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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 5-6
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Gerola, Giuseppe: Il restauro dello spedale dei cavalieri a Rodi
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0367

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IL RESTAURO

DELLO SPEDALE DEI CAVALIERI A RODI

Supellectilibus ornetur et muniisculis splendeat:
in eo nainqué Christus habitat, in eo co li tur
in eo quoque reficitur.

Che uno spedale destinato al ricovero dei pellegrini e degli infermi esistesse a Rodi fin
dai primi giorni di stanziamento dei Cavalieri Gerosolimitani nell’isola delle rose, sul
principio del secolo XIV, appare cosa più che verosimile, non appena si ponga mente al fatto
che l’ospitalità dei forestieri e la cura dei malati erano fra i precipui e fondamentali scopi di
quell’Ordine, il quale dall’origine si chiamò per questo appunto degli Spedalieri.1

Le scarse notizie storiche finora divulgate dagli archivi della Religione non ci permettono
al contrario di affermare in quale parte della città quell’edificio si trovasse ; e men che meno
di stabilire a quale importanza il monumento assurgesse. Più fruttuose potrebbero per avventura
riuscire le ricerche nei numerosi testi medioevali tramandatici dai viaggiatori e pellegrini
d’oltremare. Il notaio italiano Nicolò Martoni, ad esempio, che fu a Rodi nell’estate del 1394,
dopo avere più a lungo parlato del palazzo del Granmastro (che egli chiama Hospitium), accenna
fugacemente anche allo spedale (designato come Hospitalé).2 Ed il notissimo Cristoforo Buon-
delmonti, che scriveva nel 1422, parlando della città di Rodi, così si esprime: « Nurie autem,
ad comparationem antique civitatis, modica est: que septentrionem prospectat et in quatuor divisa
remanet. Est autem primaque superior pars munitissima valde, in qua reverendissima in Christo
pater et dominus magnus magister hospitalis Iherosolimi habitat. Secunda autem a Jratribus dicti
Ordinis possessa est: in qua est ecclesia nobilissima sancti Johannis edificata... Tertia denique pars
monicionem cum hospitali dicti conventus resedit, ad quodperegrini et transeuntes per Rhodum habent
refugium. Quarta et ultima pars diete civitatis a mercatoribus una cum Grecis liabita est ».J In altre
parole, mentre noi conosciamo un’antica distinzione, tuttora visibile, della città di Rodi — esclusi
i posteriori sobborghi — in tre recinti, il più interno corrispondente al palazzo del Granmastro
(che vedemmo chiamato Ospizio), il secondo — la città nobile — destinato agli altri cavalieri

1 Così certe ordinazioni del maggio 1356 stabilivano
« che nello Spedale di Rodi si dovesse provedere alle
cose necessarie a’ pellegrini, agl’infermi e ad altri
poveri che vi capitavano, come per il passato far si
soleva ». (I. Bosro, Dell’istoria della sacra religione
et illustrissima milìtia di S. Giovanni Gerosolimitano.
Roma, 1630, voi. Il, pag. 91). — Donde ricavi taluno
che lo spedale di Rodi venne fondato verso il 1335
dal granmastro Villanova (Cfr. G. Sommi Picenardi,
Itinéraire d’un chevalier de saint-fean de Jérusalem
dans Vile de Rhodes. Rome, 1900, pag. 59), non sap-

piamo davvero.

2 « Et est Hospitalé lectorum magnarti prò peregrinis
et inhrmis: in quo fit magna he temo sina, cum medicis
semper paratis ed aliis rebus prò infirmis necessariis ».
(L. Le Grand, Relation du pélerinage à Jérusalem
de Nicolas de Martoni in Revue de l’Orient latin,
III, 4. Paris, 1895, pag. 584).

3 G. Gerola, Le Tredici Sporadi nel codice Clas-
sense di Cristoforo Buondelmonti (in corso di stampa
negli Atti e Memorie della R. Deputazione di storia
patria per le provincie di Romagna).
 
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