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Atti della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino — 7.1897

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Rondolino, Ferdinando: Le chiuse longobardiche fra Ivrea e Vercelli
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https://doi.org/10.11588/diglit.11589#0258

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archeologia e belle arti

e quattro anni dopo re Astolfo ordinava fossero restau-
rate e custodite le chiuse cadute in rovina, e verun stra-
niero potesse varcarle penetrando nel reg'no senza il bene-
placito regio, sicché il duca dovesse punire il clusario ne-
gligente (i).

E perciò verosimile che vi fossero clausurae o fiortae
alla Chiusa di Pesio, alle barricate di Bersezio od alle Portae
di Pietra Porzio, ed alle Portae, le odierne Porte, di Val Chi-
sone (2) ; nè si può dubitare, a petto degli scrittori e dei
fatti, che altre ne sorgessero ad abbarrare le valli di Susa
e di Aosta.

Ma per dire solamente di queste ultime, come di quelle
che hanno qualche relazione col nostro argomento, gioverà
far noto come entrambe abbiano mutato luogo col mutare
dei regni.

Parecchie cagioni avevano indotto i Romani a collocare
le chiuse di Val di Susa fra il Monte Pircheriano ed il Ci-
vrari poco lungi dal luogo della Chiusa che tuttora le ricorda.
Colà presso, tra Avigliana e Villaralmese, sorgeva fin dai
tempi di Giulio Cesare Voccelum o Y ad fines che divideva
il confine d'Italia dal reame cisalpino di Cozio ; colà rima-
sero dappoi anche il confine e la dogana della provincia
Gallica delle alpi Cozie; e fra quei due monti apresi il valico
più stretto a quanti scendono in Italia dal Monginevro e
dal Moncenisio.

Nè vi fu sufficiente ragione a che quelle chiuse venis-
sero abolite ed altre ne fossero erette sul Monginevro al-
lorché il versante orientale della provincia Gallica fu resti-
tuito all'Italia e ne venne istituita la nuova provincia delle
Alpi Cozie; imperocché la strategia consigliava mantenere

(1) Mon. Gemi. Hist., cfr. pag. 197.

(2) F. Durandi, Piemonte Cispadano, pag. 156 e segg.
 
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