escludere, perchè, come è noto, i
Santi Pietro e Paolo erano ivi dipinti in tavole divise
sugli altari delle absidi minori, (non mai sostituiti da
un solo altare, colle immagini riunite), e portavano
le armi dell’ arcivescovo catalano Guglielmo Monstri,
delle quali non è traccia nel quadro in esame 5.

Questo inoltre rivela un’ esecuzione 'non anteriore
alla fine del xv secolo, mentre i due celebri quadri,
che Leandro Alberti verso il 1570 scambiò per statue
di marmo 4, debbono ritenersi eseguite al più tardi
qualche anno prima della rinunzia di quell’ arcive-
scovo (1379).

Il nostro dipinto non partecipa ai caratteri della
pittura siciliana del periodo di transizione, cui esso
appartiene. La concettosa grandiosità, comune alle
due figure potrebbe, a prima vista, suggerire il nome
del Quartararo, ma il (disegno sommario, la colora-
zione rapida sintetica, distesa come un velo sottile
sulle fibre del legno, che fanno rassomigliare il quadro
ad un grande abbozzo, e ne costituiscono i pregi es-
senziali non convengono allo stile di quel maestro, e
piuttosto si collegano all’arte'marchigiana, rappresen-
tata in Palermo per tutto il xv secolo da Gaspare da
Pesaro e dai figli Guglielmo e Benedetto, dei quali è
memoria in molti documenti, raccolti dal Di Marzo ;
ma non rimane alcuna opera certa.

*

* *

A quanti seguono con interesse le odierne ricerche
sulla diffusione in Sicilia di elementi estranei aH’arte

1 G. Palermo e G. Di Marzo Ferro, Guida istruttiva per
Palermo e suoi dintorni, 1858, pag. 413.

2 Trovasi compreso nell’elenco dei quadri del Monastero, ce-
duti nel 1867 alla Comm. di Antichità. (Millunzi, op., doc. e
pag. cit.).

3 Lello, Vite degli Arcivescovi, Abbati, Signori di Monreale,
pag. 40.

4 Del Giudice, Osservazioni sopra la descrizione della Chiesa
di Monreale, pag. 201.
 
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