lA LOGGÈTTA al campanile dì san marco
113
rivestono, la Loggetta acquistò quel suo aspetto tanto pittorescamente gioioso. Su una
forte tonalità di brocatello rosso di Verona, che largamente ricorre su tutta la facciata e a
cui si accompagnano il bel verde cupo di Tessaglia e le striscie venate in azzurro del can-
dido marmo greco o del paonazzetto, spiccano le otto -preziose colonne di breccie asiatiche
ed africane, dai più leggiadri e variati colori.
Così adorno di bassorilievi c di statue, tanto pittorico nella linea e nel colore, Jacopo
San sovino aveva ideato il nuovo ridotto della nobiltà veneziana.
Fu questo carattere, dirò così, di pittoricità, rimproverato spesso, e a torto, io credo,
al Sanso vino contro il quale si appuntarono le critiche degli accademici vissuti intorno alla
metà dell’Ottocento. Si trovò allora biasimevole che un architetto a cui era stata concessa
« ... la massima libertà senza limiti per porre e statue e bassorilievi e membrature architet-
toniche di bronzo...1 » avesse espresso il suo pensiero con sì poca nobiltà classica usando
F'g. 2 — La Loggetta dopo i restauri del seicento
(Incisione di Luca Carlevaris).
intemperatamente e licenziosamente una esagerata sovrabbondanza di statue ed ornamenti,
colorendo la facciata della sua fabbrica su una gamma così varia e festosa di tinte.
L’accademico devoto alle leggi vitruviane, tutto compreso della grave maestà classica
non poteva non condannare come un delitto di lesa classicità, la nobile prova di un artista
che seguendo la sua fantasia s’era prefisso di adattare la Loggetta ad uno scopo decorativo,
costringendo gli elementi dell’arte classica ad esprimere un suo pensiero di gioia e di brio, into-
nando gli svariati marmi della sua fabbrica colla festa di colori e di luce della Basilica d’oro.
Nella critica, che il Selvatico muove all’opera del Sanso vino, giustamente egli fa notare
alcune disannonie di proporzioni e di rapporti che non possono non colpire l’occhio del
1 Selvatico. Scultura ed architettura veneziana, pag. 235.
L'Arte. XIII, 15.
113
rivestono, la Loggetta acquistò quel suo aspetto tanto pittorescamente gioioso. Su una
forte tonalità di brocatello rosso di Verona, che largamente ricorre su tutta la facciata e a
cui si accompagnano il bel verde cupo di Tessaglia e le striscie venate in azzurro del can-
dido marmo greco o del paonazzetto, spiccano le otto -preziose colonne di breccie asiatiche
ed africane, dai più leggiadri e variati colori.
Così adorno di bassorilievi c di statue, tanto pittorico nella linea e nel colore, Jacopo
San sovino aveva ideato il nuovo ridotto della nobiltà veneziana.
Fu questo carattere, dirò così, di pittoricità, rimproverato spesso, e a torto, io credo,
al Sanso vino contro il quale si appuntarono le critiche degli accademici vissuti intorno alla
metà dell’Ottocento. Si trovò allora biasimevole che un architetto a cui era stata concessa
« ... la massima libertà senza limiti per porre e statue e bassorilievi e membrature architet-
toniche di bronzo...1 » avesse espresso il suo pensiero con sì poca nobiltà classica usando
F'g. 2 — La Loggetta dopo i restauri del seicento
(Incisione di Luca Carlevaris).
intemperatamente e licenziosamente una esagerata sovrabbondanza di statue ed ornamenti,
colorendo la facciata della sua fabbrica su una gamma così varia e festosa di tinte.
L’accademico devoto alle leggi vitruviane, tutto compreso della grave maestà classica
non poteva non condannare come un delitto di lesa classicità, la nobile prova di un artista
che seguendo la sua fantasia s’era prefisso di adattare la Loggetta ad uno scopo decorativo,
costringendo gli elementi dell’arte classica ad esprimere un suo pensiero di gioia e di brio, into-
nando gli svariati marmi della sua fabbrica colla festa di colori e di luce della Basilica d’oro.
Nella critica, che il Selvatico muove all’opera del Sanso vino, giustamente egli fa notare
alcune disannonie di proporzioni e di rapporti che non possono non colpire l’occhio del
1 Selvatico. Scultura ed architettura veneziana, pag. 235.
L'Arte. XIII, 15.