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CORRIERI
rappresentanti la Crocefissione, della coll. Salting
(n. 27 e 28).
La finezza squisita cui giunse la miniatura fiorentina
al principio del Cinquecento è ampiamente provata
dai fogli esposti, rappresentanti la Resurrezione di
Lazzaro, la Morte dell’uomo e il Peccato originale,
del Libro d’ore scritto per Laudomia de’ Medici, circa
il 1502 (n. 257 - Coll. Thompson); e ancor più dal-
l’esposta Deposizione dalla Croce, appartenente a un
Officio dei tre ultimi giorni dalla settimana santa,
scritta per Giulio II nel 1510, e che mostra l’arte di
un abilissimo seguace di Fra Bartolomeo (n. 258 -
Coll. Perrins).
Attribuite alla scuola romana, circa il 1490, sono le
miniature di un Petrarca: che siano romane è pro-
babile, ma la data è troppo antica. Le due pagine
esposte rappresentano il trionfo della Castità, Didone,
Giuditta. Nel trionfo è un gruppo di donzelle ritte
vicino al mare con bandiere ornate di ermellino, e
una d’esse è appoggiata a una torre con lo scudo al-
zato contro le frecce che Cupido lancia. L’opera d’arte
che si associa naturalmente con queste squisite mi-
niature, che forse formano il capolavoro della Mostra,
sono gli stucchi delle logge di Raffaello : converrà
quindi spostare la data fissata dal catalogo di quasi
trent’anni (n. 194 - Coll. Holford).
Se dalla Media Italia ci rivolgiamo al Nord, tro-
viamo subito qualche esempio della miniatura diffu-
sasi dopo la fondazione della scuola padovana. Vi è
un Libro d’ore della coll. Perrins (n. 253), i cui fogli
esposti, rappresentanti l’Annunciazione e la Madonna,
si approssimano notevolmente all’arte degl’intarsiatori
squarcioneschi, e specialmente di Cristoforo da Lendi-
nara. E alla miniatura che seguiva la scuola padovana,
quando già essa era definitivamente sviluppata per
l’azione di Andrea Mantegna, credo appartenga la de-
corazione dei Valerli Maximi Libri X, scritti per Fer-
dinando I di Napoli, dubitativamente attribuita dal
catalogo, e credo a torto, a scuola romana. È esposto
il frontespizio, con un Valerio scrivente, sotto uno degli
archi caratteristici dellascuola padovana, con una figura
di fortezza ispirata direttamente dal Mantegna, con un
fregio formato di medaglioni contenenti trionfi, figure
allegoriche, busti d’imperatori (n. 199 - Coll. Holford).
È dunque questo codice una nuova prova del dira-
marsi lontano dell’arte mantegnesca, direttamente sino
a Napoli ; mentre ad Urbino, troppo collegato per
mille ragioni con Venezia, essa giungeva solo a traverso
l’arte veneziana. Si vede infatti nei salmi penitenziali
scritti per Francesco Maria I, duca di Urbino, una
squisita figura di Davide penitente, che indica l’arte
di un seguace di Giambellino, del periodo ancora
mantegnesco. Come accade di frequente il miniatore
è qui un ritardatario, poiché il codice deve essere
posteriore al 1509 (n. 264 - Coll. Cockerell). Il cata-
logo avverte che dello stesso miniatore il Cockerell
possiedeTin piccolo Libro d’ore scritto per un membro
della famiglia Priuli.
Alla miniatura ferrarese, anch’ essa pur tanto in-
fluita dall’arte padovana, appartiene un Libro d’ore
scritto per Galeotto Pico della Mirandola, alla fine del
secolo xv. L’Annunziazione, esposta insieme con la
Tentazione d’Adamo ed Èva, è attorniata da quei ca-
ratteristici portici, ornati di porfido, che da Cosmè
Tura in poi furono uso comune nella pittura ferra-
rese. E le figure indicano che il miniatore era un se-
guace di Ercole de’ Roberti (n. 262 - Coll. Perrins).
