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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. 3
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0267

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CORRIERI

Notizie di Lombardia.

La mostra di ritratti del Settecento alla pa-
lazzina della « Permanente >>. — Le esposizioni ar-
tistiche sono come la maggioranza dei libri mediocri
od anche cattivi, nei quali c’è tuttavia quasi sempre
qualche cosa da imparare ; anche in quelle non pie-
namente riescite, persino poveruccie, qualche opera
piacevole, qualche opera utile per lo studio c’è sempre.

La mostra dei ritratti del Settecento, che testé ri-
mase aperta poco più di un mese alla « Permanente »,
per quanto lasciasse a desiderare sotto più aspetti,
come dirò in ultimo, tuttavia comprendeva alcune
opere pregevoli ed altre assai interessanti.

Formata quasi completamente con imprestiti di pri-
vati milanesi e bergamaschi, annoverava ritratti di ar-
tisti in maggioranza dell’Italia superiore e specialmente
lombardi, ma non vi mancavano ritratti di pittori di
altre regioni d’Italia, ed anche di pittori stranieri.

Il ritrattista più largamente rappresentato fu il
Fra’ Galgario, o Vittore Ghislandi di Bergamo, vis-
suto dal 1655 al 1743. Di questo valente tardo se-
guace della gran scuola veneziana, il solo raccoglitore
signor Giuseppe Beltrami ne aveva imprestato venti-
cinque : alcuni a figura intera, tutti gli altri mezze fi-
gure e busti, costituenti una serie veramente preziosa
per lo studio della maniera anzi della parabola del
potente artista, dallo stile largo e grandioso, chiaro-
scuro di grande forza plastica e di vigoroso e caldo
colorito, di impasto denso e intenso come lo smalto.
Prezioso fra tutti l’autoritratto dell’artista stesso, mite
e pensoso come ce lo ricorda il suo biografo Fran-
cesco Maria Tassi. 1

Alcuni altri ritratti dipinti dallo stesso Fra’ Gal-
gario, favoriti da altri possessori, giovarono ancora
assai per uno studio sempre più completo della sua
maniera, sovra tutto il ritratto di un frate carmeli-
tano, mezza figura mandata dal conte Gianforte Suardi

1 Vite de' pittori, scultori ed architetti bergamaschi. Bergamo,
Locateli! 1793.

di Bergamo ; magnifico pezzo di pittura larga e vigo-
rosa, un vero riflesso di Tiziano ; e così pure la gran
tela in cui sono ritrattati a figura intera due gentiluo-
mini in atto di discendere uno scalone ; disposizione
originale ed efficace che conferisce un vero senso di
naturalezza e di verità. I due gentiluomini furono il
marchese Giuseppe Maria Rota ed il capitano Antonio
Brinzago di Lodi ; lo scalone è quello tuttora esistente
dello stesso palazzo Rota, ora Locatelli-Milesi in Ber-
gamo.

La scuola veneziana era rappresentata da alcuni
buoni ritratti di Pietro Ponghi e da pastelli della Ro-
salba Carriera, anzi era della Rosalba l’opera più bella,
più attraente di tutta quanta l’esposizione. Quando,
attraverso la sequela di parecchie sale monotone di
illuminazione ed ubicazione disadatta per ritratti, si
perveniva al salone V, un bell’ambiente illuminato di
fianco da grande, alto finestrone, si provava un vero
sollievo, pareva di uscire da una lunga e tetra gal-
leria di ferrovia e trovarsi all’aperto nell’ambiente
gaio, lieto, sorridente, come capita a chi viaggia lungo
la riviera ligure di levante. Ed appunto in questa gra-
ziosa sala ben arredata si restava davvero affascinati
dal pastello della Rosalba, mandato dal principe Pio
Falcò, rappresentante in busto una gentildonna della
sua famiglia, ritiensi la principessa Isabella Pio di
Savoia, andata sposa ad un Valcarzel e morta nel 1799.
La giovane dama è nella freschezza dei suoi anni più
belli, risplendente di grazia e di venustà. 11 pastello
meravigliosamente conservato ci dà la delicatezza della
carnagione, la finezza dei capelli biondi cenerognoli
incipriati, il lampeggiare degli occhi ardenti. Una sot-
tile e graziosa cornice del tempo inquadra ancora
quest’incantevole dipinto, che da sè solo valeva tutta
la esposizione e molto più ancora !

Dei lombardi molti nomi e molte assenze, man-
cante persino il Biondi. Meno male che c’eran alcuni
ritratti di mano del grande Andrea Appiani, del quale
è ben vero, pare incredibile, che in Milano se ne sian
trovati così pochi, tutt’al più una mezza dozzina.

Comunque, meno male che fra questi pochissimi,

L'Arte. XIII, 29.
 
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