436
GUGLIELMO PACCHIONI
le palpebre troppo grosse e gli zigomi troppo sporgenti,
le consentissero maggior nobiltà e gentilezza di volto, po-
trebbe dirsi bella e non sarebbe del tutto indegna della
inano di Fra Giovanni, il putto è piacevole e grazioso, il
San Gerolamo non è privo di una certa grandiosità di fi-
gura e di portamento. Il tono delle carni è delicato e ben
fuso, il colorito generale non mostra tincora quel predo-
minio del verde che del Gozzoli è tanto caratteristico; gli
azzurri, che ora sono quasi tutti caduti, lasciando scoperta
la preparazione bianca, ove crudemente le pieghe son se-
gnate a graffito, dovevano in origine aggiungere assai alla
vivacità, alla delicatezza e all’armonia dell’assieme.
Accanto ai grandi freschi del coro, per quanto essi siano
sciupati, queste pitture quasi meschine passarono inosser-
vate a quasi tutti i biografi, e anche il più recente di loro 1
non cita di esse che brevemente, in una nota, due storie
della vita di San Gerolamo. Non c’è davvero da dar loro
torto se negano a questa non felice manifestazione dell’arte
giovanile di Benozzo, la loro ammirazione: essa è davvero
una ben povera cosa, ma poiché è andata più delle altre
immune dalle manomissioni de’ restauratori vale a farci
comprender più addentro l’evoluzione del pittore in un mo-
mento che dovette esser per lui di grande incertezza e che
precedette di pochissimo una grande trasformazione.
Il Wingenroth non vede in questi affreschi che l’opera di
scolari :1 2 giudizio che appeirirà senza dubbio erroneo quando
si osservi ciò che sapevano fare gli scolari di Benozzo nel
chiostro di San Fortunato, ove rimangono certe orribili
figure con grandi occhi e grandissimi musi scimmieschi
chiaramente imitate dai tipi del Gozzoli. 3
Non è, d’altra parte, molto probabile che Benozzo, tra
il 1450 e il 1452, si trovasse già in condizioni tanto for-
tunate da poter avere sotto di sè una schiera di allievi ai
quali far eseguire i propri cartoni.
A Vienna, nella collezione Gzell, trovavasi un quadretto
con la Madonna tra due Angioli e Santi, che, a giudicare
dalla fotografìa,4 ha evidenti caratteri gozzoleschi del pe-
riodo giovanile. Se il personaggio inginocchiato nel basso della tavola è, come suppone il
Wingenroth, frate Jacopo da Montefalcone, il committente delle leggende di San Francesco
a Montefalco, il quadretto dovrebbe ascriversi agli anni 1450-52.
Della operosità di Benozzo Gozzoli, davvero meravigliosa anche in questo suo primis-
simo tempo non ci restano, credo, altri documenti.
Fig. 8 — Benozzo Gozzoli :
San Bernardino. Chiesa di San Fran-
cesco. Cappella di San Girolamo
(Fotografia Alinari).
Nel 1453, com’è noto, Benozzo era a Viterbo, intento a decorare la chiesetta di Santa
Rosa con nove storie di quella Santa. Di queste pitture, distrutte nel 1632, quando si rico-
1 Urbain Mengin, op. cit.
2 Die Jugendwerke, ecc.
3 Nella chiesa di Sant’Agostino (Montefalco) era
una tavola con la Vergine e i Ss. Pietro, Paolo, Se-
vero e Fortunato che ha caratteri notevolmente goz
zoleschi. Ha, se non erro, la data 1487.
4 N. 251 nel catologo del fotografo Loevvy.
GUGLIELMO PACCHIONI
le palpebre troppo grosse e gli zigomi troppo sporgenti,
le consentissero maggior nobiltà e gentilezza di volto, po-
trebbe dirsi bella e non sarebbe del tutto indegna della
inano di Fra Giovanni, il putto è piacevole e grazioso, il
San Gerolamo non è privo di una certa grandiosità di fi-
gura e di portamento. Il tono delle carni è delicato e ben
fuso, il colorito generale non mostra tincora quel predo-
minio del verde che del Gozzoli è tanto caratteristico; gli
azzurri, che ora sono quasi tutti caduti, lasciando scoperta
la preparazione bianca, ove crudemente le pieghe son se-
gnate a graffito, dovevano in origine aggiungere assai alla
vivacità, alla delicatezza e all’armonia dell’assieme.
Accanto ai grandi freschi del coro, per quanto essi siano
sciupati, queste pitture quasi meschine passarono inosser-
vate a quasi tutti i biografi, e anche il più recente di loro 1
non cita di esse che brevemente, in una nota, due storie
della vita di San Gerolamo. Non c’è davvero da dar loro
torto se negano a questa non felice manifestazione dell’arte
giovanile di Benozzo, la loro ammirazione: essa è davvero
una ben povera cosa, ma poiché è andata più delle altre
immune dalle manomissioni de’ restauratori vale a farci
comprender più addentro l’evoluzione del pittore in un mo-
mento che dovette esser per lui di grande incertezza e che
precedette di pochissimo una grande trasformazione.
Il Wingenroth non vede in questi affreschi che l’opera di
scolari :1 2 giudizio che appeirirà senza dubbio erroneo quando
si osservi ciò che sapevano fare gli scolari di Benozzo nel
chiostro di San Fortunato, ove rimangono certe orribili
figure con grandi occhi e grandissimi musi scimmieschi
chiaramente imitate dai tipi del Gozzoli. 3
Non è, d’altra parte, molto probabile che Benozzo, tra
il 1450 e il 1452, si trovasse già in condizioni tanto for-
tunate da poter avere sotto di sè una schiera di allievi ai
quali far eseguire i propri cartoni.
A Vienna, nella collezione Gzell, trovavasi un quadretto
con la Madonna tra due Angioli e Santi, che, a giudicare
dalla fotografìa,4 ha evidenti caratteri gozzoleschi del pe-
riodo giovanile. Se il personaggio inginocchiato nel basso della tavola è, come suppone il
Wingenroth, frate Jacopo da Montefalcone, il committente delle leggende di San Francesco
a Montefalco, il quadretto dovrebbe ascriversi agli anni 1450-52.
Della operosità di Benozzo Gozzoli, davvero meravigliosa anche in questo suo primis-
simo tempo non ci restano, credo, altri documenti.
Fig. 8 — Benozzo Gozzoli :
San Bernardino. Chiesa di San Fran-
cesco. Cappella di San Girolamo
(Fotografia Alinari).
Nel 1453, com’è noto, Benozzo era a Viterbo, intento a decorare la chiesetta di Santa
Rosa con nove storie di quella Santa. Di queste pitture, distrutte nel 1632, quando si rico-
1 Urbain Mengin, op. cit.
2 Die Jugendwerke, ecc.
3 Nella chiesa di Sant’Agostino (Montefalco) era
una tavola con la Vergine e i Ss. Pietro, Paolo, Se-
vero e Fortunato che ha caratteri notevolmente goz
zoleschi. Ha, se non erro, la data 1487.
4 N. 251 nel catologo del fotografo Loevvy.