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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 31.1928

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Brizio, Anna Maria: La primera mostra della collezione Gualino
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https://doi.org/10.11588/diglit.55191#0165

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LA PRIMA MOSTRA

DELLA COLLEZIONE GUALINO

Il primo di maggio in cinque sale della R. Pinacoteca di Torino è stata solennemente
inaugurata dal Re la prima mostra della collezione Guaiino. Questa collezione, sebbene
conti soltanto pochi anni di vita, comprende ormai un si gran numero d’opere d’arte di
primaria importanza, ch’essa trascende di gran lunga il semplice interesse del raccogli-
tore e possiede un valore estetico e culturale, capace d’influire sull’indirizzo della critica
d’arte odierna.
Riccardo Guaiino, ciò avvertendo con chiaro intuito, ha sentito che il tenerla più oltre
confinata in una abitazione privata, a privilegio e godimento di pochi, avrebbe significato
comprimerne e diminuirne la magnifica vita; e con generosa larghezza ha voluto ch’essa
fosse esposta alla vista e al giudizio di tutti perchè un maggior numero di persone potesse
conoscere i problemi ad essa legati e partecipare alla loro discussione.
La Collezione Guaiino ha una propria inconfondibile fisionomia che dimostra per
chiari segni quanta coerenza di gusti e di intenti abbia presieduto alla sua scelta. Non l’in-
tento storico di costruire serie di oggetti concatenati dall’appartenenza ad una medesima
epoca e ad una medesima regione; non ricerca d’opere abili o piacevoli: alla bellezza uma-
na ed eterna della creazione artistica ha sempre mirato chi ha radunato questa collezione,
prendendo a norma della scelta i valori prettamente estetici d’ispirazione sincera e dr
espressione completa.
L’ordinamento della mostra ha cercato di conservare tali caratteri, ed è anzi riuscito
a sottolinearli e a renderli materialmente più sensibili. Le opere d’arte, allontanate dalle
penembre accoglienti dell’abitazione privata, dal lusso da cui in questa erano circondate,
ed esposte nelle sale di una Pinacoteca, in luce vivissima e diffusa, sono lungi dall’esserne
diminuite: la loro bellezza si afferma anzi più trionfante in quanto di pili alto e di più umano
essa racchiude.
La prima sala è dedicata ai « primitivi », termine assai vasto che partendo dal secolo xn
si prolunga fino al Cristo benedicente di Melozzo da Forlì.
Sopra un credenzone del tardo quattrocento fiorentino, già robusto nelle membra-
ture, ma serbante ancora tutta la severa bellezza di una semplice e rigorosa struttura
architettonica, domina la Madonna in trono di Cimabue; e mai come in questa luce piena,
cruda, intensa, lo splendore dei suoi colori si è rivelato intero: essi paiono irradiare luce
dell’interno; e l’incomparabile delicatezza dei lilla e dei rosa, se pur si riallaccia stretta-
mente alla sapienza cromatica della tradizione bizantina e ne conserva tutta l’intensità
nell’effetto complessivo, segue già più da presso i ritmi della forma attraverso una gamma
più chiara, più graduata e vibrante. Fiancheggiano il credenzone l’Addolorata e il San Gio-
vanni Evangelista di Lorenzo Veneziano. In essi il pittore spiega una grandiosità mon-
mentale d’impostazione e una potenza drammatica che le altre sue opere non avrebbero
lasciato sospettare in lui. L’Addolorata sopratutto (fìg. i) è figura di incomparabile bellezza
nel lungo manto blu che tutta l’avvolge e che ha lo splendore e la compattezza di uno
smalto.
Come la Madonna di Cimabue e Y Addolorata di Lorenzo Veneziano, il Crocifisso romanico
in legno del secolo xn (fig. 2) appartiene a quella categoria di opere che attingono la loro

L'Art», XXXI, 17.
 
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