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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 13.1910

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Fasc. 3
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Papini, Roberto: Polittico d'alabastro
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https://doi.org/10.11588/diglit.24136#0255

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POLITTICI D'ALABASTRO

bastro la scultura monumentale, a Nottingham, a
York, a Burton ed a Lincoln si esercitava la fabbrica-
zione industriale dei grandi dossali, delle imagini, dei
polittici e delle tavolette.

Questa industria fu insomma nel xv secolo tale e
così diffusa che anche oggi se ne conservano esem-
plari dovunque: l’Hope ne segnala alcuni perfino in
Islanda; il Michel1 ne rileva l’esistenza in Spagna,
in Norvegia, in Olanda, nel Belgio (Museo del Cin-
quantenario a Bruxelles), nel Limousin (un’ Adora-
zione dei Magi ed una Trinità identiche a quelle di
Londra che pubblichiamo), in Germania (Musei di No-
rimberga e di Monaco) ; il prof. Adolfo Venturi mi
avverte gentilmente d’averne trovati numerosissimi
esemplari nella Svizzera e nel Tirolo tanto che egli
potè supporre come in quei luoghi si dovesse ricer-
care l’origine di così numerosa produzione; final-
mente l’abbé Bouillet 2 ha dato una lista, per quanto
gli fu possibile, completa di circa 300 esemplari con-
servati nei musei francesi, molti dei quali consistono
di varie tavolette — fino a sedici e diciotto — formanti
polittico, e li ha creduti opere di origine fiamminga,
mentre evidentemente essi sono in tutto simili alle tavo-
lette inglesi ed a quelle che abbiamo notato in Italia.3

Che anche queste infatti sieno identiche per ico-
nografia e per stile a quelle d’Inghilterra, non v’ha
dubbio alcuno : basta confrontare ad esempio il fram-
mento di Te Deum appartenente a Mr. Fison (fig. 5),
con l’analogo frammento del Museo di Genova; pa-
ragonare la tavoletta della Trinità (fig. 6), acquistata
del resto da Mr. Fitzhenry in Italia, con l’analoga a
Genova. Di più le tavolette della Burlington Fiouse
e del British Museum, (fig. 7, 8, 9), hanno un per-
fetto riscontro con le storie della Passione conservate
a Napoli ed a Ferrara, 4 mentre l’ultima delle tavolette
(fig. to) deve essere piuttosto avvicinata per la gen-
tilezza delle forme e l’evidenza dell’espressione al pa-
liotto della chiesetta pisana. E che sieno identiche
queste tavolette anche per la policromia, secondo la
descrizione che l’Hope fa di quelle inglesi, tutte rav-
vivate di vivaci colori e d’oro, è pure evidente. Di più

1 Michel André, Histoire de VArt. Paris, Colin, 1907. Voi. Ili,
parte 1", pag, 426 e seg.

2 Bouillé (l’Abbé), La fabricatìon indnstrielle des ret.ibles en
albàtre. (Bulletin monumentai, 1901).

3 II Michel (op. cit.) notando gli esempi di queste sculture ne
indica una al Museo Civico di Milano come la sola esistente in
Italia: evidentemente si tratta di un errore, poiché anche il dot-
tore Vieenzi, conservatore del Museo al Castello Sforzesco, non
riuscì a trovarla allorché io lo pregai di farne ricerca.

4 Non è insolito il fatto che nelle rappresentazioni dei Magi si
trovino 2, 4 ed anche 6 figure dei Re. Il Rohault de Fleury (La
Salute I terge, Paris, MDCCCLXXVII) cita vari esempi di questo
fatto e ne spiega l’uso con l’abitudine della simmetria che gli an-
tichi portavano generalmente nell’arte e col sentimento che faceva
preferire le rappresentazioni ideali ai quadri storici (Cfr. Voi. I,
pag. 168).

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il materiale appare per il suo colore e per la grana
lo stesso nelle tavolette d’Italia come quelle d’Inghil-
terra. L’esistenza di una grande quantità di queste
sculture nella Svizzera e in tutta la regione alpina
orientale, dove l’alabastro abbonda, avrebbe potuto
far credere — come ho già detto — che anche quelle
italiane potessero provenire da quei luoghi ; ma l’ala-
bastro carnico è di una tinta leggermente roseo-car-
nicina quale non si vede nei quattro polittici ricordati,
mentre quello proveniente da Fauld nello Staffordshire
e da Chellaston Hill nel Derbyshire, ricordato anche
nei libri di mineralogia come largamente usato nei

Fig. io — L’Annunciazione
Londra, British Museum — (Galvanopl. del R. A. L).

monumenti del xv e xvi sec., tende al grigio, tinta più
propria ai polittici inglesi, ed è talora venato di bruno.

Altri potrà, là dove più abbondano gli esemplari
di quest’arte industriale ma pur sempre interessantis-
sima come manifestazione storico-artistica, tentare una
classificazione stilistica e cronologica di queste opere,
studiare con documenti d’ogni genere quale fu la via
e quali furono i mezzi di diffusione di esse. A me
preme, per ora, d’aver posto in evidenza queste ca-
ratteristiche sculture finora ignorate in Italia ed averne
trovato il luogo d’origine, come una prova di più dei
numerosi contatti, che l’arte italiana del Quattrocento
aveva con l’arte delle regioni straniere.

Roberto Papi ni,
 
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