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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. I
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0073

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MISCELLANEA

L’opera di Benozzo Gozzoli in Santa Rosa di
Viterbo. — Della molteplice opera di decoratore che
Benozzo Gozzoli prodigò, durante la sua lunga vita,
nelle terre del Lazio, della Toscana e dell’Umbria,
due notevoli cicli d’affreschi non sono giunti fino a
n°i- — L’uno è quello che egli imaginò quando —
secondo il Vasari — « nella medesima citta di I isa
alle monache di San Benedetto a Ripa d’Arno di-
I inse tutte le storie della vita di quel santo >> ', 1 altio
è quello che negli anni suoi giovanili dipinse in Santa
Rosa di Viterbo e che il Vasari non ricorda neppure.
Due cicli dunque che potevano rappresentarci due
tappe nella evoluzione dell’artista ; ma, mentre le sto-
rie di San Benedetto nel convento pisano furono fatte
quand già Benozzo era maturo nell’arte e negli anni,
quando aveva forse già intrapreso j decorare la pa-
rete di Campo Santo ed aveva quindi ormai formato
completamente la sua scuola ed il suo stile, le storie
della chiesetta di Viterbo avrebbero dovuto apparire
per noi come degne di maggiore interesse poiché
rappresentavano uno dei primi passi di Benozzo nel-
l’arte di decorare pareti di chiese e di conventi, di
assurgere cioè a commentatore dei sacri testi e delle
sacre leggende.

Quando Benozzo nel 1453 1 fu chiamato dalle mo-
nache di Santa Rosa a decorare la loro chiesa con le
storie della Santa aveva trentatrè anni e da quattro
anni circa era uscito dalla bottega dell’Angelico per
battere liberamente le ali. Dopo essere stato col suo
maestro di valido aiuto ad Orvieto ed a Roma, dopo
aver dipinto prima in vari luoghi della Campagna
romana ed essere stato dal '50 al *52 a Montefalco,
egli si trovava al principio della virilità con un largo
corredo di insegn : menti, appresi in quasi un decennio
di studio, e con una già matura esperienza nell’arte
del l’affresco.

Ma a Montefalco — noi lo vediamo chiaramente —

1 C. L. (Ceccotti Luca), Descrizione di 9 storre di Santa Rosa
dipinte da Benozzo nel 14SS c0" commentario storico. Viterbo,
Tip. Pompei, 1872. Questo opuscolo, oggi molto raro, e le fologiafie
delle copie mi furono favoriti dalla cortesia del comm. Ricci diret-
tore generale delle Belle Arti ed a liti devo renderne grazie.

quantunque egli già dimostrasse più o meno evolute
tutte quelle caratteristiche di disegno e di tecnica che
poi dovevan formare il suo stile, pure non ancora si
poteva liberare dall’influenza della scuola dell’Ange-
lico, 1 non ancora appariva sicuro di se stesso, sicuro
di quella sua grande abilità di narratore vivace e ta-
lora arguto, che formò poi uno dei suoi vanti mag-
giori.

A Montefalco egli era ancora il timido scolare del-
l’Angelico, che del maestro irrozziva un poco le forme
serafiche e copiava talora, come negli spicchi della
volta della Cappella in San Francesco, gli stessi motivi
e le stesse attitudini dettategli a Roma nella decora-
zione della cappella di Niccolò V. Ed oltre al fresco
ricordo della pittura del frate, Benozzo aveva a Mon-
tefalco un altro impaccio allo sgorgare libero della
sua vena : l’esempio delle pitture giottesche in Assisi
che a lui, nuovo illustratore della vita di San Fran-
cesco, là dove era stata vissuta, furono continuamente
presenti nel concepire e nell’eseguire il coro di Mon-
tefalco.

A Viterbo quindi Benozzo deve essere andato con
animo lieto, desideroso di sperimentare per la prima
volta la sua abilità e la sua fantasia ; era il primo
passo che egli muoveva da solo e per questo appunto
noi rimpiangiamo che quel ciclo d’afìreschi sia andato
perduto. Vi avremmo visto come egli si fosse saputo
meglio emancipare dalle influenze dell’Angelico e di
Giotto, e preparare con una vigoria tutta nuova, pro-
mettere con una gaiezza tutta sua la decorazione
della Cappella dei Magi nel palazzo del suo « amico
singhularissimo » Messer Piero de’ Medici.

Il tema che le monache viterbesi offrivano a Be-
nozzo non era, a dir vero, fra i migliori : se la nar-
razione della vita di San Francesco mal si confaceva
con lo spirito tutt’altro che serafico dell’arte e del
carattere del Gozzoli, altrettanto male egli doveva
trovarsi nell’imaginare e nello scegliere le scene più
significative della vita della vergine viterbese morta

1 Lo si vede facilmente nella tavola dipinta per San Fortunato
di Montefalco, ora nella pinacoteca vaticana,
 
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