Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

DOI Heft:
Fasc. 5-6
DOI Artikel:
Bollettino bibliografico
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0509

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

475

debiandt: però segue la corrente del pensiero tedesco verso
la teoria di un conoscere artistico e ammette l’esistenza di
una particolare visualità, a cui il critico si deve educare
con l’esercizio dell’arte. La sua formula conciliativa tra este-
tica e storia dell’arte non è tale da accontentare gli intran-
sigenti di ambe le parti: gli storici puritani possono rim-
proverarle l’intrusione di criteri contrari all’ imparzialità
storica; i filosofi, l’adozione leggera e provvisoria di principi
che anelano a comporsi in sistema assoluto. La conclusione
con cui il Tietze tende di sfuggire a questa distretta ; — che
ogni epoca riscopre il passato e deve riscrivere la propria
storia dell’arte — racchiude una profonda verità, ma anche
un germe d’insanabile debolezza ; perchè non si può con-
cepire uno storico che creda e insieme non creda alle proprie
r'costruzioni ; e se mai si desse, la sua fatica non potrebbe
risolversi che in un nihil negativismo.

Per queste ed altre limitazioni e contradizioni l’opera del
Tietze non inaugura una nuova èra nella metodica storico-
artistica; tanto meno si può considerare il vangelo ortodosso
di una corrente attuale ; ma è un libro che scuote e turba,
che fa dubitare e pensare. E’ gran lode per un autore te-
desco non aver creato nuove deità o mitologie; ma d’aver
rivelato anzi, con acume che non perdona, come la maggior
parte dei nostri concetti storico artiscici non sia che astra-
zione — ergo iattura — di una complessa realtà fenome-
nica. Trattando dell’arte moderna questo erudito professore
scrive pagine che un critico di estrema sinistra, come il
Meur Graefe, gli potrebbe invidiare; il capitolo sull’esten-
sione del metodo Morelliano troverà larga eco, specie in
Italia, dove molte belle riforme e correzioni suggerite dal-
l’autore (ed è strano ch’egli non lo rilevi) sono già attuate
nell’opera monumentale di Adolfo Venturi.

Salvo alcune pagine di rigida metodologia questo del
Tietze è un libro parlato : e come tale si fa perdonare le
frequenti ripetizioni, le prolissità, le incongnienze.

La. bibliografia ricchissima delle opere moderne straniere
lo rende ancor più prezioso al lettore italiano. (a.).

Scultura — Architettura.

60. Filippini (Francesco), Nota sugli scultori
del sarcofago di S. Domenico. (Bologna, Azzoguidi,

1914. Estr. dall’Archiginnasio).

Ritorna il F. sulla interpretazione del passo della cro-
naca quattrocentesca del convento di Santa Caterina ci Pisa
relativo a Frate Guglielmo. Si appoggia sul testo pubbli-
cato dal Poggi, e che paleograficamente sembra corrispon-
dere esattamente al manoscritto originale.

Il F. vuol torre alla parola sociatus del testo il senso
specifico di collaborazione, il che mi sembra alquanto ar-
bitrario, anche perchè si dovrebbe sopprimere l’inciso di
due righe più sopra «magister in scalpine a peritus» riferito a
Guglielmo e che non avrebbe più ragione di esistere ! Oc-
corre poi notare che in quella notizia di poche parole ven-
gono evidentemente affermati tre fatti :

. i° che Fra Guglielmo era maestro perito in scultura;

2° che egli rubò la costa dal corpo di San Domenico
nel 1267;

30 che egli era associato all’artefice del sepolcro Ni-
cola Pisano.

Ora, lasciando da parte il valore in sè della tarda cronaca,
non mi pare criticamente giusto il metodo del F. nel voler
restringere il testo a dire una cosa sola; tanto più che il
soggetto principale di quel testo è proprio Frate Guglielmo,
e che il primo comma è a spiegazione del terzo, e l’uno e
l’altro uniti danno ragione del secondo.

la. j.).

61. Gerola (Giuseppe), Di alcune antiche chiese
dell'agro Ravennate. (Estr. dal Felix Ravenna, fa-
scicolo 13).

L’A. imprende una serie di illustrazioni di chiese della
campagna romagnola, che per certe caratteristiche di stile
mostrano di far capo alla tipica struttura della chiesa di
San Vittore della città di Ravenna. La pieve di San Gio-
vanni Battista in Cesato è quella che l’A. questa volta il-
lustra.

Si ha un ricordo della pieve nell’anno S89. La chiesa
originariamente presentava il noto schema basilicale a tre
navi, scompartite da archi posanti su pilastri, con un’unica
abside orientata. Rimaneggiamenti posteriori hanno defer-
mata e quasi completamente nascosta la vecchia chiesa. Ora
la Sovrintendenza dei monumenti di Ravenna eseguì alcuni
lavori di assaggio e scavo per riconoscere l’antica struttura
del monumento. L’articolo é una relazione dei lavori fatti,
e di ciò che essi hanno permesso di constatare.

Vi sono poi uniti alcuni grafici della chiesa stessa.

(a. s.)

62. Mazzini (Ubaldo), Alcune particolarità sto-
rico-artistiche della Pieve di Marinasco. (Estr. dal
Giornale storico della Lunigiana, V, 1913-14).

Le memorie sulla pieve di Santo Stefano di Marinasco
rimontano al 950 avanti il mille, ed ebbe essa non piccola
importanza essendo la pieve matrice della maggior parte delle
attuali parrocchie del golfo della Spezia. Ma invano oggi si
cercherebbero le tracci e dell’antico edificio, chè ciò che ora
si vede nella sua parte più vetusta non è anteriore al se-
colo xiii, mentre poi nel 1780 avvenne un rimaneggiamento
di molta importanza per cui dove era la facciata venne for-
mato il nuovo coro, e la vecchia abside aperta divenne una
specie di pronao a cui fu inoltre appoggiata la nuova mole
del campanile.

La chiesa ebbe all’interno forma basilicale con tre navi,
divise già da colonne in pietra arenaria — ora rinchiuse
in grossi pilastri quadrati — ed all’esterno, in bozze qua-
drate di pietra arenaria, miste con alquante di calcare az-
zurrognolo — provenienti dall’edificio primitivo — ebbe i
fianchi decorati in cornice dal solito motivo di archetti pen-
sili correnti in pieno centro, e con finestrelle ad architrave
poggiate sopra beccatelli sagomati. Alcune delle finestrelle
si vedono tuttora accecate, e così si scorge un avanzo degli
archetti nel coronamento della vecchia abside, la quale era
volta ad oriente secondo la comune maniera ravennate,
 
Annotationen