CORRIERI
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con altre opere di detta scuola. Le figure femminili
e i putti si direbbero senza sopracciglia ; la foggia
delle maniche sparate e senza sboffi, e l’acconciatura
del capo di dette figure non solo richiamano alla
mente tutto il fare della scuola di Giovanni Santi, ma
rivelano altresì nella fredda espressione dei volti qual-
che cosa di quella immobilità che non di rado riscon-
triamo anche in figure e personaggi d’altri pittori del
tempo, di Cola d’Amatrice, ad esempio, di Marco
Pai mezzano, e di tanti altri.
Certo è ad ogni modo che la tavola di frate Fa-
biano sta ad indicarci come le tradizioni della scuola
e quindi anteriore di circa un terzo di secolo dal
primo, tolto, molti anni sono, dalla famiglia urbinate
del dott. Santopadre che ne era proprietaria, da una
chiesina campestre a pochi chilometri da Urbino.
Come si vede dall’unita fotografia, il dipinto esprime
la Madonna col putto, in piedi, sulle ginocchia della
madre. Ai lati stanno il Battista e San Francesco, il
quale stringe un crocifisso nella sinistra ed è in atto
di porgere al bambino una piccola croce. Dietro que-
ste figure è un postergale coperto nel mezzo da un
panno rosso con bordo giallo oro ; più in alto, dietro
la testa della Vergine è una tenda fiorata, presso cui
iniziata dal padre di Raffaello durassero in Urbino
fin oltre il primo trentennio del secolo xvi ; cade
quindi la congettura affacciata dal P. Marchese, il
quale stimava assai verosimile che fra’ Fabiano deri-
vasse da un altro pittore domenicano urbinate, l’enig-
matico Bartolomeo Corradini, detto Fra’ Carnevale.
* * *
Con caratteri della stessa scuola del Santi ma ben
più spiccati e precisi che non quelli della tavola di
fra’ Fabiano, presento un altro lavoro, un affresco
che io vidi ancora aderente al muro, e che fino a
qualche tempo fa conservavasi, in deposito, in una
sala dell’ Istituto di belle arti di Urbino (fig. 2).
brattasi di un dipinto del principio del Cinquecento,
st vedono due angioletti a mani giunte; altri due an-
gioli con le ali spiegate reggono un nastro — motivo
derivante alla vecchia scuola urbinate, pel tramite del
suo discepolo ed amico, da Melozzo da Forlì, — in
cui originariamente era una leggenda, ora non in
tutto decifrabile, che si riferiva ai due santi su ri-
cordati.
Tutto ci parla in questo affresco della maniera di
Giovanni Santi : i putti adoranti dal grosso capo, dalle
piccole aureole, paffuti e quali si vedono in quasi
tutti i quadri di Giovanni ; la foggia usata dall’ignoto
pittore nelle vesti degli stessi angeli ; il piegare duro
quasi tagliente nel manto verde cupo del Battista,
l’acconciatura, così caratteristica, del capo della Ver-
gine e, infine, la composizione graziosa del quadro
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con altre opere di detta scuola. Le figure femminili
e i putti si direbbero senza sopracciglia ; la foggia
delle maniche sparate e senza sboffi, e l’acconciatura
del capo di dette figure non solo richiamano alla
mente tutto il fare della scuola di Giovanni Santi, ma
rivelano altresì nella fredda espressione dei volti qual-
che cosa di quella immobilità che non di rado riscon-
triamo anche in figure e personaggi d’altri pittori del
tempo, di Cola d’Amatrice, ad esempio, di Marco
Pai mezzano, e di tanti altri.
Certo è ad ogni modo che la tavola di frate Fa-
biano sta ad indicarci come le tradizioni della scuola
e quindi anteriore di circa un terzo di secolo dal
primo, tolto, molti anni sono, dalla famiglia urbinate
del dott. Santopadre che ne era proprietaria, da una
chiesina campestre a pochi chilometri da Urbino.
Come si vede dall’unita fotografia, il dipinto esprime
la Madonna col putto, in piedi, sulle ginocchia della
madre. Ai lati stanno il Battista e San Francesco, il
quale stringe un crocifisso nella sinistra ed è in atto
di porgere al bambino una piccola croce. Dietro que-
ste figure è un postergale coperto nel mezzo da un
panno rosso con bordo giallo oro ; più in alto, dietro
la testa della Vergine è una tenda fiorata, presso cui
iniziata dal padre di Raffaello durassero in Urbino
fin oltre il primo trentennio del secolo xvi ; cade
quindi la congettura affacciata dal P. Marchese, il
quale stimava assai verosimile che fra’ Fabiano deri-
vasse da un altro pittore domenicano urbinate, l’enig-
matico Bartolomeo Corradini, detto Fra’ Carnevale.
* * *
Con caratteri della stessa scuola del Santi ma ben
più spiccati e precisi che non quelli della tavola di
fra’ Fabiano, presento un altro lavoro, un affresco
che io vidi ancora aderente al muro, e che fino a
qualche tempo fa conservavasi, in deposito, in una
sala dell’ Istituto di belle arti di Urbino (fig. 2).
brattasi di un dipinto del principio del Cinquecento,
st vedono due angioletti a mani giunte; altri due an-
gioli con le ali spiegate reggono un nastro — motivo
derivante alla vecchia scuola urbinate, pel tramite del
suo discepolo ed amico, da Melozzo da Forlì, — in
cui originariamente era una leggenda, ora non in
tutto decifrabile, che si riferiva ai due santi su ri-
cordati.
Tutto ci parla in questo affresco della maniera di
Giovanni Santi : i putti adoranti dal grosso capo, dalle
piccole aureole, paffuti e quali si vedono in quasi
tutti i quadri di Giovanni ; la foggia usata dall’ignoto
pittore nelle vesti degli stessi angeli ; il piegare duro
quasi tagliente nel manto verde cupo del Battista,
l’acconciatura, così caratteristica, del capo della Ver-
gine e, infine, la composizione graziosa del quadro