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BIBLIOGRAFIA
88. Papini (Roberto) II deperimento delle pitture
murali nel Campo Santo di Pisa. (Bollettino d’Arte,
anno III, pag. 441-457. — Roma, 1909).
Il P., con la competenza che gli è data dalla notevole
conoscenza delle scienze fisiche e chimiche e dagli studi fatti
sui pittori del Campo Santo di Pisa, di uno dei quali, Be-
nozzo, ha pronta per le stampe una desiderata monografia,
esamina le cause fisiche e le conseguenti alterazioni chimiche,
che producono la lenta ma inevitabile rovina delle pitture
murali del suddetto Campo Santo, tenuto anche conto della
speciale tecnica usata dal frettoloso Benozzo e dei restauri
subiti dalle varie pitture per la cura amorosa dei pisani, a
cominciare fin da pochi anni c’opo l’esecuzione di esse.
Questi restauri, riusciti inutili e qualche volta dannosi
durano con varia vicenda fino alla metà del 1700, e al prin-
cipio del 1800 con la campagna del Tempesti e nel 1839
coi vari tentativi, o piuttosto palliativi, escogitati e attuati
prima da vari membri del Congresso degli scienziati, riuni
tosi in quell’anno a Pisa, e poi da una Commissione scelta tra
essi, si tentò ancora invano di trovare un rimedio alla rovina.
Riferiti poi altri due palliativi tentati dal Botti per conto
dell’Accademia pisana di Belle Arti tra il 1856 e il 57, il P.
passa ad esporre il sistema del riporto su rete metallica,
adoperato nel 1875 da Domenico Fiscali per alcuni tratti
delle pitture del Campo Santo, e ne mette in rilievo la bontà,
e conclude questa seria ed erudita esposizione storica e tecnica
delle cause del deperimento delle preziose pitture murali
facendo vedere, dopo un abile riassunto della questione, che
due soli mezzi di riparazione possono usarsi: o chiuder sotto
vetro le pitture, alterando così tutta l’opera decorativa, o
distaccarle e riportarle su rete metallica. Che questo ultimo
sia il rimedio da preferire ai molti già tentati, non v’è chi
noi vegga dalla lettura dello studio del Papini.
89. Sordini (Giuseppe) Gli Sparapane da Norcia.
Nuovi dipinti e nuovi documenti. (Bollettino d’arte,
anno IV, pag. 17 28. — Roma, 1910).
Si tratta di pitture murali di una chiesa di campagna
presso Norcia, nella valle Castoriana, denominala San Sal-
vatore, in parte ancora coperti da uno strato di calce, in
parte scoperti e recanti un’iscrizione col nome di Giovanni
Sparapane e del figlio Antonio e la data del 1464.
Altre pitture recano la data del 1466, del 1470, del 1474,
ma il S., che per primo le prende in considerazione, non
ha potuto in una breve visita determinare se anche queste
sono della stessa mano dei due Sparapane.
Nella stessa chiesa di San Salvatore è anche un polittico
rappresentante la Vergine e santi e che porta la firma del
solo Antonio Sparapane.
Il S. oltre alla illustrazione delle pitture offre un rias-
sunto di quanto degli Sparapane ci era fino ad ora noto, e
di quanto si può ora assodare e indagare su di essi, e dà
nomi e notizie di altri pittori norcini.
Arti minori.
90. Colasanti (Arduino) Il tesoro della Basilica
vaticana. (Emporium, voi. XXX, n. 180, pag. 403-414.
— Bergamo, 1909).
Con l’aiuto di documenti e di sagaci induzioni l’A. ci dà
una rapida informazione sulla natura e sulle ricchezze del
tesoro della Basilica di San Pietro, volta a volta, dall’epoca
di Costantino fino al sacco del 1527, dalla munificenza e dalla
pietà di papi, prelati, principi e fedeli costituito e rifatto e
dalla avidità dei saccheggiatori distrutto e disperso. Dell’at-
tuale tesoro poi, ricco di oggetti di culto di gran valore e
non privo di opere artisticamente notevoli, il C. illustra: la
Dalmatica detta di Carlomagno, che, pur ritenuta da tutti mai
usata nè da questo nè da altro imperatore, per l’età non riesce
ancora a trovare un posto sicuro tra 1’XI e il xvi secolo;
la croce di Giustino li, unico avanzo delle ràpine e degli
incendi; i due candelabri di bronzo dorato, detti del Pol-
iamolo, ma certo di una generazione posteriore e ingranditi
e bruttati con aggiunte più recenti ; i sei candelabri e la
croce, indicati promiscuamente come opere di Benvenuto Cel-
imi, mentre la croce e due candelabri sono di Marco di An-
tonio da Faenza, che segnò il suo nome in uno dei bracci
della croce, e di sua invenzione li dice nella leggenda di
una stampa in cui li riprodusse, e gli altri quattro cande-
labri vennero a completare l’altare sotto Urbano Vili nella
prima metà del sec. XVII.