Un gruppo a parte nella miniatura ferrarese è costi-
tuito da quei maestri che più o meno riprodussero le
forme di Francesco Bianchi Ferrari; e di essi si hanno
alla Mostra due esempi : « Del modo di regere e di
regnare per Antonio Cornazzano » scritto per Leonora
d'Aragona duchessa di Ferrara, e probabilmente in
occasione del suo secondo matrimonio con Ercole I
d’Este nel 1473. In ogni modo può essere datato tra
il 1473 e il 1493, anno della morte di lei. La pagina
esposta contiene il suo ritratto: di profilo a destra,
vestita d’oro, su fondo bleu, essa allunga la mano per
prendere il bastone del comando che una mano dal
cielo le offre. L’esecuzione è di una finezza squisita,
e tutta nella maniera del Bianchi (n. 267 - Coll. Hol-
ford). La stessa maniera, ma ridotta da un incolto
imitatore, si vede nella Madonna esposta di un Libro
d’ore scritto nel 1496 da Pietro Antonio Salando di
Reggio Emilia (n. 263 - Coll. Cockerell).
E sono alla Mostra, a rappresentare la miniatura
milanese, un Petrarca del 1490 circa, con lo stemma
della famiglia Romei di Ferrara. È esposto il Trionfo
d’Amore, meglio eseguito per la decorazione che non
per le figure, e con la consueta prevalenza milanese
dell’azzurro scuro nella colorazione (n. 193 - Colle-
zione Pluth). Un Libro d’ore, pure della fine del se-
colo xv, ha miniature non prive d’influssi mantegne-
schi (n. 261 - Coll. Huth); e un altro forse un po’ più
tardo, è aperto nella pagina dello Sposalizio e del-
l’Annunziazione che indicano, mi sembra, qualche pa-
rentela con l’arte del Foppa (n. 260 - Coll. Perrins).
E si può chiudere la serie coll’accennare al tardo
fiorire della miniatura veneziana. Un evangelario della
chiesa di santa Giustina di Padova è aperto nella pa-
gina dell’uccisione della Santa, ove l’autore pose la
firma: Benedictus Bordonus. F. Egli appare qui con
forme ancora belliniane, senza influssi di Giorgione,
ma con costumi del suo tempo. Si può datare que-
st’opera circa nel terzo decennio del secolo xvi. Il
disegno è corretto, le tinte son forti, la conoscenza
della prospettiva buona ; ma le figure sono ancora
ritte, perchè la scena è immaginata senza unità dram-
matica. Il catalogo avverte che l'evangelario contiene
settantacinque miniature, la maggior parte delle quali
sono opera di Benedetto (n. 196 - Coll. Holford).
Londra, giugno 1908. LlONELLO VENTURI.
CORRIERI
rappresentanti la Crocefissione, della coll. Salting
(n. 27 e 28).
La finezza squisita cui giunse la miniatura fiorentina
al principio del Cinquecento è ampiamente provata
dai fogli esposti, rappresentanti la Resurrezione di
Lazzaro, la Morte dell’uomo e il Peccato originale,
del Libro d’ore scritto per Laudomia de’ Medici, circa
il 1502 (n. 257 - Coll. Thompson); e ancor più dal-
l’esposta Deposizione dalla Croce, appartenente a un
Officio dei tre ultimi giorni dalla settimana santa,
scritta per Giulio II nel 1510, e che mostra l’arte di
un abilissimo seguace di Fra Bartolomeo (n. 258 -
Coll. Perrins).
Attribuite alla scuola romana, circa il 1490, sono le
miniature di un Petrarca: che siano romane è pro-
babile, ma la data è troppo antica. Le due pagine
esposte rappresentano il trionfo della Castità, Didone,
Giuditta. Nel trionfo è un gruppo di donzelle ritte
vicino al mare con bandiere ornate di ermellino, e
una d’esse è appoggiata a una torre con lo scudo al-
zato contro le frecce che Cupido lancia. L’opera d’arte
che si associa naturalmente con queste squisite mi-
niature, che forse formano il capolavoro della Mostra,
sono gli stucchi delle logge di Raffaello : converrà
quindi spostare la data fissata dal catalogo di quasi
trent’anni (n. 194 - Coll. Holford).
Se dalla Media Italia ci rivolgiamo al Nord, tro-
viamo subito qualche esempio della miniatura diffu-
sasi dopo la fondazione della scuola padovana. Vi è
un Libro d’ore della coll. Perrins (n. 253), i cui fogli
esposti, rappresentanti l’Annunciazione e la Madonna,
si approssimano notevolmente all’arte degl’intarsiatori
squarcioneschi, e specialmente di Cristoforo da Lendi-
nara. E alla miniatura che seguiva la scuola padovana,
quando già essa era definitivamente sviluppata per
l’azione di Andrea Mantegna, credo appartenga la de-
corazione dei Valerli Maximi Libri X, scritti per Fer-
dinando I di Napoli, dubitativamente attribuita dal
catalogo, e credo a torto, a scuola romana. È esposto
il frontespizio, con un Valerio scrivente, sotto uno degli
archi caratteristici dellascuola padovana, con una figura
di fortezza ispirata direttamente dal Mantegna, con un
fregio formato di medaglioni contenenti trionfi, figure
allegoriche, busti d’imperatori (n. 199 - Coll. Holford).
