II. - SULLA TEORIA DBLI/ARTE NEL MEDIO EVO
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coinè esempio massimo della pratica artistica greca, che potremmo
chiamare realistica, è citato Lisippo, colui di cui si racconta il detto
•che egli facesse le sue figure come « sembrano » e i suoi predecessori
come « sono » ; ciò che ci è pervenuto della sua arte vi si adatta molto
bene, riguardo alle sculture in terra cotta e in bronzo, come fu osser-
vato anche da Hildebrandt, in antitesi allo scultore in marmo che
lavora partendo da una concezione spaziale tutta diversa. Abbiamo
d'altro lato una serie di giudizi « tattici », che forse rimontano a
Pergamo, specialmente in Quintiliano ; per essi, nel senso del nostro
classicismo, stanno al primo posto le belle proporzioni intese obietti-
vamente (symmetria) e il giusto rapporto con l'idea rappresentata
{dccus e pondus) e c'è piuttosto una differenza di valore tra pulchri-
tudo e similitudo (Jolles, L e, 97), mentre i mimetici antepongono il
■concetto non meno relativo della « verità naturale ».
Da un altro lato, quello dell'impressione, degli effetti cioè e non
della sostanza dell'arte, si è accostata al problema la classe degli ama-
tori e degli osservatori : si tratta qui di problemi biografici e di poli-
tica, artistica nel senso più lato, degli effetti sociali, etici, religiosi
dell'arte. Punti essenziali di questa critica profana sono la persona
stessa dell'artista nella sua posizione individuale, poi nella sua situa-
zione generale rispetto alla società e all'ambiente che la circonda ;
ì'influsso che questo ha esercitato su di lei e viceversa; e in quella
critica sono le radici di quella storia esteriore degli artisti che, dal-
l'antico fino al Kinascimento, ha goduto sempre della massima cura,
e nel cui luogo Winckelmann volle per primo collocare la « storia del-
l'arte ». Interessa a quella critica soprattutto la vita esterna dell'ar-
tista ; il suo mezzo preferito è l'aneddoto, l'apergu con cui vuole tipi-
camente avvicinare la creazione artistica all'intelligenza comune. Suo
rappresentante è il già citato Duride di Samo, che esercitò influssi
assai durevoli attraverso Plinio. A questo ambiente appartiene anche
l'epigramma letterario che con ingenuità o raffinatezza circoscrive l'ef-
fetto immediato sullo spettatore, la cosidetta « verità naturale », con-
cetto dalle mille iridescenze ; questo e la gioia intellettuale del « bello »
sono i punti intorno a cui ci si aggira come una vite perpetua. Ri-
mando per il resto al sopracitato opuscolo del Birt, che contiene molto
materiale in proposito, anche se la maggior parte ne è estranea al-
l'arte o la tocca solo indirettamente.
Gli antichi hanno distinto assai bene il giudizio degli artisti che
procede dall'espressione e quello dei profani che si basa sull'impres-
sione. Sulla base aristotelica Quintiliano (Inst. Or., II, 17) stabilisce
l'essenza della retorica come arte, contro coloro che gliela vogliono
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coinè esempio massimo della pratica artistica greca, che potremmo
chiamare realistica, è citato Lisippo, colui di cui si racconta il detto
•che egli facesse le sue figure come « sembrano » e i suoi predecessori
come « sono » ; ciò che ci è pervenuto della sua arte vi si adatta molto
bene, riguardo alle sculture in terra cotta e in bronzo, come fu osser-
vato anche da Hildebrandt, in antitesi allo scultore in marmo che
lavora partendo da una concezione spaziale tutta diversa. Abbiamo
d'altro lato una serie di giudizi « tattici », che forse rimontano a
Pergamo, specialmente in Quintiliano ; per essi, nel senso del nostro
classicismo, stanno al primo posto le belle proporzioni intese obietti-
vamente (symmetria) e il giusto rapporto con l'idea rappresentata
{dccus e pondus) e c'è piuttosto una differenza di valore tra pulchri-
tudo e similitudo (Jolles, L e, 97), mentre i mimetici antepongono il
■concetto non meno relativo della « verità naturale ».
Da un altro lato, quello dell'impressione, degli effetti cioè e non
della sostanza dell'arte, si è accostata al problema la classe degli ama-
tori e degli osservatori : si tratta qui di problemi biografici e di poli-
tica, artistica nel senso più lato, degli effetti sociali, etici, religiosi
dell'arte. Punti essenziali di questa critica profana sono la persona
stessa dell'artista nella sua posizione individuale, poi nella sua situa-
zione generale rispetto alla società e all'ambiente che la circonda ;
ì'influsso che questo ha esercitato su di lei e viceversa; e in quella
critica sono le radici di quella storia esteriore degli artisti che, dal-
l'antico fino al Kinascimento, ha goduto sempre della massima cura,
e nel cui luogo Winckelmann volle per primo collocare la « storia del-
l'arte ». Interessa a quella critica soprattutto la vita esterna dell'ar-
tista ; il suo mezzo preferito è l'aneddoto, l'apergu con cui vuole tipi-
camente avvicinare la creazione artistica all'intelligenza comune. Suo
rappresentante è il già citato Duride di Samo, che esercitò influssi
assai durevoli attraverso Plinio. A questo ambiente appartiene anche
l'epigramma letterario che con ingenuità o raffinatezza circoscrive l'ef-
fetto immediato sullo spettatore, la cosidetta « verità naturale », con-
cetto dalle mille iridescenze ; questo e la gioia intellettuale del « bello »
sono i punti intorno a cui ci si aggira come una vite perpetua. Ri-
mando per il resto al sopracitato opuscolo del Birt, che contiene molto
materiale in proposito, anche se la maggior parte ne è estranea al-
l'arte o la tocca solo indirettamente.
Gli antichi hanno distinto assai bene il giudizio degli artisti che
procede dall'espressione e quello dei profani che si basa sull'impres-
sione. Sulla base aristotelica Quintiliano (Inst. Or., II, 17) stabilisce
l'essenza della retorica come arte, contro coloro che gliela vogliono