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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 1
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Longhi, Roberto: Orazio Borgianni
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0039

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ORAZIO BORGIANNI

Ouando Orazio Borgianni ritornava di Spagna a Roma — non molto discosto dal 1604 — vi ritro-
vava l’ambiente artistico al massimo rigoglio del nuovo classicismo, e ormai pienamente espresse
le idee artistiche capitali che importatevi con la venuta di Caravaggio dovevano fornire la base di un
nuovo mondo visuale allo sviluppo dell’aite moderna. Giova una scorsa rapidissima intorno ai lati di
quella base.

Per quanto riguarda gl’ intenti formali, Caravaggio riesciva a ripudiare completamente il valore dise-
gnativo che ogni oggetto avea assunta nella tradizione secolare dei Fiorentini e a creare un nuovo
senso di plasticità fondato essenzialmente sulla funzione stilizzatrice di un partito preso luminoso che
organizza la forma in piani netti e r.ecisi. Visione questa, che di fronte a quella plastico-lineare dei fio-
rentini io definisco come plastico-luminosa.

Nel senso compositivo, sostituiva alla trita e aduggiata composizione superficiale o centrale del
Rinascimento un'altra più semplice e profonda che sentisse tutto lo spazio della tela come da costruirsi
totalmente — e non da decorarsi spaziato — con un solo sviluppo di forma che ci dia l’alto, il tra-
verso e il profondo, rimpolpando di vita una linea che non diverga troppo dalla diagonale del cubo.

E nell’ impiego del colore, creava un colorismo di tono, tono composito ed opaco, il quale non
ammetteva vicino a sè il brillore del tono lustro, e soltanto per una lirica superiore rompeva la com-
pagine fusa e pannosa con una dissonanza di rosso schietto e granitico o di blu metallico, ed aspro.

Anche i Caracci avevano ormai attuato il loro programma decorativo nella galleria Farnese, ma
in realtà sebbene avessero saputo dar corpo a un mondo illustrativo affatto conveniente all’epoca, se
bene potessero fornire al pubblico gli articoli di prima necessità per la soddisfazione del suo senso
inferiormente estetico, o de’suoi ideali d’ogni calibro, anzi appunto per. tutto ciò, non potevano preoc-
cuparsi di idee essenzialmente artistiche. L’eroismo bucolico di Annibaie, l’erotismo larvato di Agostino,
l’umanità severa ma un poco tonta di Ludovico esauriscono il problema dei Carracci. Anche senza
voler ripetere le frasi fatte sul loro eclettismo stilistico, bisogna pur riconoscere che non era certo la
combinazione meccanica di elementi spaziali raffaelleschi con il plasticismo illusorio e astratto di Mi-
chelangelo che potesse creare una nuova visione artistica. Il nuovo libero senso decorativo e compositivo
di Veronese o di Tintoretto non li toccò d’altra parte mai intimamente e il venezianismo si ridusse in
loro più che altro a problema di fluidità di veicolo coloristico.

Il sovraccollo di una tradizione altissima non salva mai dalla colpa di non giungere all’arte. Ma-
saccio aveva di fronte a sè Giotto classico, come i Caracci avevano Michelangelo e Raffaello, eppure
egli non si ostinò nella posizione di Taddeo Gaddi o di Spinello, come fecero costoro. In realtà essi
con qualità naturalmente artistiche avrebbero riconquistata come Caravaggio una posizione arcaica.

Obbiettare poi che lo stile di Caravaggio era qualcosa di troppo scarno e riservato per un’impiego
decorativo, sarebbe difetto di senso degli sviluppi, poiché si trattava se mai non di ripetere ma di
sviluppare decorativamente lo stile di Caravaggio fondandosi sul suo senso della composizione ; ciò che
in realtà riesci a fare a Napoli Caracciolo, il grande patriarca del ’6oo Napolitano, creando i più begli
affreschi del secolo, e Lanfranco stesso il quale non arrivò al suo eminente senso compositivo senza
ispirazione caravaggesca, che lo raggiunse forse mediatamente attraverso lo stesso Caracciolo.

Ma molte altre direzioni stilistiche s’intrecciavano a Roma nel decennio dell’operosità di Bor-
gianni.
 
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