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Bandini, Angelo Maria
De obelisco Caesaris Augusti e Campi Martii ruderibus nuper eruto commentarius — Rom, 1750 [Cicognara, 2516]

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https://doi.org/10.11588/diglit.8409#0178

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( XXXVI )

Severino Boezio ancora 1 chiama le notti esiive bre-
vi , e agili :
Tu cum fervida venerit aeftas,
Agiles nodtis dividis horas .
Seneca sinalmente in Agamennone 1 così serine :
Sed cur repente nocìis eitive vices
Hyberna longa spatia producunt mora ?
Nel giorno poi equinoziale la ora diurna ercL->
tguale alla notturna ; e perciò le ore equinoziali si
chiamavano ancora eguali. Cadendo poi il mezzo-
giorno in qualunque tempo dell' anno nell' ora Sesia
del giorno , non si chiamava quesii altrimenti, che
che col nome di Ora Sefta .
Premejso ciò , vengo adejjb al mio intento , e
primieramente avverto, che il piano Orizontale, su
cui su posio V Obelisco nel Campo Marzo, sojse di
tal grandezza , che uguagliale V ombra meridiana
del Solstizio invernale , gettatavi siopra dall' Obeli-
sco . Nepretese di dire altro Plinio con quelle parole 5,
appianata la pietra secondo la grandezza dell'O-
belisco, al quale fosse pari l'ombra d'un dì d'in-
verno a Roma nella sella oxx,\mperocche quelle pa-
role, al quale fosse eguale , non fi devono intendere
cosi ; cioè che la grandezza dell' Obelisco sojse eguale
alla ombra meridiana di esso nel tempo dello invernale
Solstizio , essendo chiaro 4, che la ombra meridiana,
proveniente dall' Obelisco nel tempo brumale , dove-
va eccedere più di due volte la di lui lunghezza .
Adunque quelle parole di Plinio debbonsinon all' O-
lehsco, ma al piano Orizontale unicamente riseri-
re ; e perciò /' ombra dell' Obelisco meridiana , nel
tempo del Solstizio invernale eguagliava la lunghez-
za del detto piano . Che maraviglia adunque , fe il
Bellonio nel celebre suo trattato della eccellenza
dell' opere antiche 5, ha giudicato , che il laslrico di
pietra non sojse più lungo della ombra meridiana ?
Poiché io sono di fentimento , die' egli, che Au-
gurio intorno all' Obelifco appianarle la terra
con pietre, ma non più lungi, di quel che com-
portalfe l'ombra dell' ora vi. del giorno .
Parlando adunque in generale Plinio della
grandezza del laslrico, e dicendo non ejsere essa_->
maggiore dell' ombra meridiana massima, con ag-
giunger anzi che sojse quella eguale a quesia , chi non
vede, che ivi era la majsima ini fura del laslrico,
dove era tirata la meridiana , e che un tal laflrico
fu fatto fare da Augufìo con fine, non di fare con
esso un'orologio, ma di tirarvi una linea meridia-
na} E in fitti, se l' Obelifco collocato nel Campo
Marzo avejse dovuto fervire di gnomone d' un O-
rologro , tale dovea ejsere l' ampiezza del laflrico,
che potejse ricevere le ombre , che indicavano le ore
della mattina, e della fera nel tempo brumale : que-
fte ombre poi chi v e che dubiti, ejfere fiate pili lun-
(1) Severinus Boetius lib. i. De Con/. Tbìlos. Metr. v.
(2) Seneca Agam. ver. Lui,
(3) Lib. xxxvi. eap.ix.

Severinus quoque Boetius 1 aeftivas noestes breves
agilesque vocat :
Tu cum servida venerit afias
Agiles nocìis dividis horas .
Seneca tandem in Apamemnone 1 hec recensuit :
Sed cur repente neclis afiiva vices
Hyberna longa spatia producunt mora ?
Porro equinoziali die hora diurna , nottur-
ne equalis erat ; hinc equinodtiales hore aqua-
les etiam dicebantur. Cum vero meridies die
quolibet in horam diei sextam incideret, is non
alio , quam hora sexta nomine vocabatur .
Hisce premissis , ad inftitutum jam venio , il-
ludque in primis adverto, planum Horizontale,
cui superimpositus Obeliscus erat in Campo
Martio , tante magnitudinis extitilse , ut meri-
dianam umbram , hyberni Solstitii tempore , ab
Obelisco projectam adequaret ; neque aliud
quidpiam illis verbis exprimere Plinius intelle-
xit %:jlrato lapide ad magnitudinem Obelisci, cui par
sieret umbra, bruma consetta die, hora fexta ; non
enim ita intelligenda sunt ea verba, cui par sie-
ret , ut Obelisci magnitudo meridiane ejufdem
umbre hyberni Solsimi tempore equaretur,
cum compertum 4 exploratumque sit, meridia-
nam umbram brumali tempore ab Obelisco
projecìam , ejufdem altitudinem plufquamdua-
bus vicibus excedere debuine. Ea igitur Plinii
vei ba non quidem ad Obeliscum , sed ad pla-
num horizontale funt unicè referenda ; proin-
deque meridiana Obelisci umbra hyberni Sol-
ltitii tempore, ejufdem plani longitudinem ad-
equabat. Quid mirum igitur , fi Bellonius in ce-
lebri de Operum Antiquorum prajìantia tradla-
tu 5 ftratum lapideum , meridiana umbra non
siline Jongius judicaverit ? Puto enim, inquit,
Augujìum circa Obeliscum firavijse humum lapidi-
bus , fed non long 'ms , quam umbra hora sexta diei.
Cum itaque Plinius generatim agens de Arati
lapidei longitudine , eam maxima meridiana
umbra non majorem depraedicet, quin illam
huic equalem suilfe afierat, quis non videt,
ibi firati lapidei fuilfe maximam dimenfionem ,
ubi meridiana deferipta erat : adeoque non ea
ratione ftratum illum lapideum fuilfe Augusii
tempore elaboratimi , ut inde fieret horolo-
gium , fed ut meridiana linea duceretur ? Ac re
quidem vera fi Obelifcus in Campo Martio po-
situs gnomonis geffilfet vices in horologio , ea
sutura erat ftrati lapidei magnitudo, ut umbras,
quas matutinas vefpertinafque horas brumali
tempore defignarent , excipere potuilfet ; has
autem nmbras meridiana brumali umbra lon-
giores
(4) Kircherus in illuftrationibus Obelifc. Pamph.
{;) L\b.\. cap.vm.
 
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