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GIUSEPPE ZTPPEL
afferma che il Palazzo di Venezia ebbe due distinti e separati periodi di costruzione nel-
l’epoca delle sue origini, vale a dire, durante la vita di Pietro Barbo. Sarebbesi costui limi-
tato a restaurare e ingrandire, mentr’era cardinale, l’antica dimora del Titolare, sopra una
superficie che corrisponde al tratto dell’ala orientale del palazzo, compresa fra il Giardino
e la monumentale porta d’ingresso verso Piazza di Venezia ; e questa fabbrica sarebbe stata
già compiuta nell’anno 1455, la più antica delle varie date scolpite nelle medaglie che furon
trovate nei fondamenti degli edifici di Paolo II.
Trascorsi nove anni, e assunto il Barbo (1464) al pontificato, questi avrebbe maturato il
progetto dell’attuale grandioso palazzo; e alla nuova costruzione in cui fu compresa, trasfor-
mandola, la prima fabbrica, sarebbesi dato principio nel 1466, l’anno che furono conchiusi
i contratti con gli appaltatori delle nuove opere murarie, messi in luce dal Muntz.1
Quanto all’epoca della costruzione del Palazzetto, ecco quel che scrive lo studioso vien-
nese: «...cominciò con ogni probabilità nell’estate del 1466 e — ad eccezione della orna-
« mentazione interna — si protrasse fino all’autunno del 1469. Anche qui dobbian fare men-
« zione di un risultato, non meno interessante, delle indagini tecniche compiute da A. V.
« Barvitius. E la importantissima constatazione, che anche per il Palazzetto sono da distin-
« guere due periodi edilizi: vale a dire, il piano terreno e il primo piano sono sorti nella
« stessa epoca, mentre il secondo piano venne aggiunto in un periodo posteriore, e proba-
« bilmente verso il 1490, poiché nel colonnato ionico si deve riconoscere nuli’altro che una
« variante del piano superiore dell’atrio Pontelliano dei Santi Apostoli ».
Con buona pace dell’egregio studioso, noi non possiamo accettare le sue conclusioni,
nè per la storia edilizia del Palazzo, nè, di conseguenza, per quella del Palazzetto. Se nes-
suna traccia è rimasta, per tutto il tempo del cardinalato e per i primi anni del papato del
Barbo, di quei libri di conto tenuti dalla Camera apostolica per la fabbrica di San Marco,
i quali ci permettono di seguirne passo passo i progressi negli anni che seguono, abbiamo
però una testimonianza sicura nel ricordo che l’annalista di Paolo li, Gaspare da Verona,
dedica al Palazzo di San Marco nel primo libro della sua cronistoria: col quale libro, scritto
nella primavera del 1465, l’autore non esce dai limiti dei primi sei mesi di codesto ponti-
ficato. Il passo del Veronese è il seguente:
« Illud addere possum, me testem fuisse et universum romanum populum, Paulum Se-
« cundum in palatium sancti Marci magnani argenti vini impedisse ; et facile credibile et
« verisimile est, ante pontificatimi summum eum aureorum quindecim milia molitoribus et
« architectis persolvisse, omni impensa tamen computata, lapidum, saxorum, calcis et magi-
« stroruin cum adiutoribus. In quo quidem robustissimo aedificio nullum lignum comperiri
« potuisse, praeter tectum, exteriora vero hostia cum fenestris ferratis, quis non videt ? Nec
« ante pontificatimi ipsum absolutum est ; quin instauraturus est templum ipsum, paene
« dirutum, et maiori magnificentia palatium amplificaturus ».2
1 E. Muentz, Les arts à la cour des papes, etc.,
Paris, 1879, voi. II, pag. 55 seg\, 289 seg. Dei due
contratti, concernenti solamente le opere murarie,
escluse quelle di scalpello, il primo fu stipulato con
Bernardo di Lorenzo da Firenze ai 26 di marzo 1466;
il secondo, ai 16 giugno dello stesso anno, con altri
quattro maestri : il preambolo e i capitoli d’appalto
sono gli stessi in ambedue gli atti. Non ci accordiamo
col Muntz, seguito dall’Egger, nel ritenere che il se-
condo contratto annullasse il primo, dacché è scritto nel
secondoch’esso era stipulato, «cum suaSanctitas inten-
« dat habere plures magistros architectos, et inter alios
« magistros contentetur haber distinctos viros etc. » ;
al contrario, nulla vieta di credere che Paolo II affi-
dasse ad altri maestri ancora, prima del marzo 1466,
lavori murari per gli edifici di San Marco, i cui con-
tratti non sieno pervenuti fino a noi, non essendo
completa la serie vaticana dei libri capitulorurn, che
comprende i due pubblicati. A proposito dei quali,
va osservato come il passo del capitolo primo, comune
ad ambedue, che nella edizione del Muntz (è anche
in quella precedente del Marini) suona « et rósi, et
simile, monete », vada letto « et così et similemente »,
secondo il testo originale (Arch. Vat. Diversorum ca-
meralium, t. 34, c. 92 a).
2 Le Vite di J^aolo II, ecc., ediz. G. Zippel, nella
nuova Raccolta Muratoriana, tomo III, parte XVI,
pag. 6.
