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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 31.1928

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Mariani, Valerio: Capolavori della pittura olandese a Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.55191#0094

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CAPOLAVORI DELLA PITTURA OLANDESE
A ROMA

Con la speranza che questa mostra di Pittura Olandese, con tanto zelo e gusto
organizzata nella Galleria Borghese in Roma, possa costituire l’inizio di una serie di
esposizioni di capolavori dell’arte straniera presso la superba Galleria romana, ci ac-
cingiamo a stendere qualche saggio delle conclusioni che dalla mostra stessa si pos-
sono trarre, specialmente riguardo alla pittura nostra e alle reciproche interferenze
tra pittori italiani ed olandesi.
Dei « primitivi » che occupano una sala relativamente modesta poco c’è da dire,
tranne il ricordo di un grande quadro di Luca di Leida, rappresentante il Miracolo
della Rupe, con folla di personaggi in costume sontuoso e un paesaggio di sfondo che,
nonostante il mediocre stato delle tela (dipinta a tempera e quindi con colori assai
opachi) rivela superbe possibilità romantiche nei particolari, direttamente inspirati da
una natura rocciosa e solo variata da arbusti invernali. Più vivo, anzi squillante di
colorito il dittico dello stesso Luca con la Vergine e un donatore presentato dalla
Maddalena: qui il paesaggio si fa nitidissimo e luminoso per quanto risultino troppo
brillanti le vernici che questo quadro ha subito. Qui, tranne che nella figura della
Vergine, assai deboli sono gli « italianismi » consueti al pittore, che conserva una serra-
tezza di disegno e uno smalto di colorito assolutamente propri alla pittura fiamminga
ed olandese del suo tempo. Abbiamo visto di nuovo brillare discreto, nella penombra
della sala, il delizioso sorriso della donna ritratta da Jan Van Scorei che abitualmente
incontriamo nella Galleria Doria: i due buoni ritratti di Antonius Moor (Galleria dell’Ac-
cademia di Venezia) completano la piccola sintesi di primitivi, necessariamente poco rap-
presentati in questa mostra. Ma i grandi nomi tante volte pronunciati o bisbigliati di
fronte a deboli riproduzioni o discussi nelle pagine di solenni volumi di critica, ci at-
tirano finalmente nelle sale maggiori con la loro evidenza immediata e realistica: con
tutto il peso e la responsabilità della loro essenza individuale.
REMBRANDT
La fulva criniera di questo satrapo della pittura olandese appare in questa mostra,
come è stato già notato, qua e là diradata, e in cattivo stato: non che il leone sia vecchio,
chè anzi rugge da quell’ultima sala con certi toni dorati e misteriose penembre che fanno
atterrire, ma sia la difficoltà di raccogliere in Italia opere così rare, o in gran parte la man-
canza di alcune pitture, pur richieste a Musei stranieri e sostituite invece da altre, creano un
insieme che, per quanto armonico e assolutamente mirabile, non ci permette di ricostruire
la grandissima figura di Rembrandt con quella compiutezza che la nostra insaziabilità desi-
dererebbe. Non c’era davvero da sperare che alla Galleria Borghese potessero giungere le
grandi tele rembrandtiane di Monaco o le celebri composizioni di grande mole: bisogna
perciò pensare a Rembrandt, con negli occhi le sontuosità della Ronda di notte, o il tene-
brore della Lezione d’anatomia e considerarle assenti ma presenti, in questa aurata ac-
colta di capolavori. Posto ciò, il saggio notevole offerto dalla mostra attuale ci dà un’idea
 
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