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Bullettino di archeologia cristiana — 1.1863

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Nr. 3 (Marzo 1863)
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Epitaffi con data certa degli anni 323 e 434
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Osservazioni ed aggiunte agli articoli del precedente bullettino
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https://doi.org/10.11588/diglit.17350#0032

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— 24 —

giore di quelle, che sogliono essere affisse ai loculi
incavati nel tufa, e viene da un sepolcro costruito a
fior di terra. Lo stile epigrafico sepolcrale del quinto
secolo avea perduto le ultime tracce dell'impronta
classica , durate più o men lungamente nell' età co-
stantiniana; ed era talvolta ampollosamente oratorio,
talvolta semplice, ma di dettato prettamente cristiano
ed istorico. Dell' uno e dell'altro stile hanno dato un
esempio i due precedenti bullettini; del primo nel-
l'elogio di FI. Magno, del secondo nell'epigrafe di
Licenzio. A questa s'accorda la nostra colla sua breve
forinola, ma di solenne uso cristiano depositio sandae
virginis e segue la data della deposizione. Le pa-
role sancta virgo parmi, che alludano oltre alla san-
tità della vita, a quella del verginale proposito o voto
della defonta. Così in un iscrizione rinvenuta in que-
sti istessi giorni e ned' istessa basilica di s. Lorenzo
si legge lowS AGNETIS SACRAE VIRGINIS; ma quelle,
che nell'età più antica dicevansi virgines sacrae e vir-
gines Dei, ne' secoli posteriori furono dette sanctimo-
niales, perchè la loro vita era una speciale professione

di santità, e perchè 1' uso di appellare santi tutti i
fedeli col decadere del favore primitivo a poco a poco
fu dimenticato. In cima alla pietra e nel bel mezzo di
essa campeggia una croce latina ; contrasegno anche
questo del secolo quinto; e in Roma n'abbiamo il primo
esempio indubitato di anno certo in un epitaffio po-
sto in quest' istesso agro Verano nel 407. Allora il
trionfo della croce in Roma era compiuto; niuna pru-
denza, niuna cautela consigliava a dissimularlo, o ad
innestarlo ad altri segni; il monogramma ed i simboli
de' secoli più antichi cedevano ogni dì più il luogo
all'effigie semplice e nuda del patibolo della croce.

Così questi due epitaffi distanti 1' uno dall' altro
solo cento ed undici anni colle loro distintive varietà,
e col segno del monogramma nel primo, della croce
nel secondo rispondono alle variate condizioni de'tempi,
e moltiplicano le prove di quella mirabile istoria dello
stile epigrafico e del simbolismo cristiano, che i mo-
numenti anco più semplici con attento studio disami-
nati ci rivelano e tutta ci spiegano.

Osservazioni ed aggiunte agli articoli del precedente bulletlino.

Nell'articolo ssul sepolcro di s. Cirillo ho confesato di
non sapere proporre una accettabile interpretazione delle let-
tere punteggiate P. G. R. F. G.., nelle quali termina l'iscrizione
di MARIA MACELLARIA , che fè dipingere la traslazione
delle reliquie di s. Cirillo dal Vaticano. Ma un valente cul-
tore delle cristiane antichità e mio ottimo amico Mgr La Croix
m'ha suggerito una interpretazione, che al primo leggere quelle
lettere a lui parve ovvia e certissima, e credo sarà giudicata
assai più sagace, che facile ed ovvia. Egli legge PinGeReFeCi,
e conferma la sua lettura con l'epigrafe seguente dipinta nel-
l'abside di s. Sebastiano sul Palatino: EGO BENEDIGTVS
PBR ET MONACHVS PINGERE FEci. Certe interpretazioni
sono difficili a trovare; ma una volta trovate, tutti le rico-
noscono per vere senz'altra dimostrazione. Di questo genere
mi sembra quella, che dobbiamo a Mgr La Croix.

Flavio Magno oratore, del quale ho divulgato lo splen-
dido elogio inciso sull'arca sepolcrale, a più d'uno dei miei
amici è sembrato quel Magno , cui è diretta 1' epistola di
s. Girolamo LXX secondo i Maurini (T. I, p. 423). Vera-
mente io avevo pensato a quel personaggio ; ma lo stimai
diverso dall'oratore lodato nell'iscrizione, per la ragione che
costui fu famoso precettore ed imitatore della classica elo-
quenza, quando al contrario il Magno, cui rispose s. Giro-
lamo, riprovò nel santo dottore lo studio delle lettere pagane.
Pur rifattomi ad esaminare questo punto , ho riconosciuto,
che l'opinione dei miei amici è una verità manifesta. Io non
posi mente alla qualità di Orator Urbis Bornae, che nella

direzione dell'epistola è data a quel Magno; la quale indi-
cazione congiunta al tempo, in che fu scritta la lettera, cioè
circa l'anno 400, non lascia campo al dubbio, se il Fla-
vhis Magnus rhetor Urbis aeternae dell'iscrizione sia o no
il Magnus orator Urbis Romae di s. Girolamo. Anzi la mede-
sima difficoltà, che mi distolse dal seguire il primo pensiero,
svanisce e si volge in prova del contrario all'attenta lettura del-
l'epistola. Magno non riprovava in s. Girolamo lo studio delle
classiche lettere, ma l'uso di esse ne' libri di argomento sacro
e cristiano. E Girolamo gli risponde: nisi te tokm Tullius teneret
tu siffatta questione non mi moveresti, e sapresti in quale conto
i cristiani scrittori hanno sempre tenuto la profana letteratura.
E poi si distende su questo tema. Adunque Magno era un ora-
tore cristiano tutto dedito alla tulliana eloquenza; e se istigato
da Rufino emolo di s. Girolamo fè mostra di non approvare l'uso
di quell'eloquenza nelle trattazioni attinenti al dogma cristiano,
non perciò altra letteratura professava ed insegnava, che la
ciceroniana e pagana. Ed ebbe lo stile rigido, se a lui, come
pare, allude Sidonio, quando fa menzione del rigore di Magno.
Queste osservazioni gioveranno alla storia delle classiche let-
tere insegnate dai cristiani. Magno medesimo, che dovevamo
stimare uno dei maggiori avversarii di quell'insegnamento nel
secolo quarto, fu al contrario un professore di eloquenza, che
oggi scopriamo essere stato onorato di sommi onori dal romano
senato ed eletto a precettore di tutta la gioventù patrizia, per-
chè imitatore degli antichi inimitabile al secolo suo.

Lo spazio manca alle notizie, ma queste non mancano. Loro darò un più largo campo nel prossimo bullettino.
 
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