GIUSEPPE ZTPPEL
afferma che il Palazzo di Venezia ebbe due distinti e separati periodi di costruzione nel-
l’epoca delle sue origini, vale a dire, durante la vita di Pietro Barbo. Sarebbesi costui limi-
tato a restaurare e ingrandire, mentr’era cardinale, l’antica dimora del Titolare, sopra una
superficie che corrisponde al tratto dell’ala orientale del palazzo, compresa fra il Giardino
e la monumentale porta d’ingresso verso Piazza di Venezia ; e questa fabbrica sarebbe stata
già compiuta nell’anno 1455, la più antica delle varie date scolpite nelle medaglie che furon
trovate nei fondamenti degli edifici di Paolo II.
Trascorsi nove anni, e assunto il Barbo (1464) al pontificato, questi avrebbe maturato il
progetto dell’attuale grandioso palazzo; e alla nuova costruzione in cui fu compresa, trasfor-
mandola, la prima fabbrica, sarebbesi dato principio nel 1466, l’anno che furono conchiusi
i contratti con gli appaltatori delle nuove opere murarie, messi in luce dal Muntz.1
Quanto all’epoca della costruzione del Palazzetto, ecco quel che scrive lo studioso vien-
nese: «...cominciò con ogni probabilità nell’estate del 1466 e — ad eccezione della orna-
« mentazione interna — si protrasse fino all’autunno del 1469. Anche qui dobbian fare men-
« zione di un risultato, non meno interessante, delle indagini tecniche compiute da A. V.
« Barvitius. E la importantissima constatazione, che anche per il Palazzetto sono da distin-
« guere due periodi edilizi: vale a dire, il piano terreno e il primo piano sono sorti nella
« stessa epoca, mentre il secondo piano venne aggiunto in un periodo posteriore, e proba-
« bilmente verso il 1490, poiché nel colonnato ionico si deve riconoscere nuli’altro che una
« variante del piano superiore dell’atrio Pontelliano dei Santi Apostoli ».
Con buona pace dell’egregio studioso, noi non possiamo accettare le sue conclusioni,
nè per la storia edilizia del Palazzo, nè, di conseguenza, per quella del Palazzetto. Se nes-
suna traccia è rimasta, per tutto il tempo del cardinalato e per i primi anni del papato del
Barbo, di quei libri di conto tenuti dalla Camera apostolica per la fabbrica di San Marco,
i quali ci permettono di seguirne passo passo i progressi negli anni che seguono, abbiamo
però una testimonianza sicura nel ricordo che l’annalista di Paolo li, Gaspare da Verona,
dedica al Palazzo di San Marco nel primo libro della sua cronistoria: col quale libro, scritto
nella primavera del 1465, l’autore non esce dai limiti dei primi sei mesi di codesto ponti-
ficato. Il passo del Veronese è il seguente:
« Illud addere possum, me testem fuisse et universum romanum populum, Paulum Se-
« cundum in palatium sancti Marci magnani argenti vini impedisse ; et facile credibile et
« verisimile est, ante pontificatimi summum eum aureorum quindecim milia molitoribus et
« architectis persolvisse, omni impensa tamen computata, lapidum, saxorum, calcis et magi-
« stroruin cum adiutoribus. In quo quidem robustissimo aedificio nullum lignum comperiri
« potuisse, praeter tectum, exteriora vero hostia cum fenestris ferratis, quis non videt ? Nec
« ante pontificatimi ipsum absolutum est ; quin instauraturus est templum ipsum, paene
« dirutum, et maiori magnificentia palatium amplificaturus ».2
1 E. Muentz, Les arts à la cour des papes, etc.,
Paris, 1879, voi. II, pag. 55 seg\, 289 seg. Dei due
contratti, concernenti solamente le opere murarie,
escluse quelle di scalpello, il primo fu stipulato con
Bernardo di Lorenzo da Firenze ai 26 di marzo 1466;
il secondo, ai 16 giugno dello stesso anno, con altri
quattro maestri : il preambolo e i capitoli d’appalto
sono gli stessi in ambedue gli atti. Non ci accordiamo
col Muntz, seguito dall’Egger, nel ritenere che il se-
condo contratto annullasse il primo, dacché è scritto nel
secondoch’esso era stipulato, «cum suaSanctitas inten-
« dat habere plures magistros architectos, et inter alios
« magistros contentetur haber distinctos viros etc. » ;
al contrario, nulla vieta di credere che Paolo II affi-
dasse ad altri maestri ancora, prima del marzo 1466,
lavori murari per gli edifici di San Marco, i cui con-
tratti non sieno pervenuti fino a noi, non essendo
completa la serie vaticana dei libri capitulorurn, che
comprende i due pubblicati. A proposito dei quali,
va osservato come il passo del capitolo primo, comune
ad ambedue, che nella edizione del Muntz (è anche
in quella precedente del Marini) suona « et rósi, et
simile, monete », vada letto « et così et similemente »,
secondo il testo originale (Arch. Vat. Diversorum ca-
meralium, t. 34, c. 92 a).
2 Le Vite di J^aolo II, ecc., ediz. G. Zippel, nella
nuova Raccolta Muratoriana, tomo III, parte XVI,
pag. 6.