DISEGNI SCONOSCIUTI DI MATTIA PRETI
Quando il campo di studio dei disegni italiani in genere e in particolare dei disegni
del sei e settecento, sarà più battuto di quel che oggi non sia, ci accorgeremo del valore
tutto particolare che per gli artisti nostri di questi due secoli ebbe il « disegno » di fronte
all’affresco o alla pala d’altare realizzata in opera.
Vedremo cioè come, in realtà, il disegno per questi maestri debba essere considerato
come prima « idea » indubbiamente di carattere assai più immediato e spontaneo che
non nei secoli precedenti nei quali (se si eccettui qualche raro genio « moderno » come
Leonardo da Vinci o il Correggio), il disegnare rappresentò quasi sempre una prepara-
zione, un primo gradino, una testimonianza insomma da superare e da integrare nuova-
mente nell’opera realizzata, quasi mai, invece, ebbe il valore di abbozzo fervido ed
immediato che racchiude nella sua stessa imprecisione e pittoricità assai più che non
l’opera definitivamente realizzata.
Si potrà allora con maggiore calma e precisione ricorrere per questo alle molte
confessioni di artisti di fronte al bozzetto o al primo disegno: in cui tutti debbono rico-
noscere che questa prima « idea »: « tanto più perde in opera quanto più s’alllontana dal
primo disegno ». E cioè precisamente l’inverso a quanto, secondo gli ideali contemporanei
perseguivano i pittori del Rinascimento, almeno fino a quei meravigliosi e ancora misteriosi
artisti (che furono i primi ad intuire le nuove aspirazioni pittoriche) troppo comprensiva-
mente chiamati « manieristi ».
Ma fino a quando un’indagine accurata e tuttavia entusiastica non sarà portata anche
nel vastissimo e intricato campo dei disegni barocchi ci si dovrà accontentare semplice-
mente di definire con brevi saggi le fisionomie dei più significativi artisti, come disegna-
tori.
Uno di questi, maggiormente attraente per la incertezza quasi assoluta sulle sue
testimonianze grafiche, è Mattia Preti sul quale si raccoglieranno man mano, inevitabil-
mente alcuni dei più fervidi e geniali disegni del seicento tuttora inediti e nascosti nelle
vecchie pagine di antiche collezioni.
Riprendere la questione dei disegni di Mattia Preti senza il sussidio di quei miste-
riosi albums che un tempo possedette il De Dominici e che da Napoli (pare attraverso
Roma) passarono all’estero (forse smembrati in collezioni private per essere magari at-
tribuiti al Correggio o a Paolo Veronese) potrebbe sembrare inutile e rischioso: eppure
è venuto il tempo di ricostruire la fisonomia di Mattia Preti disegnatore, incoraggiati da
ciò che ne disse il De Dominici stesso, parlando dello spazio di quindici anni nei quali
egli disegnò solamente senza mai adoperar colore, dai continui accenni alla sua grande
originalità nel disegno, e ancor più dai rari esempi offerti dalle recenti pubblicazioni di
fogli inediti sparsi nelle varie gallerie. Come per il « bozzetto » così per il disegno noi dob-
biamo pensare a qualcosa di immediato e pur calcolato o, meglio, scelto nella fantasia e
gettato sulla carta con quella prontezza che nel ’6oo raramente venne meno negli artisti
italiani, ma che in Mattia Preti (pur così lontano da Luca-fapresto) fu sempre sostenuta
e resa più incisiva dalla sua educazione plastica derivatagli dal Caravaggio attraverso
il Battistiello.
È necessario qui aver naturalmente più che mai il coraggio delle attribuzioni con l’in-
tento di fissare i caratteri ancora del tutto labili di questo portentoso disegnatore del
quale tuttavia così rare testimonianze ci restalo. Fra queste un mirabile saggio ci è of-
Quando il campo di studio dei disegni italiani in genere e in particolare dei disegni
del sei e settecento, sarà più battuto di quel che oggi non sia, ci accorgeremo del valore
tutto particolare che per gli artisti nostri di questi due secoli ebbe il « disegno » di fronte
all’affresco o alla pala d’altare realizzata in opera.
Vedremo cioè come, in realtà, il disegno per questi maestri debba essere considerato
come prima « idea » indubbiamente di carattere assai più immediato e spontaneo che
non nei secoli precedenti nei quali (se si eccettui qualche raro genio « moderno » come
Leonardo da Vinci o il Correggio), il disegnare rappresentò quasi sempre una prepara-
zione, un primo gradino, una testimonianza insomma da superare e da integrare nuova-
mente nell’opera realizzata, quasi mai, invece, ebbe il valore di abbozzo fervido ed
immediato che racchiude nella sua stessa imprecisione e pittoricità assai più che non
l’opera definitivamente realizzata.
Si potrà allora con maggiore calma e precisione ricorrere per questo alle molte
confessioni di artisti di fronte al bozzetto o al primo disegno: in cui tutti debbono rico-
noscere che questa prima « idea »: « tanto più perde in opera quanto più s’alllontana dal
primo disegno ». E cioè precisamente l’inverso a quanto, secondo gli ideali contemporanei
perseguivano i pittori del Rinascimento, almeno fino a quei meravigliosi e ancora misteriosi
artisti (che furono i primi ad intuire le nuove aspirazioni pittoriche) troppo comprensiva-
mente chiamati « manieristi ».
Ma fino a quando un’indagine accurata e tuttavia entusiastica non sarà portata anche
nel vastissimo e intricato campo dei disegni barocchi ci si dovrà accontentare semplice-
mente di definire con brevi saggi le fisionomie dei più significativi artisti, come disegna-
tori.
Uno di questi, maggiormente attraente per la incertezza quasi assoluta sulle sue
testimonianze grafiche, è Mattia Preti sul quale si raccoglieranno man mano, inevitabil-
mente alcuni dei più fervidi e geniali disegni del seicento tuttora inediti e nascosti nelle
vecchie pagine di antiche collezioni.
Riprendere la questione dei disegni di Mattia Preti senza il sussidio di quei miste-
riosi albums che un tempo possedette il De Dominici e che da Napoli (pare attraverso
Roma) passarono all’estero (forse smembrati in collezioni private per essere magari at-
tribuiti al Correggio o a Paolo Veronese) potrebbe sembrare inutile e rischioso: eppure
è venuto il tempo di ricostruire la fisonomia di Mattia Preti disegnatore, incoraggiati da
ciò che ne disse il De Dominici stesso, parlando dello spazio di quindici anni nei quali
egli disegnò solamente senza mai adoperar colore, dai continui accenni alla sua grande
originalità nel disegno, e ancor più dai rari esempi offerti dalle recenti pubblicazioni di
fogli inediti sparsi nelle varie gallerie. Come per il « bozzetto » così per il disegno noi dob-
biamo pensare a qualcosa di immediato e pur calcolato o, meglio, scelto nella fantasia e
gettato sulla carta con quella prontezza che nel ’6oo raramente venne meno negli artisti
italiani, ma che in Mattia Preti (pur così lontano da Luca-fapresto) fu sempre sostenuta
e resa più incisiva dalla sua educazione plastica derivatagli dal Caravaggio attraverso
il Battistiello.
È necessario qui aver naturalmente più che mai il coraggio delle attribuzioni con l’in-
tento di fissare i caratteri ancora del tutto labili di questo portentoso disegnatore del
quale tuttavia così rare testimonianze ci restalo. Fra queste un mirabile saggio ci è of-