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MISCELLANEA
desolazione di Sodoma incendiata (fotografia Gargiolli
C. 3113) si ritrovano più che in ogni altra, le teste,
disegnate in bistro e 1 umeggiante di biacca su carta
rosacea, del foglio degli Uffizi. Non solo le teste più
grandi dei due fanciulli ma la stessa testa di adole-
scente adagiata sui cuscini, hanno un perfetto riscon-
tro in questo affresco: le une si ritrovano facilmente
fra i fanciulli straziati dal fuoco nel primo piano del
quadro, l’altra ha grande analogia con uno dei mori-
bondi che giacciono sulla terra riarsa. Così il fan-
ciullo benedicente altro non è se non uno studio per
il quadro della stessa parete rappresentante l’adora-
zione dei Magi (fot. Gargiolli, C. 3085) in cui il putto
seduto sulle ginocchia della Madre ha la stessa posi-
zione di quello ritratto nel disegno ; se si eccettua la
mano destra posata sulla coscia e una maggiore in-
fantilità e grassezza di tutto il corpo, anche questa
figura degli affreschi gozzoliaui ha un perfetto riscon-
tro con quella del disegno degli Uffizi e può legitti-
mamente supporsi che la testa di bimbo disegnata a
sinistra del fanciullo benedicente abbia servito di pas-
saggio fra il tipo del disegno e quello della pittura
murale.
Di più nel verso di questo foglio conservato agli
Uffìzi è la figura di un uomo avvolto in ampio pan-
neggiamento ed in atto di benedire, talché parve al
Berenson la figura di un Santo. Essa è invece lo studio
per una delle tante figure di Mosè o d’altri patriarchi
benedicenti che si trovano nelle storie del Vecchio
Testamento sulle pareti del Campo Santo di Pisa.
È certo quindi che le figure del disegno trovano
un perfetto riscontro con quelle delle pitture del Campo
Santo pisano ; potrebbe da ciò sorgere anche il dub-
bio che esse fossero copie di discepoli dall’opera del
maestro. Se non che prima il carattere degli abbozzi,
evidentemente tratti dal vero, e poi la tecnica seguita
nel farli dimostrano a sufficienza la mano del Goz-
zoli. Quanto alle scorrettezze del disegno ed oltre alla
grossolanità del modellato, già apparsa anche al Be-
renson, si noti anche in questo disegno l’abitudine
costante nel Gozzoli di porre alle sue teste l’orecchio
molto in alto e molto indietro, con padiglione grasso
e carnoso ; si noti l’ombra che egli accentua sempre
eccessivamente sotto alla palpebra inferiore dell’occhio,
la bocca con le labbra leggermente tumide e con la
fossetta fortemente incavata sotto al setto nasale si
notino infine lo sguardo delle teste, la scorrettezza
del disegno nelle mani, il modo d’arricciolare i ca-
pelli a chiocciolette od a serpentelli. E quasi tutto
ciò non bastasse si confronti il disegno con il fram-
mento di predella, certamente di Benozzo, nella stessa
Galleria degli Uffizi: vi si troverà l’identico modo di
tratteggiare le ombre e le luci, di segnare una linea
scura dalla parte dell’ombra, di lineare le luci con
tanti lievi tratti quasi paralleli di biacca o di tinta
chiara.
Stabilita così in modo sicuro l’attribuzione al Goz-
zoli del disegno della Galleria fiorentina si passi a
considerare ed a confrontare con questo l’altro dise-
gno (Windsor 163) che il Berenson assegna nell’An-
gelico e che è condotto pure a bistro con lumi di
biacca su carta preparata di colore rosaceo.
La testa che si vede sul recto del foglio è descritta
dal Berenson come un busto di San Lorenzo, pensoso
e severo, così largamente, così delicatamente model-
lato da combinare la plastica espressività di Donatello
con la semplicità dell’antico.
Veramente non si può a rigor di critica parteci-
pare dell’entusiasmo del critico inglese e nè pure ve-
dere in questa testa, come egli vede, i caratteri pe-
culiari dell’arte di Fra Giovanni da Fiesole.
