ISCRIZIONI
DI
CHIGNOLO VERBANO
Nell'ottobre 1887 a Levo, frazione, del comune di Chi-
gnolo Verbano, sulla via del Motterone, nello scavare i
fondamenti dell'albergo Levo, si scoprirono parecchie tombe
con cinque iscrizioni. Di questo ritrovamento ho avuto no-
tizia soltanto nell'estate del 1889, e non potendo recarmi
sul luogo, ho pregato il mio amico l'abate Vincenzo De-Vit
di venerata memoria, che in quei giorni si trovava a Stresa,
di visitare le cose scoperte e specialmente le lapidi. Il 10
di settembre egli m'inviava una breve relazione della sco-
perta con gli apografi delle iscrizioni. Tale relazione da
me fu spedita al senatore Fiorelli, allora Direttore generale
delle antichità e belle arti, il quale la pubblicò nelle No-
tizie degli scavi (a. 1889, P- 261).
Intanto il compianto prof. Fabretti, da me informato,
acquistava, per mezzo dell'abate De-Vit, tre di queste iscri-
zioni (n. 1, 3, 4) per il R. Museo di antichità di Torino. Sic-
come il De-Vit, per la difficoltà della lettura, non aveva
copiato queste epigrafi con assoluta precisione, così il Fa-
bretti erasi proposto di ripubblicarle riproducendo il facsi-
mile dei calchi (1).
(1) Un cenno della scoperta, e non riferendo che il titolo n. 5, fu
dato dal De-Vit nella sua ultima opera: La provincia romana dell'Os-
sola ossia delle Alpi Atrezziane, Firenze, 1892, p. 214 e seg. ,
I calchi di queste lapidi furono comunicati dal Fabretti all'ingegnere
Filippo Ponti, che ne inserì il disegno e volle illustrarli a pag. 153 e
segg. dell'opera : / Romani ed i loro precursori sulle rive del Verbano,
nell'alto Novarese e nell'agro Varesino, la quale si cominciò a stampare
ad Intra nel 18S9, ma ignoro se sia stata finita e si trovi in commercio.
DI
CHIGNOLO VERBANO
Nell'ottobre 1887 a Levo, frazione, del comune di Chi-
gnolo Verbano, sulla via del Motterone, nello scavare i
fondamenti dell'albergo Levo, si scoprirono parecchie tombe
con cinque iscrizioni. Di questo ritrovamento ho avuto no-
tizia soltanto nell'estate del 1889, e non potendo recarmi
sul luogo, ho pregato il mio amico l'abate Vincenzo De-Vit
di venerata memoria, che in quei giorni si trovava a Stresa,
di visitare le cose scoperte e specialmente le lapidi. Il 10
di settembre egli m'inviava una breve relazione della sco-
perta con gli apografi delle iscrizioni. Tale relazione da
me fu spedita al senatore Fiorelli, allora Direttore generale
delle antichità e belle arti, il quale la pubblicò nelle No-
tizie degli scavi (a. 1889, P- 261).
Intanto il compianto prof. Fabretti, da me informato,
acquistava, per mezzo dell'abate De-Vit, tre di queste iscri-
zioni (n. 1, 3, 4) per il R. Museo di antichità di Torino. Sic-
come il De-Vit, per la difficoltà della lettura, non aveva
copiato queste epigrafi con assoluta precisione, così il Fa-
bretti erasi proposto di ripubblicarle riproducendo il facsi-
mile dei calchi (1).
(1) Un cenno della scoperta, e non riferendo che il titolo n. 5, fu
dato dal De-Vit nella sua ultima opera: La provincia romana dell'Os-
sola ossia delle Alpi Atrezziane, Firenze, 1892, p. 214 e seg. ,
I calchi di queste lapidi furono comunicati dal Fabretti all'ingegnere
Filippo Ponti, che ne inserì il disegno e volle illustrarli a pag. 153 e
segg. dell'opera : / Romani ed i loro precursori sulle rive del Verbano,
nell'alto Novarese e nell'agro Varesino, la quale si cominciò a stampare
ad Intra nel 18S9, ma ignoro se sia stata finita e si trovi in commercio.