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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 5-6
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Bollettino bibliografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0510

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476

BOLLET'ILNO BIBLIOGRAFICO

piatta all’estèrno ed all’interno con una decorazione di una
rosa a fregi di cotto ed in basso due finestre ad-architrave.
L’interno di quest’abside era voltato a cupola costrutta in
tutta pietra battuta, e ornata di grossi costoloni di marmo
bianco, che partendo dalla chiave di volta scendono fino
all’origine dell’arco sorretti da mensole scolpite in forma di
animali fantastici.

Sull’antica facciata stava forse un tabernacolo marmoreo
dugentesco, di cui ora esiste una Madonnina di marmo
bianco (che rivela l’influenza pisana), ed un avanzo di gu-
glia. (a. s.).

63. Taurisano (Innocenzo), I Domenicani in
Lucca. (Lucca, Lib. Editr. Baroni, 1914).

Nel primo capitolo di questo volume si ha una illustra-
zione documentata della chiesa e del convento di San Ro-
mano in Lucca. La chiesa antica, che fu inaugurata nel 1281,
comprendeva la chiesa attuale senza la crociera e senza
l’abside, che con tutta probabilità furono aggiunte insieme
con le cappelle laterali sulla fine del secolo xm, mentre il
campanile è della prima metà del secolo seguente.

L’esterno della chiesa, benché deformato posteriormente,
ci mostra l’antica struttura del monumento; in forma di
croce latina, con lunghe e strette finestre centinate e con
la decorazione esterna di una corona di archetti a tutto
centro. L’abside mostra le traccie dei finestroni gotici simili
a quelli di Santa Maria Novella, e la facciata aspetta an-
cora la incrostatura di marmo che doveva essere posta al-
l’uso toscano.

Nella chiesa si ammirano un sepolcro di Matteo Civitali
(an. 1490) ed una tavola gozzolesca rappresentante S. Vin-
cenzo Ferrerà Ora poi si conservano nella biblioteca gover-
nativa di Lucca undici corali già appartenenti alla chiesa e
che vanno dal secolo xiv al xvur.

Sul principio del Cinquecento la chiesa subì internamente
un rifacimento completo, ed in quel tempo fu pure rifatto
da frate Antonio da Lunigiana l’artistico ed elegante coro,
che il Ridolfi aveva già attribuito, senza bastante fonda-
mento, a Matteo Civitali, allievo di Cristoforo da Lendi-
nara.

11 convento di San Romano, unito alla chiesa, ha su-
bito purtroppo la sorte di tanti altri : divenuto caserma ha
subito trasformazioni e deturpazioni d’ogni sorta !

L’A. aggiunge alla sua illustrazione storico-artistica della
chiesa di San Romano un capitolo sui religiosi illustri che
abitarono il convento, ed un altro sulle artiste e letterate
domenicane lucchesi.

Interessante in questo capitolo le notizie raccolte su suor
Eufrasia Burlamacchi, una miniatrice della prima metà del
secolo xvi di cui si conservano ancora i lavori, e suor Au-
relia Fiorentini, una tarda imitatrice di fra Bartolomeo, che
unisce non sempre con discernimento modelli settecenteschi
ai tipi del maestro domenicano.

Alla chiusa del libro è un interessante studio sulla con-
tessa Capoana, moglie del conte Ugolino della Gherardesca,
sepolta appunto in San Romano di Lucca.

0-

Pittura.

64. Dreyfuss (George), Giorgio ne, Paris, Felix
Alcan, 1914.

L’autore si propone eli contribuire con questo volume a
diffondere in Francia la conoscenza del pittore di Castel-
franco, ma poco può giovare a questo scopo il suo affret-
tato studio ove la materia non è ben distribuita, l’esposizione
delle diverse opinioni dei critici è spesso confusa e in cui
manca affatto un criterio sicuro per le attribuzioni e la va-
lutazione delle opere.

(/. b.).

65. Maeterlinck (L.), Nabur Martins 011 le Mai-
tre de Flémalle. (Bruxelles, G. Van Oest, 1912, pa-
gine 130 con 58 fig.).

Già si era tentato inutilmente dagli studiosi di identifi-
care l’anonimo maestro di Flémalle col pittore Daret (4- 1464)
e col Campin (4- 1444). Con questo suo studio riassuntivo
l’A. crede di poter stabilire in via definitiva che il maestro
di Flémalle non è altri che un pittore di Gand di nome
Nabur Martins, autore di un affresco esistente nell’antica
Bone he rie dì\. Gand, e che si mostra opera di un pittore in
contatto diretto con l’arte di Uberto van Eyck.

Anzitutto preme all’A. di ricordarci come alla venuta dei
fratelli van Eyck a Gand già esistesse in questa città una
fiorente scuola di pittura e di scultura, che i documenti ci
dimostrano, sebbene per la perdita delle sue opere sia quasi
sconosciuta. Ma nella seconda metà del sec. xiv i pittori
di Gand, come Jacob Compere, Jean de Gand, Pietro van
Beervelde non solo lavoravano in patria, ma anche all’e-
stero. E i documenti ci avvertono che le loro pitture do-
vevano essere eseguite all’olio. Ragione di più per credere
che i Van Eyck non abbiano inventato questa tecnica!

Così al principio del sec. xv il pittore Guglielmo Van
Axpoele, pure di Gand, ridipingeva all’olio le storie del pa-
lazzo patrio degli Scabini, dove Jean Martins rifaceva al-
l’olio i ritratti dei conti di Fiandra, mentre a Courtrai un
altro pittore di Gand, van Asselt, eseguiva con la medesima
tecnica delle decorazioni istoriate in un oratorio di Ludo-
vico de Male.

Jean Martins — che alcuni vogliono padre di Nabur Mar-
tins — lo si ritrova poi a lavorare in patria fino al 1430.

Avviene inoltre che persino intorno ai fratelli vant Eyck
si ritrovino parecchi pittori di Gand: Guglielmo de Ritsere
(van Lombecke f 1447) per esempio, che era decano della
corporazione dei pittori nell’anno in cui moriva a Gand
Uberto van Eyck (J 14264; Zegher van de Woestine; Jan
Ryquart, Gerardo de Stoeveré, Petrus van der Pale, Gia-
como van der Straten, ecc.

A parte le ipotesi fatte, una cosa certa nella vita di
Uberto van Eyck si è che negli ultimi anni della sua vita
egli risiedeva stabilmente in Gand, dove teneva bottega e
scolari, e dove -eseguiva pitture e sculture ed ogge'ti d’ogni
genere di arte sacra. A questo proposito i documenti tolti
dagli Archivi di Gand, che ci riporta l’A., suno chiari. Pur-
troppo sola testimonianza sicura di questa operosità artistica è la
 
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