Anche in questi candelabri e nei due di Antonio da P'aenza
Son da notare delle aggiunzioni sgraziate nelle basi e nei
nodi, molto somiglianti a quelle dei due candelabri detti del
Pollaiolo, aggiunzioni che ritornano anche nella croce oltre
al nodo con le api barberiniane notato dal C., e delle quali
bisogna tener conto in uno studio diligente di questi oggetti
che non sarebbe inopportuno.
91. Di Pietro (Fieippo) La Mostra dì stampe del
Bartolozzi negli Uffizi. (Pila d’arte, anno III, voi. V,
pag. 1-17. — Siena, 1910).
Una relazione sommaria, ma di buon gusto, delle due-
cento stampe del Bartolozzi, esposte nel dicembre dello scorso
anno agli Uffizi, arricchita da parecchie magnifiche riprodu-
zioni, da buoni accenni al carattere, all’arte, alla tecnica del
maestro, e da una informazione sulla storia della Raccolta
intera, costituita da più di mille esemplari, riuniti dal mu-
sicista Luigi Borghi, acquistati nel 1794 dal marchese Gio.
Batt. Guadagni, e lasciati in legato agli Uffizi nel 1865 da
un erede del Guadagni.
Per i lavori pubblicati ne L'ARTE sono riservati tutti i diritti di proprietà letteraria ed artistica
per IItalia e per l'estero.
Adolfo Venturi, Direttore.
Roma, Tip. dell’Unione Editrice, via Federico Cesi, 45.
BIBLIOGRAFIA
88. Papini (Roberto) II deperimento delle pitture
murali nel Campo Santo di Pisa. (Bollettino d’Arte,
anno III, pag. 441-457. — Roma, 1909).
Il P., con la competenza che gli è data dalla notevole
conoscenza delle scienze fisiche e chimiche e dagli studi fatti
sui pittori del Campo Santo di Pisa, di uno dei quali, Be-
nozzo, ha pronta per le stampe una desiderata monografia,
esamina le cause fisiche e le conseguenti alterazioni chimiche,
che producono la lenta ma inevitabile rovina delle pitture
murali del suddetto Campo Santo, tenuto anche conto della
speciale tecnica usata dal frettoloso Benozzo e dei restauri
subiti dalle varie pitture per la cura amorosa dei pisani, a
cominciare fin da pochi anni c’opo l’esecuzione di esse.
Questi restauri, riusciti inutili e qualche volta dannosi
durano con varia vicenda fino alla metà del 1700, e al prin-
cipio del 1800 con la campagna del Tempesti e nel 1839
coi vari tentativi, o piuttosto palliativi, escogitati e attuati
prima da vari membri del Congresso degli scienziati, riuni
tosi in quell’anno a Pisa, e poi da una Commissione scelta tra
essi, si tentò ancora invano di trovare un rimedio alla rovina.
Riferiti poi altri due palliativi tentati dal Botti per conto
dell’Accademia pisana di Belle Arti tra il 1856 e il 57, il P.
passa ad esporre il sistema del riporto su rete metallica,
adoperato nel 1875 da Domenico Fiscali per alcuni tratti
delle pitture del Campo Santo, e ne mette in rilievo la bontà,
e conclude questa seria ed erudita esposizione storica e tecnica
delle cause del deperimento delle preziose pitture murali
facendo vedere, dopo un abile riassunto della questione, che
due soli mezzi di riparazione possono usarsi: o chiuder sotto
vetro le pitture, alterando così tutta l’opera decorativa, o
distaccarle e riportarle su rete metallica. Che questo ultimo
sia il rimedio da preferire ai molti già tentati, non v’è chi
noi vegga dalla lettura dello studio del Papini.
