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Bullettino di archeologia cristiana — 1.1863

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Nr. 4 (Aprile 1863)
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Prime origini della basilica di S. Clemente
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https://doi.org/10.11588/diglit.17350#0034

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— -26 —

sul volto , per rispetto alla somiglianza della celeste
bellezza, che in esso risplende (1). Qui ognuno s'avvede
che la legge è dell'imperatore cristiano, il quale era
stato ammaestrato a rispettare nel volto d'ogni uomo,
fosse pure ignobilissimo, il raggio di quel lume celeste,
che brilla nella nostra mente l'atta ad immagine e so-
miglianza di Dio. Questa lezione dava Lattanzio a Crispo
figliuolo di Costantino in quel tempo medesimo, in che
l'Augusto cristiano sanciva la nuova legge; ed il Goto-
fredo sagacemente congettura, che l'istesso Lattanzio
abbia e suggerito e dettato l'editto (2). Da questa legge
gli eruditi ed i giureconsulti ripetono le iscrizioni in-
cise nelle lamine appese ai collari de'servi t'uggitivi;
iscrizioni sostituite all'impronta sul volto. E veramente
esse sono tutte degli ultimi secoli dell'impero, ed alcune
portano anche il segno del nome di Cristo. Il qual segno
può parere assai strano sugli islrumenti della schiavitù,
mentre lo spirito dell' evangelo avea spontaneamente
indotto i cristiani a non fare menzione di servi e di
servitù nelle loro iscrizioni. Ma cessa l'apparente con-
trasto se si considera , che appunto gli insegnamenti
delle sacre carte avevano ispirato la legge, onde nacque
l'uso di quelle lamine, le quali perciò furono da prin-
cipio considerate, quasi cosà tutta cristiana. Ed infatti
io veggo in esse più volte il monogramma costanti-
niano, ma non mai la croce, la cui effìgie ho già ac-
cennato esser venuta in uso quotidiano e solenne mollo
dopo l'età costantiniana. Coleste lamine adunque con-
secrate con quel segno di Cristo sembrano propriamente
de' tempi vicini alla legge promulgala da Costantino.
E così siam condotti ad assegnare a quei tempi il
Vittore acolilo della chiesa di s. Clemente, che al collo
d'un suo servo fuggiasco appese la lamina serbata nel
museo di Lelio Pasqualini. La qual lamina per questi
raziocinii conferma l'esistenza di quella basilica circa
l'età costantiniana, e ci rivela ch'essa allora aveva un
clero proprio.

Nè mancano altri argomenti, coi quali chiarire
fino quasi all'evidenza, che veramente quell'acolito di
s. Clemente servì la chiesa romana ne'primi anni della
pace e del trionfo. Egli non prende il nome di acolytus
basilicae o tituli s. Clementis ma di acolytus a do-
minico Clementis. Che la voce dominicum nell'antichità
abbia significato la casa del Signore, cioè la chiesa,
è cosa noia; ma convien sapere in qual tempo l'uso
di quell'appellazione sia stato commune, in quale sia
venuto scemando e scomparendo. Tra le romane iscri-
zioni de' preti, de' diaconi e degli inferiori ministri,
tranne questa unica dell'acolito Vittore, non una sola
chiama dominicum la basilica, cui il prete od il chierico
era addetto. In esse è scritto, ora semplicemente a ca-
gion d'esempio lector de Pudentiana, ora per disteso
lector tituli Fasciolae (3); segno manifesto, che nel-
l'età di quelle iscrizioni, cioè fin dalla seconda metà
del secolo quarto, non più si diceva acolytus a dominico

(1) Coi. Theod. IX, 40, 2.

(2) V. il commento del Gotofredo alla legge citata.

(3) Inscr. christ. T. 1, p. 153, n. 347; p. 12'(, n. 262.

Clementis, ma acolytus tituli o basilicae Clementis. E
veramente s. Cipriano ci dimostra, che la voce domi-
nicum nell' età delle persecuzioni denotava l'edificio,
nel quale i fedeli si congregavano (1). E i cristiani
ne' primi tempi della pace tanto erano usi a quella
voce, che adoperando la nuova appellazione basilica,
fino a quei dì stata propria di edifici pubblici e pro-
fani, la spiegavano coll'equivalente dominicum. Così il
pellegrino,che nel 333 descrisse il suo viaggio da Bor-
deaux a Gerusalemme, della basilica eretta da Costan-
tino sul s. sepolcro notò: ibi modo jussu Cotistantini
imperatoris basilica facta est, id est dominicum mirae
pulchritudinis (2). Ma a poco a poco i fedeli s'avvez-
zarono alla voce basilica, che col tempo divenne esclu-
sivamente religiosa e cristiana, e dell'antica appella-
zione dominicum rimase la memoria e l'intelligenza
negli scrittori ecclesiastici, ma nell'Occidente e segna-
tamente in Roma l'uso quotidiano presto cessò. Ecco
adunque un nuovo argomento, che richiama la nostra
lamina all'età incirca di Costantino, la voce dominicum
in essa adoperata, e non nelle iscrizioni posteriori alla
metà del secolo IV.

Infine la data di questo rarissimo monumento è
anche in qualche guisa determinata dal confronto delle
due leggende incise nelle due faccie.U Corsini avrebbe
voluto scoprire l'età dell'ignoto Euplogio prefetto di
Roma, ma non trovò argomento, che lo ajutasse (3).
Egli bene s'avvide, che la lamina aveva servito prima
ad uno e poscia ad un'altro padrone; non seppe però
decidere, se prima a Vittore e poscia ad Euplogio.
Ora il Pignorio , che la vide nel museo Pasqualini,
ci attesta, che l'iscrizione di Vittore era bella e re-
golarmente incisa, quella di Euplogio negligentissima
e appena graffiata colla punta d'un ferro quasi a fior di
superficie in summa veliti cute cultelli acumine exarata
negligentius (4). Donde è chiaro, che prima e più an-
tica è 1' iscrizione dell' acolilo , posteriore quella del
prefetto di Roma. Se verrà il giorno, in che qualche
epigrafe ci darà notizia di quel prefetto e degli anni
in ch'egli resse la città, allora sapremo con certezza
la data almen negativa dell'età dell'acolito; sapremo
cioè prima di quale tempo egli visse. Io veramente
non trovo indizio di queir Euplogio, nè d'un qualsi-
voglia personaggio chiamato con questo raro cognome.
Olimpiodoro presso Fozio fa menzione d'un Eupluzio
(EÙTrXsvrro;), che nel 416 fu mandato da Onorio a
trattare con il Goto Àtaulfo la restituzione di Placidia
sorella dell'Augusto, e l'ottenne (5). Un siffatto am-
basciatore potè bene ascendere poi fino all'urbana pre-
fettura. Ma Euplutius ed Euplogius od Euplocius sono
nomi diversi , benché possano essere stati scambiati
l'uno coll'altro; e ciò, che più monta, mi sembra pro-
babile, che l'Euplogio ricordato dalla lamina sia più

(1) Bingham, Ani. christ. lib.VHI, c. 1: Du Cange, Gloss. v. Dominicum.

(2) V. Ilinerar. Hierosohjmit. edit. Parthey et Pindcr p. 280.

(3) Corsini, Ser. praef. Urbis, p. 359.

(4) Pignorine, De scrvis, p. 21.

(5) Photiiis, Biblioth. ed. Bekker 61, a, i.
 
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