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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 3
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Cipolla, Carlo: Ricerche storiche intorno alla chiesa di Santa Anastasia in Verona, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0230

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CARLO CIPOLLA

i 96

a sinistra dicesi di Gabriele Caliari, padre dei)'immor-
tale Paolo : e fu posto a luogo, a quanto si afferma,
nel 1491, 1 ma invece, come vedemmo, il Pellegrini
ricorda quell’ « avello » fra le opere attribuite, pare,
al 1462. L’altra vasca credesi di Alessandrino, padre di
Giovambattista Rossi, detto il gobbino; 2 ma il P. Pel-
legrini 5 * * * * * * 12 (il quale senza dubbio ricavò la sua notizia
da documenti d’archivio) afferma, che fu scolpito da
Paolo Orefice, al quale in morte, come a persona af-
fezionata al convento, venne celebrato solenne officio.
Soggiunge anche che il gobbo, essendo stato esposto
in giorno di Pasqua, ebbe nome Pasquino. L’epoca
è nota, leggendosi scritta sull’orlatura della pila la

cifra: MDXCI.

©

Intorno al campanile, in cotto, abbiamo scarse no-
tizie. S’innalza svelto e leggiero, sull’ultima cappella a

sinistra (di chi guarda) a lato dell'aitar'maggiore (fìg. 7).
La cella campanaria ha per ogni lato una grande fine-
stra bifora. Al di sopra corre tutto all’intorno un pog-
ginolo costituito di molte piccole) esili ed eleganti co-
lonnette, le quali potrebbero essere forse d’imitazione :
dal piano del pogginolo si innalza il cono, con cui ter-
mina il campanile. Lo stile è del primo Quattrocento,
ed i pochi dati positivi che possediamo, ci rimandano
appunto a quell’epoca: tuttavia non è da escludersi
l'ipotesi che sia stato iniziato anche prima del sec. xv,
siccome ora propone L. Simeoni,4 insieme coll’abside.
Abbiamo appena un documento che parla della sua
erezione; è di età alquanto avanzata e perciò esso non

1 Cfr. 1)A Persico, I, 15. A questa opinione presta assenso
P. Caliaki, Paolo . Veronese, sua vita e sue opere, Roma,
1888, pag. 11. Assai dubitoso è il Simeoni, Guida, pag. 64.

2 Da Persico, loc. cit,

5 Cap. IV.

4 Guida, pag. 52.

molto ci giova per sciogliere la questione che così ci
interessa ; solo si può dedurne che la costruzione nel
1414 non era ancora condotta a termine ; l’epoca di
trapasso fra il xiv e il xv secolo è pur quella che ri-
caviamo anche da considerazioni di natura artistica.
Trovasi memoria di un documento, ora probabilmente
perduto, rogato dal notaio Antonio de Cavagion (paese
di Cavajon) addì 15 gennaio 1433, col quale i Padri
vendettero per cinquanta ducati una casa dipendente
dal livello istituito il 12 luglio 1414 da Giovanni da
Montebello, impiegandone il valore « nella fabbrica
del campanile».1 Sopra tre piccole pietre incastonate
ai tre lati del campanile — la quarta lapide sul quarto
lato fu levata, forse da non molti decenni — leggesi
ancora a malapena, in carattere del principio del se-
colo xv :

CHRISTUS REX | VENIT IN | PACE DEUS | ET HOMO |
FATUS (sic) EST. 2

Secondo il Pellegrini 3 nel 1555 si spesero lire 52
soldi 2 e denari 6, di moneta veronese, per restaurare
il campanile tocco da fulmine. Un secolo dopo un
altro fulmine venne a cadere sul cono del campanile,
per cui nel 1661 i Domenicani accettarono duecento
ducati di affrancazione del livello istituito il 2 otto-
bre 1597 da Teodoro Ubriachi, impiegando quella
somma a riparare il danno causato dalla saetta.4

Alla fine del cap. IV il Pellegrini accenna alle
offerte che, nei tempi diversi, facevansi alla chiesa.
La Città, per ordine di Venezia (di quest’ordine non
trovo notizia) offriva io ducati, nel giorno di san Pietro
Martire, poi si ridusse a 8 con una torcia, e così usa-
vasi al tempo del Pellegrini. La Camera Fiscale dava
8 ducati, poi cessò. Il Collegio dei Notai offriva 8 du-
cati, dati per alcuni anni alla Fabbrica di Santa Maria
della Scala ; poi sì rinnovarono continuando con una
torcia. In antico offrivano nello stesso giorno di san
Pietro Martire le Arti, soprattutto quella della Lana,
che allora era in fiore. La Compagnia di san Pietro
Martire era stata eretta per la scala. Offrivansi mol-
tissime cere, bianche, rosse, gialle, verdi, nere. Assai
ricavavansi dalla cassetta prò fabrica. « Tutto questo
si cava dal Libro della fabrica e d’alcuni Libri del-
l’Arte della Lana, che si trovano nel nostro Archivio ».

1 Repertorio cit., pag. 31.

2 il Biancolini (II, 561), dice che le lapidi erano quattro;
aU’ultima linea egli sbaglia leggendo Natus. Nella pietra
vedesi distintamente l’errore FATUS.

3 Op. cit., IV.

4 Repertorio, pag. 114. Il P. Gio. Maria Pellegrini, che

non contento di scrivere lu storia della sua Chiesa,e 1 giovò

anche altrimenti come meglio per lui si poteva, fece rifon-

dere a sue spese le campane, e quindi s’adoperò a rifarne

ancora l’armatura in legno: a tal fine domandò l’aiuto anche

della Compagnia del Rosario. Questa addì 28 ottobre 1674

(nel volume delle deliberazioni della Compagnia che de-

scriveremo in seguito, f. 1331I deliberò di concorrervi con

12 ducati.
 
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