I
LA SCULTURA DALMATA NEL XV SECOLO
ON tutta probabilità, Niccolò di Giovanni fiorentino, com-
pagno di Andrea Alessi da Durazzo nella decorazione
magnifica della cappella Orsini del duomo di Traù, sì
educò a Padova. Potrebbe supporsi che sia lo stesso scul-
tore il quale lavorò nella chiesa del Santo, e non, come
si crede, Niccolò di Piero Lamberti,1 2 il quale si recò a
Venezia in età avanzata, nel 1419, per lavorare nella ba-
silica di San Marco, in parte distrutta da un incendio
avvenuto in quell’anno. Ricorda il Gonzati3 che, dal di-
cembre del 1436 al marzo del 1437, Niccolò da Fiorenza
taypria eseguì due tondi con figure, sopra la porta vi-
cina alla cappella fondata dai Lupi, detta di San Felice.
La data 1436-1437, anteriore all’andata di Donatello a
Padova, può sembrare troppo antica per Niccolò, che subì influssi donatelliani ; ma c’è
nella Cattedrale di Traù un trittico in pietra (fig. 1) così impregnato di sentimento squar-
cionesco, da farci pensare che proprio negli anni in cui lo Squarcione tenne studio, Nic-
colò Fiorentino, insieme con Gregorio Schiavone detto il Dalmata, con Bernardo da
Parenzo, con Marco Zoppo, col Mantegna e con tanti altri, si erudisse nell’arte. Arri-
vato Donatello a Padova, Niccolò ne subì la potenza, e si apparò alla classica, pur man-
tenendo le forme che sembrano sbalzate in metallo de’ suoi compagni squarcioneschi, le
pieghe delle vestimenta in essi consuete, disegnantisi in ovali e in cerchi, come la decora-
zione a festoni di frutta e fiori, propria di tutta la scuola dello Squarcione.
Una seconda notizia, che pure si credette relativa a Niccolò di Piero Lamberti, riguarda
Niccolò da Firenze, tagliapietra, che lavorò dal 1443-44, pare nella chiesa del Santo.4 Non trat
tavasi della tramezera o parapetto, o cortina dell’altar maggiore della chiesa, come vuole il
Gonzati, ma della facciata, della faza de mezo, che Bartolomeo di Domenico tagliapietra diresse,
ed eseguì con pietre veronesi bianche e rosse, aiutato da Niccolò da Firenze e compagni,
e da maestro Giacomo tagliapietra veneziano, il quale eseguì otto colonnette, da maestro
Pipo fiorentino, da maestro Antonio che fece certi fioroni, da maestro Giovanni (Giovanni
Nani) fiorentino, che lavorò el fogliame, le fog'ie de i capitelli. Niccolò da P'irenze si limitò
1 V. articolo nel fascicolo precedente, pag. 30.
2 Cornelio de Faiiriczv, Niccolò di Piero Lam-
berti di Arezzo, in Arch. storico italiano, disp. 2a
del 1902.
,3 Gonzati, La Basilica di Sant’ Antonio di Padova,
Padova, 1852, I, n. 1.
4 II v. Fabriczv, nell’art. cit., riporta un conto
relativo a maestro Niccolò da Firenze, sotto la data
1443-1444, citando del Gloria la pag. xn, ove non è
parola di maestro Niccolò. La notizia è tratta invece
dal Gonzati, La basilica dì Sani’ Antonio di Padova,
I, c. XLIII. Proprio a pag. xii il Gloria avrebbe
dovuto riprodurre il documento pubblicato dal Gon-
zati ; e non lo riproduce, e non lo richiama.
L'Arte, XI, 15.
LA SCULTURA DALMATA NEL XV SECOLO
ON tutta probabilità, Niccolò di Giovanni fiorentino, com-
pagno di Andrea Alessi da Durazzo nella decorazione
magnifica della cappella Orsini del duomo di Traù, sì
educò a Padova. Potrebbe supporsi che sia lo stesso scul-
tore il quale lavorò nella chiesa del Santo, e non, come
si crede, Niccolò di Piero Lamberti,1 2 il quale si recò a
Venezia in età avanzata, nel 1419, per lavorare nella ba-
silica di San Marco, in parte distrutta da un incendio
avvenuto in quell’anno. Ricorda il Gonzati3 che, dal di-
cembre del 1436 al marzo del 1437, Niccolò da Fiorenza
taypria eseguì due tondi con figure, sopra la porta vi-
cina alla cappella fondata dai Lupi, detta di San Felice.
La data 1436-1437, anteriore all’andata di Donatello a
Padova, può sembrare troppo antica per Niccolò, che subì influssi donatelliani ; ma c’è
nella Cattedrale di Traù un trittico in pietra (fig. 1) così impregnato di sentimento squar-
cionesco, da farci pensare che proprio negli anni in cui lo Squarcione tenne studio, Nic-
colò Fiorentino, insieme con Gregorio Schiavone detto il Dalmata, con Bernardo da
Parenzo, con Marco Zoppo, col Mantegna e con tanti altri, si erudisse nell’arte. Arri-
vato Donatello a Padova, Niccolò ne subì la potenza, e si apparò alla classica, pur man-
tenendo le forme che sembrano sbalzate in metallo de’ suoi compagni squarcioneschi, le
pieghe delle vestimenta in essi consuete, disegnantisi in ovali e in cerchi, come la decora-
zione a festoni di frutta e fiori, propria di tutta la scuola dello Squarcione.
Una seconda notizia, che pure si credette relativa a Niccolò di Piero Lamberti, riguarda
Niccolò da Firenze, tagliapietra, che lavorò dal 1443-44, pare nella chiesa del Santo.4 Non trat
tavasi della tramezera o parapetto, o cortina dell’altar maggiore della chiesa, come vuole il
Gonzati, ma della facciata, della faza de mezo, che Bartolomeo di Domenico tagliapietra diresse,
ed eseguì con pietre veronesi bianche e rosse, aiutato da Niccolò da Firenze e compagni,
e da maestro Giacomo tagliapietra veneziano, il quale eseguì otto colonnette, da maestro
Pipo fiorentino, da maestro Antonio che fece certi fioroni, da maestro Giovanni (Giovanni
Nani) fiorentino, che lavorò el fogliame, le fog'ie de i capitelli. Niccolò da P'irenze si limitò
1 V. articolo nel fascicolo precedente, pag. 30.
2 Cornelio de Faiiriczv, Niccolò di Piero Lam-
berti di Arezzo, in Arch. storico italiano, disp. 2a
del 1902.
,3 Gonzati, La Basilica di Sant’ Antonio di Padova,
Padova, 1852, I, n. 1.
4 II v. Fabriczv, nell’art. cit., riporta un conto
relativo a maestro Niccolò da Firenze, sotto la data
1443-1444, citando del Gloria la pag. xn, ove non è
parola di maestro Niccolò. La notizia è tratta invece
dal Gonzati, La basilica dì Sani’ Antonio di Padova,
I, c. XLIII. Proprio a pag. xii il Gloria avrebbe
dovuto riprodurre il documento pubblicato dal Gon-
zati ; e non lo riproduce, e non lo richiama.
L'Arte, XI, 15.