89. Sordini (Giuseppe) Gli Sparapane da Norcia.
Nuovi dipinti e nuovi documenti. (Bollettino d’arte,
anno IV, pag. 17 28. — Roma, 1910).
Si tratta di pitture murali di una chiesa di campagna
presso Norcia, nella valle Castoriana, denominala San Sal-
vatore, in parte ancora coperti da uno strato di calce, in
parte scoperti e recanti un’iscrizione col nome di Giovanni
Sparapane e del figlio Antonio e la data del 1464.
Altre pitture recano la data del 1466, del 1470, del 1474,
ma il S., che per primo le prende in considerazione, non
ha potuto in una breve visita determinare se anche queste
sono della stessa mano dei due Sparapane.
Nella stessa chiesa di San Salvatore è anche un polittico
rappresentante la Vergine e santi e che porta la firma del
solo Antonio Sparapane.
Il S. oltre alla illustrazione delle pitture offre un rias-
sunto di quanto degli Sparapane ci era fino ad ora noto, e
di quanto si può ora assodare e indagare su di essi, e dà
nomi e notizie di altri pittori norcini.
Arti minori.
90. Colasanti (Arduino) Il tesoro della Basilica
vaticana. (Emporium, voi. XXX, n. 180, pag. 403-414.
— Bergamo, 1909).
Con l’aiuto di documenti e di sagaci induzioni l’A. ci dà
una rapida informazione sulla natura e sulle ricchezze del
tesoro della Basilica di San Pietro, volta a volta, dall’epoca
di Costantino fino al sacco del 1527, dalla munificenza e dalla
pietà di papi, prelati, principi e fedeli costituito e rifatto e
dalla avidità dei saccheggiatori distrutto e disperso. Dell’at-
tuale tesoro poi, ricco di oggetti di culto di gran valore e
non privo di opere artisticamente notevoli, il C. illustra: la
Dalmatica detta di Carlomagno, che, pur ritenuta da tutti mai
usata nè da questo nè da altro imperatore, per l’età non riesce
ancora a trovare un posto sicuro tra 1’XI e il xvi secolo;
la croce di Giustino li, unico avanzo delle ràpine e degli
incendi; i due candelabri di bronzo dorato, detti del Pol-
iamolo, ma certo di una generazione posteriore e ingranditi
e bruttati con aggiunte più recenti ; i sei candelabri e la
croce, indicati promiscuamente come opere di Benvenuto Cel-
imi, mentre la croce e due candelabri sono di Marco di An-
tonio da Faenza, che segnò il suo nome in uno dei bracci
della croce, e di sua invenzione li dice nella leggenda di
una stampa in cui li riprodusse, e gli altri quattro cande-
labri vennero a completare l’altare sotto Urbano Vili nella
prima metà del sec. XVII.
Anche in questi candelabri e nei due di Antonio da P'aenza
Son da notare delle aggiunzioni sgraziate nelle basi e nei
nodi, molto somiglianti a quelle dei due candelabri detti del
Pollaiolo, aggiunzioni che ritornano anche nella croce oltre
al nodo con le api barberiniane notato dal C., e delle quali
bisogna tener conto in uno studio diligente di questi oggetti
che non sarebbe inopportuno.
91. Di Pietro (Fieippo) La Mostra dì stampe del
Bartolozzi negli Uffizi. (Pila d’arte, anno III, voi. V,
pag. 1-17. — Siena, 1910).
Una relazione sommaria, ma di buon gusto, delle due-
cento stampe del Bartolozzi, esposte nel dicembre dello scorso
anno agli Uffizi, arricchita da parecchie magnifiche riprodu-
zioni, da buoni accenni al carattere, all’arte, alla tecnica del
maestro, e da una informazione sulla storia della Raccolta
intera, costituita da più di mille esemplari, riuniti dal mu-
sicista Luigi Borghi, acquistati nel 1794 dal marchese Gio.
Batt. Guadagni, e lasciati in legato agli Uffizi nel 1865 da
un erede del Guadagni.
Per i lavori pubblicati ne L'ARTE sono riservati tutti i diritti di proprietà letteraria ed artistica
per IItalia e per l'estero.
Adolfo Venturi, Direttore.
Roma, Tip. dell’Unione Editrice, via Federico Cesi, 45.