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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 31.1928

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Mariani, Valerio: Primo centenario dalla morte di Francisco Goya
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https://doi.org/10.11588/diglit.55191#0131

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PRIMO CENTENARIO
DALLA MORTE DI FRANCISCO GOYA
DISEGNI INEDITI

Sicuro che il miglior modo per celebrare un artista sia quello di contribuire a farne
conoscere meglio e più nitidamente la figura, ad un profilo generico o appena abbozzato
di Goya preferisco l’illustrazione di alcuni disegni del tutto sconosciuti e che si conser-
vano in collezione privata.
L’aspetto dell’arte di Goya, già così tipico e particolare, diviene, parlando dei suoi
disegni, se ciò è possibile, ancora più proprio e caratteristico giacché con questi si scende
nel più intimo dell’espressione pittorica del grandissimo artista e, più che nelle acque-
forti (assai celebri), in questi traspaiono le passioni e gli ideali artistici di lui.
Penso tuttavia che non si possa accingersi a parlare della sua grande figura senza
ricordare, quasi come ammonimento, che egli ebbe la prima educazione pittorica in un
ambiente per noi particolarmente importante, da quel Don José Lusan Martinez, com-
pagno di Solimena a Napoli e in un certo senso erede della tendenza pittorica meridionale
in Italia quale si stabilì durante tutto il ’6oo e parte del '700 sotto l’impulso profondis-
simo di Michelangelo da Caravaggio. Può sembrare assai strano o per lo meno arrischiato
risalire per questo modernissimo pittore (che davvero rappresenta in pieno tutto ciò che
la pittura romantica europea ci darà nell’800) addirittura alla nostra arte del ’6oo ma,
se è noto quanto l’arte italiana abbia profondamente influito sulla spagnola nei secoli
di cui si va ragionando, ancor più dovrebbe essere reso noto quanto del mondo pittorico
appartenente a Goya possa essergli stato suscitato dal contatto colle ultime propaggini
d’una gloriosa tradizione pittorica tipicamente nostra. S’intende che con questo non
si ha affatto l’idea di incamerare la grandissima figura del pittore spagnolo per farne,
come avviene nei centenari, un frutto curioso dell’arte nostra solo perchè con questa ebbe
dimestichezza e ne fu fortemente influenzata sia nel primo periodo della sua attività che
nel periodo più tardo quando, venuto in Italia e stabilitosi a Roma per qualche tempo
preferì, alle forme neoclassiche di David lo studio appassionato della pittura italiana.
È solo un suggerimento, questo, che s’intende di dare prima di parlare d’un gruppo note-
volissimo di suoi disegni, per accentuare uno dei colori più caratteristici della sua arte e
che, per essere trascurato, di solito diviene assai poco apparente.
Anche come uomo, d’altronde, Francisco Goya ci appare strettamente legato a quella
razza di artisti cavallereschi, spadaccini e romantici i quali in Napoli più che altrove ave-
vano trovato la loro sede naturale: l’inizio della sua vena pittorica sorge parallelo allo
sbocciare rigoglioso d’una vita esuberante, rivoluzionaria e impertinente, e solo più tardi,
divenuto ritrattista di corte, trasforma in parte questa sua natura indipendente e ran-
dagia in quella d’un astuto e intelligente cortigiano pronto alla malignità ma assai più
alla satira intelligente con la penna e con il pennello. Tra i suoi numerosissimi disegni,
quel gruppo che viene detto dei « capricci » (termine assai settecentesco se lo troviamo ado-
perato anche per Tiepolo e per altri pittori nostri) potrebbe essere raccolto sotto un fron-
tespizio che lo stesso artista ha provveduto a immaginare ma non a tradurre in opera: e
questo disegno, per quanto appena abbozzato e trascurato doveva essere veramente (se-

L'Arte, XXXI, 13.
 
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