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Bullettino di archeologia cristiana — 1.1863

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Nr. 11 (Novembre 1863)
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https://doi.org/10.11588/diglit.17350#0096

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— 88 —

delle sue mani, perocché egli innanzi d'essere vescovo fu
oreQce peritissimo e alunno di Abbone monetiere regio in
Limoges alla fine del secolo VI. Andrea du Saussay nel 1651
fé delineare quel calice, barbaramente distrutto e l'uso per co-
niare moneta nel 1792. Oggi il eh. sig. Grésy ha impreso
a dimostrare l'autenticità di cotesto lavoro di s. Eligio, e l'im-
portanza d'un sì prezioso monumento per la storia dell'ori-
fìceria e dell'arte degli smalti segnatamente di Limoges. La
Reme archéologique (VII, 21) ci dà un'analisi della disser-
tazione del eh. Grésy, che speriamo vedere pubblicata per
disteso. L'esame di questo monumento sarà anche utile ad illu-
strare le primitive forme de' calici eucaristici.

COMAUES (SPACCA). Iscrizione metrica. In Co-

mares, quattro leghe e mezza lungi da Malaga, è stata rin-
venuta la seguente iscrizione de' cui primi tre versi m'ha in- •
viato copia il eh. archeologo Spagnolo sig. Manuele de Ber-
langa, de' rimanenti il eh. Dottor Emilio Huebner, che per
ordine dell' accademia di Berlino ha raccolto le epigrafi della
Spagna.

UIC RECVBAT EX1M1VS SAMVEL 1NLVSTRISSIMVS
ELEGANS FORMA DECORVS STATVRA CELSA COMMODVS
CVI CANVIT ORICIVM MODVLATIO CARMINVM
BLANDIENSQVE CORDA PIE VIR CVNCTORVM AVD1ENTIVM
VIXtTQVE ANNOS NVMER.0 SEX DENOS NEMPE ET OCTO
VISITATVS A DOMINO PROBATVS IN HOC SECVLO
SIC M1GRAB1T E SECVLO DIE ETENIM SABBATO
DOR.U1VITQVE IN DOMINO SEPVLTVS IN HOC TVMVLO
ORA D1EI TERTIA IN ERA NVNGEMESIMA
SEXTA ETÀ ET DENAS NOBIES NONO KLDS DECEMBRES
QVISQV1S NOBIT SVPRA FATVM HVNC MAGNVMQVE PHSBM
MVNDVM TOTVM DESP1C1AD ET SESE 1PSVM CORBIGAD

Non stimo necessario trascrivere in corsivo questi versi.
Tranne il 3° e il 10° che sono oscuri, di;' quali ragionerà,
tutto è qui rozzamente piano ed intelligibile. L'elogio e d'un
colale Samuele illustrissimo, clic la conclusione del canne
c'insegna essere stato prete: Quisquis novit supra fatum hunc
magnumque presbyterum, Mundum totum despiciat et sese
ipsum corrigat. La data è nei versi 9° e 10°; era nungentesima
et sexta: seguono le lettere ETÀ probabilmente male trascritte;
forse ivi è ripetuta la voce era. Poscia viene et denas nobies
nono Kalendas Decembres: cioè il 23 Novembre dell' era di
Spagna 996, che corrisponde all'era volgare 938. Guest' anno
ebbe la lettera domenicale A, e perciò il 23 Novembre fu Gio-
vedì. Le quali date creano una grave difficoltà, dicendo l'iscri-
zione, che Samuele migravit e saeculo die Sabbato. Ma la dif-
ficoltà è superabile. Il 23 Novembre è il dì della sepoltura; il
Sabbato quello della morte; corsero adunque tra l'una e l'altra
cinque giorni. La tarda e barbara età di quest'epitaffio ne scusa
il dettato rozzissimo e il metro quasi irreconoscibile. Sono versi
trocaici, ma con errori sopra errori di prosodia.

Il eh. sig. de Berlanga m'ha interpellato sulla lezione e sul-
l'oscuro senso del verso terzo. Ivi le lettere sembrano guaste e
non dubito, che si debbano leggere QVI CANVIT OFF1CIVM,
cioè qui cecinit offìcium. 11 contesto a norma di grammatica dice
così: qui cecinit offìcium modulatio(ne) carminimi et (fuit) vir
blandiens pie corda cunctorum audientium. Le quali lodi si
riferiscono al canto dell'orcio ecclesiastico, e corrispondono
esattamente alle menzioni che ne trovo nelle antiche lapidi
innanzi a S. Gregorio il grande, il quale introdusse il canto
chiamato pieno. Nella Spagna la liturgia gregoriana fu rice-
vuta nel secolo XI; ai dì del prete Samuele regnava la gotica
.) mozarabica. E la nostra iscrizione dimostra, che in questa
liturgia rimaneva tuttora nel secolo X qualche vestigio degli

