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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. 5
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0424

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380

MISCELLANEA

far la lunga sosta che durò sino al 9 settembre 1420.

Nell’attesa di partire per Roma, secondo l’invito
ricevuto da Martino V, Gentile tornò alla città natale;
e la sua schiera dovette probabilmente sbandarsi. In-
tanto il papa giunto a Roma, non potendo aver Gen-
tile, che, durante l’attesa, aveva assunto impegni a
Fabriano e a Firenze, chiamò a sè Arcangelo di Cola
da Camerino. Tutto ciò si poteva in qualche modo
supporre, tenendo in conto che solo nel 1420 Arcan-
gelo si inscrive nella matricola dei pittori a Firenze ;
e che Martino V poteva bene averlo veduto a Brescia
con Gentile, quando, tornato dal concilio di Costanza,
visitò a Brescia i Malatesta, e invitò questo maestro a

toriche marchigiane. Nella chiesa di Monastero dell’Isola
comune di Cessapalombo, prese fuoco per biasimevole
incuria, un antico trittico esposto sopra vecchio altare
di legno. Questo trittico misurava in altezza m. 1.50
e in larghezza ni. 2 circa. Nel comparto centrale espri-
meva Cristo crocifisso, con ai lati la Vergine madre
e S. Giovanni : due angeli librati in aria raccoglievano
il sangue benedetto versato dalle ferite delle mani.
Nel comparto a destra, sotto due cerchietti, S. Venanzio
m. e S. Pietro : a sinistra S. Giovanni Battista e un
altro santo vescovo.

In uno dei pilastrini laterali v’eralaleggenda: ANNO
DOMINI MCCCCXXV PINXIT | ARCANGELUS

Roma, Galleria Vaticana. Arcangelo di Cola da Camerino: trittico,

(Fot. Anderson).

Roma. Tale concorrenza di fatti, non avrebbe tuttavia
permesso di fare il nome di Arcangelo di Cola da Ca-
merino, se a Riofreddo non si fosse manifestato un
seguace del Fabrianese ; nè tuttavia bastavano ancora
quei segni di derivazione, se non si fosse trovato un
punto di partenza per il giudizio, un’opera vera e pro-
pria di Arcangelo di Cola. Tutto quell’avvicinamento
di date, di nomi, di maniere poteva essere ingegnoso,
e pure ugualmente lontano dalla verità. Anche in pa-
recchie parti lo potrebbe essere oggi, benché sia dato
di presentare ai lettori de VArte un’opera vera e pro-
pria del pittore da Camerino.

Ricordiamo che esisteva nella chiesa di Monastero
dell’Isola, comune di Cessapalombo, un’ancona che
recava la data e la firma dell’artista. Prese fuoco nel
1889, e non restò più che a Milziade Santoni di farne
la funebre commemorazione nella Nuova Rivista Mi-
sena (1890, pag. 187 e sega). « La notte del 18 set-
tembre dello scorso anno 1889 », scriveva il dotto pre-
lato, « segnò una irreparabile sventura per le arti pit-

COLE DE—CAMERINO », Del quadro distrutto pre-
sentiamo ai lettori la riproduzione fornitaci dal profes-
sore Feliciangeli, che raccoglie con carità di patria e
con intelletto d’arte ogni memoria relativa ai maestri
del suo paese. La piccola fotografia, che tramanda il
ricordo dell’opera perduta per sempre di Arcangelo
di Cola, dà modo tuttavia di riconoscere, specie nella
Vergine presso la croce, un seguace del Fabrianese in
quel pittore.

Venuto meno per i confronti il quadro certo D’Ar-
cangelo di Cola che bruciò nel 1889, restava la spe-
ranza di ritrovarne un altro che nel 1880 dalla signora
Longland fu esposto a Londra nell’Acaclemy. Caval-
casene e Crowe ne dettero notizia nell’ « Appendice»
al volume III della loro Storia della Pittura ^Ed. Le
Mounier, 1885, pag. 343 e seg.), dicendo che esso si
componeva di due tavolette, un tempo unite in un
dittico, una delle quali rappresenta « la Vergine in
trono col Bambino seduto sulle ginocchia e tre angioli
per parte, due dei quali con un vaso di fiori ». Nella
 
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