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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. 3
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Zappa, Giulio: Bramante alla Certosa di Pavia
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0202

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GIULIO ZAPPA

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frescate da questo si raccordassero nel modo più logico e spontaneo con le pareti esterne
ch’egli doveva adornare, con l’abbracciarle e incorniciarle entro un perfetto organismo ar-
chitettonico, in cui tutto si coordina necessariamente, e ch’egli tuttavia creò senza sforzo,
assecondando la struttura stessa della chiesa. In ognuna delle due estremità della croce egli
strinse e fasciò, per cosi dire, il catino dell’absidiola fra due larghe simulate cornici, ricor-
renti in tutto il braccio della navata; posò l’inferiore di esse, ch’è ravvivata da un vaghis-
simo fregio d’amorini, su un ordine di finte lesene floridamente e fantasticamente istoriate ;
e piantò sulla superiore due robusti angeli, che stendono simmetricamente col braccio
esterno due grossi festoni di frutta e di fiori appesi al tondo finestrone superiore. Nei due
vani rettangolari che questa specie di impalcatura determina lateralmente ed esternamente
alla tazza dell’abside, fìnse l’artista quasi in aerei e aperti loggiati, le due coppie di santi
da noi illustrate, che si rivolgono verso le celesti scene dipinte nel mezzo dal Bergognone,
le additano ai fedeli, vi assistono e vi partecipano anch’esse, insieme con le grandi genu-
flesse figure dei duchi di Milano. Il collegamento dei dipinti esterni con quelli dei lunet-
toni delle cappelle è perciò, dal punto di vista figurativo, tanto intimo, da render forse
inosservata ai più, almeno a prima vista, la diversità stilistica da noi rilevata.

La medesima energica mano che ha dipinto quelle otto figure intere di santi ha pure
indubbiamente colorito, con le stesse tinte schiette e con lo stesso tono rossiccio delle carni,
la mezzti figura dell 'Ecce Homo già da noi descritta e riprodotta, e gran parte de’ tondetti
contenenti, entro una ghirlanda d’alloro, forti teste di certosini, di profeti, di Sibille, che
intercalano a tratti il bel fregio inferiore, popolato da una folla di erotini, che qui muo-
vono ad incontrare fanciulle alate, là siedon con esse ad un convito nuziale, altrove dan-
zano, giocano, s’azzuffano, si rincorrono, propagando in tutta l’austera navata un fresco
soffio di gioia pagana. Basterebbe, sia detto per incidenza, questo solo particolare della de-
corazione del transetto, a far escludere da essa il nome del piissimo, quasi monacale Bor-
gognone !

Il motivo schematico di quell’ornato, l’alternarsi cioè di teste entro clipei a gruppi di
puftini, poteva già per sè solo suggerire la direzione nella quale dovevano muoversi le
nostre ricerche: esso ricompare, sostanzialmente identico benché variamente svolto, nella
decorazione del battistero di San Satiro a Milano, e in quella di cui restano scarse tracce
nella facciata nell’antico palazzo Fontana ed ora Silvestri, pure a Milano; tracce però suf-
ficienti a rivelarci tutto un simulato rivestimento architettonico strettamente analogo, per
la struttura, a quello del transetto della Certosa. Avremmo adunque già dovuto rientrare
nella cerchia dell’arte « Bramantesca » quand’anche non ci avessero attratto in esse le parti
figurative, a cui avevamo quasi esclusivamente badato, e in cui era parso di riconoscere
caratteri propri al maggior discepolo di Bramante: Bartolomeo Suardi detto il Bramantino.
F ben prima di noi il Carotti, limitandosi a osservare gài angeli del fastigio, aveva pro-
nunciato il nome di Bramante stesso. 1

Esaminiamo ora finalmente i quattro gruppi di santi da noi riprodotti. I due primi son
quelli che fiancheggiano l’Incoronazione di Maria dipinta dal Bergognone; a sinistra si fa tosto
riconoscere San Giorgio, accanto ad un altro giovine martire di cui invece, per la mancanza
di attributi speciali, non sappiamo indicare il nome (fig. 2). La figura del primo, magnifica
quasi eroica immagine di bellezza giovanile e di cavalleresca fierezza, erompe con la sua posa
spavalda dai limiti del breve spazio, che a mala pena sembra contenere tanta esuberanza di
vita e d’audacia. Mentre stringe e appunta delicatamente con la svelta, femminea mano la palma
del martirio al petto stretto entro la candida maglia crociata, il bellissimo cavaliere si pianta
vittoriosamente davanti al gran drago che si divincola trafitto a’ suoi piedi, ed ergendo
altera la bionda testa ricciuta, sembra ancora attendere, disfidando, un nemico. Il suo com-
pagno, che si tiene indietro, con riserbo, richiama gravemente, col gesto e coi grandi occhi

1 Giulio Carotti, Le opere dì Leonardo, Bramante e Raffaello. Milano, Hoepli, 1905.
 
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