antichi usi in fatto di musica sacra. Imperocché i salmi e gli
inni furono certamente cantali fino dalla età apostolica; ma,
com' è naturale, il canto liturgico nel secolo IV sotto l'egida
della pace ecclesiastica prese un avviamento più libero e
forme novelle. Il salmeggiare alternativamente a due cori
usato nell' Oriente divenne allora universale costume nella
chiesa occidentale, dopo l'esempio datone dai fedeli di Mi-
lano sotto il pontificato di S. Ambrogio. Cotesto salmeggio
però non era continuo, ma interrotto dal canto a solo d'un
lettore o cantore, cui il popolo rispondeva; canto melodioso e
con arte musicale modulato, a fine di eccitare soavemente la
pietà negli animi degli ascoltanti (1). E nelle iscrizioni se-
polcrali segnatamente dei diaconi ne trovo l'atta chiara men-
zione. Sul sepolcro di Redento diacono del titolo di Tigride
Damaso medesimo scrisse , DVLCIA NECTAREO PRO-
MEBAT MELLA CANORE - PROPHETAM CELERRANS
PLACIDO MODVLAMINE SENEM (2). L'elogio tuttora ine-
dito di un Deusdedit arcidiacono della chiesa romana vissuto
circa il secolo V comincia così: HIC LEVITARVM PR1MVS
IN ORDINE VIVENS , DAVIDICI CANTOR CARMLNIS
ISTE FVIT. E quello scoperto, sono pochi anni, nella-basilica
costantiniana di S. Lorenzo, che ivi tuttora chiude il sepolcro
di Sabino arcidiacono, mette in bocca al dcl'onto le parole se-
guenti: VOCE PSALMOS MODVLATVS ET ARTE, DIVER-
SA CECINI VERBA SACRATA SONIS. Talvolta coloro, che
coll'arte del canto avevano dilettato i fedeli e ispirato loro
molla devozione, divenuti vescovi non vollero dismettere
quell'officio di pietà verso Dio e verso il popolo cristiano.
Laonde nell'elogio d'un vescovo, che pare dettato dal papa
Damaso, tornato in luce dall'agro Verano si legge PSALLERE
ET IN POPVLIS VOLVI MÒDVLANTE PRÒPI1ETA, SIC
MERVI PLEBEM CURISI! RETI NE RE SACERDOS. Ed
in questo senso nei frammenti dell'epitaffio d'un vescovo morto
l'anno 569 ho supplito pudori minOVAM DETVL1T DEVM
SVA VOCE LA.VDAKE (3). Ma coteste melodie lasciale al-
l'arbitrio ed all' arte del cantore spesso degenerarono in cauli
molli e teatrali; di che fino dal secolo IV faceva lamento il
severo dottore S. Girolamo. Laonde S. Gregorio coH'istituzione
del canto pieno o abolì o regolò siffatte melodie arbitrarie e
cantate da una voce sola. L'iscrizione però del prete Sa-
muele lodando in lui la modulazione de' sacri carmi, colla
quale soavemente muoveva a pietà i cuori degli ascoltatori,
fa eco agli antichi elogi de'secoli IV e V; e sembra indicare
la perseveranza di quel costume nella Spagna fino al secolo X.

Poiché cotesto monumento ni' ha chiamato a ragionare
della musica sacra presso gli antichi cristiani, non posso ta-
cere ai miei lettori, che in questi giorni i muti silenzii delle
sotterranee cripte de' martiri dopo tanti secoli sono stali per
la prima volta nuovamente interrotti dal suono di religiose
melodie. Quando nel dì 23 del corrente mese il sommo ponte-
fice Pio IX è disceso a pregare nella cripta sepolcrale dell'insi-
gne martire romana S. Cecilia, un concento di voci soavi c di
arpe e di Hauti ha fatto dolcemente risuonarc in quelle caverne
la bellissima antifona: cantantibus organis Caecilia Domino
decantabat dicens: fiat cor meum et corpus immaculatum, ut
non confundar. Niuna eloquenza basterà a ridire l'effetto mara-
viglioso della scena sublime, e la commozione, che destava
negli animi quella quasi celeste armonia, che misterios.amente
si perdeva sotto le volte delle catacombe romane. Un siffatto
avvenimento non doveva essere passato sotto silenzio nel
bullonino di cristiana archeologia.

(1) V. Bingham, Orig. christ. Kb. XIV, 1, IO, T. VI p. li e sejfg.
De christ. eccl. polii, ed. Banani T. I, p. 23G c segg.

(2) S. Damasi opp. ed. Merenda p. 243.

(3) Insci-. christ. T. 1 p. 510, oli.

iiroon/m salviccci
 
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