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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. 3
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Zappa, Giulio: Bramante alla Certosa di Pavia
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0215

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BRAMANTE ALLA CERTOSA DI FA VLA

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il suo asserto; e gli altri scrittori milanesi si limitano a ricordare quelle che hanno attinenza
col loro argomento, che è, in genere, l’illustrazione della loro città.

Del resto il ricordo della presenza del grande architetto e pittore alla Certosa, dev’essere
durato ininterrotto per qualche secolo, se ha potuto giungerne, pur confusamente, un’eco
sino al Lanzi, che scrisse nella sua Stona pittorica della Italia, trattando di Bramante :
« Nella Certosa di Pavia resta pure una cappella, che si dice da lui dipinta. Le proporzioni
sono quadrate, e talora sentono un po’ del tozzo ; i volti son pieni ; le teste de’ vecchi
grandiose; il colorito vivace e staccato da’ fondi, ma non senza qualche crudezza».1 Ine-
splicabile riuscirebbe l’accenno del Lanzi
se lo si riferisse alle vere e proprie cap-
pelle della navata longitudinale, che non
davano a’ tempi dello scrittore, come non
danno ora, alcun appiglio a una tale at-
tribuzione ; esso può invece applicarsi
benissimo, sia pure con una certa impro-
prietà d’espressione, agli affreschi di una
delle due grandi cappelle della crocera, e
più particolarmente a quelli del braccio
destro, ove realmente poteva il Lanzi scor-
o-ere teste grandiose di vecchi santi, e
riscontrare evidenti tutti gli altri caratteri
ch’egli definisce, con tanta giustezza, come
propri della maniera di Bramante.

La semplice tradizione ovale, non
sorretta da alcuna testimonianza di scrit-
tori o di documenti, ha potuto ben presto
tacere; ed è così venuto meno, nonché
il ricordo, il sospetto della presenza hi
Bramante alla Certosa, sino al Carotti che
l’ha avvertita solo parzialmente; ma resta,
ad attestarla, il documento più prezioso
e più limpido: l’opera sua, que’ suoi affre-
schi che sono, fra quanti restano in Lom-
bardia dell’ultimo Quattrocento, bellissimi
e perfetti. La sorte maligna che ha per-
seguitato quasi tutte le pitture di Bramante
ha permesso che proprio queste, rimaste
intatte, senza vandaliche manomissioni, in
piena luce, sotto gli occhi di tutti, in uno
dei più noti e insigni santuari dell’arte, fossero sin qui osservati con sguardo indifferente»
come stereotipe figure sacre del Borgognone ! No: non di lui nò di alcun altro lombardo
è quest’arte vigorosa e solida, ma di Bramante, tempratosi alla ferrea disciplina di Piero
della Francesca, e memore ed emulo, da lungi, della piena bellezza di Melozzo.2 E qui di
quell’arte è proprio il frutto più maturo e più degno, o almeno quello che per le fortunate

Fig. 12—Bramante: Cristo alla colonna
Abbazia di Chiaravalle.

1 Tomo quarto, pp. 177-iSx.

2 II Vasari dice di Bramante che ancor fanciulletto
« studiò molto le cose di Fra Bartolomeo, altrimenti
Fra Carnovale da Urbino, e Sabba Castiglioni nei
suoi Ricordi (Venezia, T584, III, pag. 138) lo chiama
senz’altro « gran prospettico creato di Piero del Borgo ».

Le affinità di tutte le sue figure con quelle di Me-
lozzo (l’arte del quale può dirsi appunto collaterale a
quella di Bramante! sono sì strette, da giustificare, per
gli affreschi della Certosa di Pavia, l’attribuzione pro-
posta dallo Schmarsow in un tempo in cui la figura
di Bramante pittore ancora non era fissata.
 
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