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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. 6
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Hautecoeur, Louis: I musaicisti Sanpietrini del settecento
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0497

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I MUSAICISTI SAMPIETRINI DEL SETTECENTO

45i

cil cav. d’Arpino, poi a Pietro da Cortona, a Ciro Ferri e al cav. Bernini.1 Secondo i loro
bozzetti o sotto la loro sorveglianza le cupole erano state ornate di musaici eseguiti dagli
operai condotti dal Calandra, Pietro habio Cristofari, e poi da Pietro Paolo Cristofari, suo
figlio. Quest’ultimo fu il vero creatore dello « Studio dei musaicisti ». Egli ricevette pure il
titolo di sopraintendente che fino allora era stato posseduto solamente da artisti e che di
nuovo, dopo la sua morte, avvenuta nel febbraio 1743, fu posseduto da pittori come Pier
Leone Ghezzi, Domenico de Angelis e Camuccini.

Quando Pietro Paolo Cristofari entrò in funzione, gli altari di San Pietro erano ornati
di quadri; una nuova scojDerta dette l’idea di sostituirli con musaici e fece moltiplicare la
produzione del laboratorio. Un certo Alessio Mattioli trovò il mezzo di fabbricare smalti di
un genere sconosciuto. Il papa il 20 luglio 1731 gli accordava per chirografo un privilegio,
a condizione che rivelasse il suo segreto, sotto giuramento, a Domenico Bonomi e lo depo-
sitasse agli archivi.1 2 La scoperta del Mattioli offriva un doppio vantaggio : rendeva indipen-
dente Roma da Venezia, poiché solo i vetrai di Murano avevano fornito fino a quel tempo
gli smalti necessari; 3 * * il Mattioli agli smalti diafani muranesi e alle pietre naturali degli
antichi sostituiva smalti opachi, composti di una polvere di stucco trattata coll’olio di
lino. 1 Egli poteva così ottenere un numero considerevole di tinte, per cui il laboratorio
potè in seguito disporre di 15,300 tinte ed essere in grado di riprodurre esattamente dei
quadri.

Era questo veramente un vantaggio ? Il musaico non perdeva così il suo carattere,
volendo imitare la pittura? Sembra però che allora questa fosse una legge generale: gli
arazzieri non rinunciavano aneli’essi al loro sistema decorativo per cercare di imitare i quadri
che copiavano rendendo fresco il colore e fondendo le tinte? In ogni modo la Fabbrica di
San Pietro protesse questa scoperta che offriva agli operai il modo di tagliare i piccoli
cubi secondo il bisogno loro, di tagliarli nella forma da essi desiderata e di esporli al fuoco
senza rischiare di vederli cambiare di colore. Essa volle profittarne per dare alle decora-
zioni di San Pietro una eternità di cui erano incapaci le tele che l’ornavano. Una memoria
di quel tempo ci racconta le sue intenzioni : « Siccome le nobili e belle arti dell’architettura
e della scultura le somministrano tanti ricchi e stabili ornamenti di marmi e di bronzi atti
a resistere a qualunque intemperie dell’aria ed edacità dei secoli: così è ben di dovere che
la pittura emulando la perpetuità e ricchezza degli ornati e delle altre due belle arti non
si contenti tributarg'lieli in fragili e non durevoli tele o calce, ma formati di materia ancor
essa durevole ».s Gli operai vollero profittare delle buone intenzioni della Fabbrica per do-
mandare un aumento di salario e una posizione assicurata.6 La Fabbrica si stupì di una
tale esigenza e rispose che i musaicisti dovevano essere trattati come i pittori ; forse che
un pittore che ha l’ordinazione di un affresco pretende di essere impegnato per sempre? E
i musaicisti, se pure devono necessariamente essere pittori, non sono forse pittori inferiori,
semplici copisti ? Perciò essi non hanno nessuna ragione per pretendere salari più elevati di
quelli dei pittori ; ed i musaicisti dovettero mettersi al lavoro al prezzo fissato di 9 scudi il
palmo. Nel 1759 molti quadri erano già a posto; il presidente de Brosses, che visitava
allora Roma, scriveva: «Ce que l’on fait de mieux à présent, c’est d’òter tous les tableaux
des chapelles de St. Pierre que l’humidité avait presque entièrement perdus et d’en faire

1 Ibid., XIV, c. 1.

2 Si trova ancora nell’Archivio uno scritto intito-
lato « Composizione degli smalti e segnatamente del
porporino secondo le regole del Mattioli ». XIV, 1 (8).

3 Continuarono a fornire il cristallo chiamato « Ru-

bino», che fu il motivo di uno screzio nel 1777. I

perleri di Murano erano allora sottomessi al Consiglio

dei Dieci che accordava senza difficoltà il permesso

di esportare il «Rubino»; ma, passando questo sotto
l’autorità del Gastaldo, fu rifiutata ai Fratelli Ferrari
la facoltà di vendere i loro prodotti. XIV, A. 7.

4 Nel 1759 fu fatto un contratto dal quale risulta
che l’estrazione del marmo era fatta dalle cave del
principe Colonna a Marino. XIV, B. 4.

3 XIV, A. 7.

6 Ibidem.
 
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