Anche limitandoci soltanto ad un esame superfi-
ciale noi non sappiamo trovare in questa testa l’espres-
sione dolcemente estatica che l’Angelico sapeva pro-
digiosamente infondere nei volti che creava : vi ve-
diamo invece una espressione di ebetudine e di fissità
che, specie nelle prime opere di Benozzo dobbiamo
notare e che serve appunto, insieme con la torbidezza
del colore e con la grossolanità del modellato, a di-
stinguere l’opera dello scolare da quello del maestro
nelle pitture della Cappella Niccolina.
Un esame dei particolari contribuirà, del resto, a
confermare l’attribuzione a Benozzo del disegno di
Windsor. Vi ritroveremo infatti lo stesso modo di far
l’orecchio e di collocarlo molto in alto ed indietro
come abbiamo osservato nelle sue pitture e nel disegno
degli Uffizi ; vi vedremo la stessa maniera di fare la
bocca, la pupilla e l’occhio, con la palpebra inferiore
gonfia e fortemente ombreggiata : vedremo il disegno
mancare nella spalla destra ed il collo infossarsi, le
stesse luci bianche dare il risalto necessario con pen-
nellate grasse e con linee tracciate quasi parallelamente.
Se si guarda poi il verso dello stesso foglio con-
servato nel castello di Windsor e lo si confronta col
disegno certo di Benozzo (Uffizi 1358) per San Fran-
cesco di Montefalco, si troverà grande analogia di
forme e di tecnica fra i due. Condotti entrambi a poca
distanza di tempo, l’uno a Roma, l’altro a Monte-
falco, essi mostrano lo stesso modo di ombreggiare
con tratti brevi e vicini, che abbiamo visto caratte-
rizzare anche i disegni pubblicati dalla Vasari Society,
lo stesso modo di panneggiare le vesti, la stessa scor-
rettezza delle mani che le rende deformi, specie la si-
nistra della donna col putto, nel disegno di Windsor.
E non solo appare questa analogia, ma se si confron-
tano le figure di questo disegno con quelle dipinte nella
Cappella Niccolina si trova che esse corrispondono
appunto a tre delle figure che cou maggior probabilità
debbono assegnarsi alla collaborazione di Benozzo, ve-
nendo così ad escludere la possibilità che il disegno
possa esser creduto uno studio fatto da Benozzo dalle
figure dell’Angelico.
MISCELLANEA
desolazione di Sodoma incendiata (fotografia Gargiolli
C. 3113) si ritrovano più che in ogni altra, le teste,
disegnate in bistro e 1 umeggiante di biacca su carta
rosacea, del foglio degli Uffizi. Non solo le teste più
grandi dei due fanciulli ma la stessa testa di adole-
scente adagiata sui cuscini, hanno un perfetto riscon-
tro in questo affresco: le une si ritrovano facilmente
fra i fanciulli straziati dal fuoco nel primo piano del
quadro, l’altra ha grande analogia con uno dei mori-
bondi che giacciono sulla terra riarsa. Così il fan-
ciullo benedicente altro non è se non uno studio per
il quadro della stessa parete rappresentante l’adora-
zione dei Magi (fot. Gargiolli, C. 3085) in cui il putto
seduto sulle ginocchia della Madre ha la stessa posi-
zione di quello ritratto nel disegno ; se si eccettua la
mano destra posata sulla coscia e una maggiore in-
fantilità e grassezza di tutto il corpo, anche questa
figura degli affreschi gozzoliaui ha un perfetto riscon-
tro con quella del disegno degli Uffizi e può legitti-
mamente supporsi che la testa di bimbo disegnata a
sinistra del fanciullo benedicente abbia servito di pas-
saggio fra il tipo del disegno e quello della pittura
murale.
Di più nel verso di questo foglio conservato agli
Uffìzi è la figura di un uomo avvolto in ampio pan-
neggiamento ed in atto di benedire, talché parve al
Berenson la figura di un Santo. Essa è invece lo studio
per una delle tante figure di Mosè o d’altri patriarchi
benedicenti che si trovano nelle storie del Vecchio
Testamento sulle pareti del Campo Santo di Pisa.