È dunque questo codice una nuova prova del dira-
marsi lontano dell’arte mantegnesca, direttamente sino
a Napoli ; mentre ad Urbino, troppo collegato per
mille ragioni con Venezia, essa giungeva solo a traverso
l’arte veneziana. Si vede infatti nei salmi penitenziali
scritti per Francesco Maria I, duca di Urbino, una
squisita figura di Davide penitente, che indica l’arte
di un seguace di Giambellino, del periodo ancora
mantegnesco. Come accade di frequente il miniatore
è qui un ritardatario, poiché il codice deve essere
posteriore al 1509 (n. 264 - Coll. Cockerell). Il cata-
logo avverte che dello stesso miniatore il Cockerell
possiedeTin piccolo Libro d’ore scritto per un membro
della famiglia Priuli.
Alla miniatura ferrarese, anch’ essa pur tanto in-
fluita dall’arte padovana, appartiene un Libro d’ore
scritto per Galeotto Pico della Mirandola, alla fine del
secolo xv. L’Annunziazione, esposta insieme con la
Tentazione d’Adamo ed Èva, è attorniata da quei ca-
ratteristici portici, ornati di porfido, che da Cosmè
Tura in poi furono uso comune nella pittura ferra-
rese. E le figure indicano che il miniatore era un se-
guace di Ercole de’ Roberti (n. 262 - Coll. Perrins).
Un gruppo a parte nella miniatura ferrarese è costi-
tuito da quei maestri che più o meno riprodussero le
forme di Francesco Bianchi Ferrari; e di essi si hanno
alla Mostra due esempi : « Del modo di regere e di
regnare per Antonio Cornazzano » scritto per Leonora
d'Aragona duchessa di Ferrara, e probabilmente in
occasione del suo secondo matrimonio con Ercole I
d’Este nel 1473. In ogni modo può essere datato tra
il 1473 e il 1493, anno della morte di lei. La pagina
esposta contiene il suo ritratto: di profilo a destra,
vestita d’oro, su fondo bleu, essa allunga la mano per
prendere il bastone del comando che una mano dal
cielo le offre. L’esecuzione è di una finezza squisita,
e tutta nella maniera del Bianchi (n. 267 - Coll. Hol-
ford). La stessa maniera, ma ridotta da un incolto
imitatore, si vede nella Madonna esposta di un Libro
d’ore scritto nel 1496 da Pietro Antonio Salando di
Reggio Emilia (n. 263 - Coll. Cockerell).
E sono alla Mostra, a rappresentare la miniatura
milanese, un Petrarca del 1490 circa, con lo stemma
della famiglia Romei di Ferrara. È esposto il Trionfo
d’Amore, meglio eseguito per la decorazione che non
per le figure, e con la consueta prevalenza milanese
dell’azzurro scuro nella colorazione (n. 193 - Colle-
zione Pluth). Un Libro d’ore, pure della fine del se-
colo xv, ha miniature non prive d’influssi mantegne-
schi (n. 261 - Coll. Huth); e un altro forse un po’ più
tardo, è aperto nella pagina dello Sposalizio e del-
l’Annunziazione che indicano, mi sembra, qualche pa-
rentela con l’arte del Foppa (n. 260 - Coll. Perrins).
E si può chiudere la serie coll’accennare al tardo
fiorire della miniatura veneziana. Un evangelario della
chiesa di santa Giustina di Padova è aperto nella pa-
gina dell’uccisione della Santa, ove l’autore pose la
firma: Benedictus Bordonus. F. Egli appare qui con
forme ancora belliniane, senza influssi di Giorgione,
ma con costumi del suo tempo. Si può datare que-
st’opera circa nel terzo decennio del secolo xvi. Il
disegno è corretto, le tinte son forti, la conoscenza
della prospettiva buona ; ma le figure sono ancora
ritte, perchè la scena è immaginata senza unità dram-
matica. Il catalogo avverte che l'evangelario contiene
settantacinque miniature, la maggior parte delle quali
sono opera di Benedetto (n. 196 - Coll. Holford).
Londra, giugno 1908. LlONELLO VENTURI.