È certo quindi che le figure del disegno trovano
un perfetto riscontro con quelle delle pitture del Campo
Santo pisano ; potrebbe da ciò sorgere anche il dub-
bio che esse fossero copie di discepoli dall’opera del
maestro. Se non che prima il carattere degli abbozzi,
evidentemente tratti dal vero, e poi la tecnica seguita
nel farli dimostrano a sufficienza la mano del Goz-
zoli. Quanto alle scorrettezze del disegno ed oltre alla
grossolanità del modellato, già apparsa anche al Be-
renson, si noti anche in questo disegno l’abitudine
costante nel Gozzoli di porre alle sue teste l’orecchio
molto in alto e molto indietro, con padiglione grasso
e carnoso ; si noti l’ombra che egli accentua sempre
eccessivamente sotto alla palpebra inferiore dell’occhio,
la bocca con le labbra leggermente tumide e con la
fossetta fortemente incavata sotto al setto nasale si
notino infine lo sguardo delle teste, la scorrettezza
del disegno nelle mani, il modo d’arricciolare i ca-
pelli a chiocciolette od a serpentelli. E quasi tutto
ciò non bastasse si confronti il disegno con il fram-
mento di predella, certamente di Benozzo, nella stessa
Galleria degli Uffizi: vi si troverà l’identico modo di
tratteggiare le ombre e le luci, di segnare una linea
scura dalla parte dell’ombra, di lineare le luci con
tanti lievi tratti quasi paralleli di biacca o di tinta
chiara.
Stabilita così in modo sicuro l’attribuzione al Goz-
zoli del disegno della Galleria fiorentina si passi a
considerare ed a confrontare con questo l’altro dise-
gno (Windsor 163) che il Berenson assegna nell’An-
gelico e che è condotto pure a bistro con lumi di
biacca su carta preparata di colore rosaceo.
La testa che si vede sul recto del foglio è descritta
dal Berenson come un busto di San Lorenzo, pensoso
e severo, così largamente, così delicatamente model-
lato da combinare la plastica espressività di Donatello
con la semplicità dell’antico.
Veramente non si può a rigor di critica parteci-
pare dell’entusiasmo del critico inglese e nè pure ve-
dere in questa testa, come egli vede, i caratteri pe-
culiari dell’arte di Fra Giovanni da Fiesole.
Anche limitandoci soltanto ad un esame superfi-
ciale noi non sappiamo trovare in questa testa l’espres-
sione dolcemente estatica che l’Angelico sapeva pro-
digiosamente infondere nei volti che creava : vi ve-
diamo invece una espressione di ebetudine e di fissità
che, specie nelle prime opere di Benozzo dobbiamo
notare e che serve appunto, insieme con la torbidezza
del colore e con la grossolanità del modellato, a di-
stinguere l’opera dello scolare da quello del maestro
nelle pitture della Cappella Niccolina.
Un esame dei particolari contribuirà, del resto, a
confermare l’attribuzione a Benozzo del disegno di
Windsor. Vi ritroveremo infatti lo stesso modo di far
l’orecchio e di collocarlo molto in alto ed indietro
come abbiamo osservato nelle sue pitture e nel disegno
degli Uffizi ; vi vedremo la stessa maniera di fare la
bocca, la pupilla e l’occhio, con la palpebra inferiore
gonfia e fortemente ombreggiata : vedremo il disegno
mancare nella spalla destra ed il collo infossarsi, le
stesse luci bianche dare il risalto necessario con pen-
nellate grasse e con linee tracciate quasi parallelamente.
Se si guarda poi il verso dello stesso foglio con-
servato nel castello di Windsor e lo si confronta col
disegno certo di Benozzo (Uffizi 1358) per San Fran-
cesco di Montefalco, si troverà grande analogia di
forme e di tecnica fra i due. Condotti entrambi a poca
distanza di tempo, l’uno a Roma, l’altro a Monte-
falco, essi mostrano lo stesso modo di ombreggiare
con tratti brevi e vicini, che abbiamo visto caratte-
rizzare anche i disegni pubblicati dalla Vasari Society,
lo stesso modo di panneggiare le vesti, la stessa scor-
rettezza delle mani che le rende deformi, specie la si-
nistra della donna col putto, nel disegno di Windsor.
E non solo appare questa analogia, ma se si confron-
tano le figure di questo disegno con quelle dipinte nella
Cappella Niccolina si trova che esse corrispondono
appunto a tre delle figure che cou maggior probabilità
debbono assegnarsi alla collaborazione di Benozzo, ve-
nendo così ad escludere la possibilità che il disegno
possa esser creduto uno studio fatto da Benozzo dalle
figure dell’Angelico.