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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 29.1926

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Beltrami, Giuseppe: Martino Ferabosco architetto
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GIUSEPPE BELTRAMI

Conobbe il Maderno, il Borromini e gli artisti
del suo tempo. A fianco di Carlo Maderno sopra-
tutto egli visse a Roma la sua attività artistica
in comunione di intenti e di opere; ed all’arte di
lui dovette guardare di certo come a modello,
tanto che lo stile del valoroso architetto della
Fabbrica di S. Pietro si rispecchia e si ripete nei
vari lavori e progetti da Martino eseguiti o pre-
sentati. Fu legato da amicizia anche con Giacomo
Grimaldi, lo storico prezioso e paziente degli ultimi
bagliori della gloriosa Basilica Costantiniana, e con
Carlo Ferrante Gianfattori col quale, per benevolo
interessamento di Paolo V, si era unito allo scopo
di compilare insieme una grandiosa opera illu-
strativa del tempio maggiore della cristianità.1
Martino finì i suoi giorni nella Città eterna —
ove aveva seriamente lavorato col desiderio di
lasciarvi qualche opera degna — sui primi di
agosto del 1623 quando, morto Gregorio XV, i
cardinali si trovavano radunati in conclave dal
quale uscì pontefice pochi giorni dopo il Card. Bar-
berini col nome di Urbano Vili. Nel « LiberMor-
tuorum » di S. Pietro trovo infatti: 3 agosto 1623.
Martino Ferrabosco da Codelago dioc. di Milano,
lontanar0 del Palazzo Apostolico, levato dal detto
Palazzo et sepolto in Santa Marta: torce sei per
Deposito.2 Nella chiesa di Santa Marta al Va-
ticano però non vi ha più alcuna traccia della
sua sepoltura.
* * *
A voler ora passare in rassegna la svariata
produzione artistica del Ferabosco, è bene co-
minciare dalla sua opera a stampa, dato che
l’autore ebbe cura di fissare in essa quasi tutti
i suoi disegni e progetti. « Io interpresi volentieri...
l’impresa — osserva egli stesso -— sì per esser
gloriosa, sì anco perchè dava a me occasione di
mostrar al mondo alcuni miei pensieri circa
l’accommodamento di detto palazzo, Basilica,
et habitazione del Clero ».3 Di tutti questi lavori
del Ferabosco mi studierò di darne per la prima
volta l’elenco, unitamente a brevi note illustrative.

1 II Grimaldi è notissimo. Carlo Ferrante Gianfattori in-
vece, detto in seguito Ferrante Carli, nacque a Parma nel
1578. Dopo il 1619 venne a Roma ove ebbe l’incarico di
scrivere la storia della Basilica Vaticana e poi la storia di
Paolo V. Morì il 9 giugno 1641 senza dare alla luce nessuna
delle sue opere. Cfr. Huelsen Ch., Il Circo di Nerone al
Vaticano, in Miscellanea, Ceriani, pag. 265, n. 1; Mercati G.,
Per la storia della Biblioteca Apostolica, ecc., in Per Cesare
Baronia, pag. 99, n. 2.
2 Arch. Capit., Liber Mortuorum ab a. 1616 ad a. 1632,
fol. 176. Debbo questo documento al cortese interessamento
di Mons. Giuseppe Cascioli che vivamente ringrazio.
3 Così il Gianfattori, a nome del Ferabosco, nel Cod. cit.,
fol. 370.

1. Architettura della Basilica di S. Pietro
in Vaticano.1 — In quest’opera il Ferabosco, con
belle tavole in rame, volle riprodurre i migliori
partiti architettonici della Basilica, per incarico
affidatogli da mons. Giov. Batt. Costaguti, mag-
giordomo di Paolo V. L’opera, divisa in 30 tavole,
è una delle migliori riproduzioni grafiche della Ba-
silica.2 Fu pubblicata nel 1620; la seconda edizione
apparve nel 1684 con l’aggiunta di alcune postille
del Costaguti iuniore, ed una terza uscì nel 1812
con la descrizione rimaneggiata da Filippo Gilli.
Sappiamo che queste tavole piacquero molto a
Paolo V il quale incoraggiò l’autore a proseguire.
Narra infatti il Gianfattori: « Credo che questa
fatiga sarà grata, perchè havendo fatto vedere
alcune delle presenti tavole alla S. M. di Paolo V
le quali erano in sua vita finite, li piacquero in
modo, che comandò si attendesse al fine ».3
2. Il Porticato attorno alla Basilica di San
Pietro. — Dalla tav. II dell’Architettura rile-
vasi come il Ferabosco avesse ideato un portico
(fig. 1) che, per comodità e bellezza, doveva cin-
gere la Basilica nel lato opposto all’abside; sicché
il braccio centrale girava a forma di ampio arco
e continuava ad abbracciare il tempio fino al
centro delle due absidi corrispondenti alle na-
vate trasversali. Altre due ali del portico avreb-
bero dovuto cingere la platea, tenendosi paralle-
lamente all’asse longitudinale del tempio. Così la
pianta basilicale veniva cinta tutta all’intorno da
portici che, oltre a corrispondere all’esigenze del-
l’estetica, avrebbero servito di protezione ai pel-
legrini e alle carrozze in tempo di intemperie.
Insieme a questa cintura di portici l’autore aveva
pure ideata la casa canonicale per il Clero.4

1 Architettura della basilica di S. Pietro in Vaticano, da
monsignore Giovanni Battista Costaguti seniore, maggior-
domo di Paolo V, fatta esprimere e intagliare in più tavole
da Martino Ferabosco e posta in luce l'anno MDCXX. Di
nuovo data alle stampe da Monsignore Giov. Battista Co-
staguti iuniore, decano della Camera. In Roma nella Stam-
peria della Reverenda Camera Apostolica, MDCLXXXIV.
2 Cfr. Geymuller (De) H., Les projets primitifs pour la
Basilique de Saint-Pierre de Rome (1875), pag. 135, n. 2;
Munoz, op. cit., pag. 1.
3 Gianfattori, Cod. cit., fol. 370.
4 II Gianfattori, nella solita descrizione inedita, spiega:
« Verso Levante a detta Basilica una gran piazza con di-
segno dell’autore per Portici da fabbricarvisi. Verso mezo-
giorno la pianta del autore per l’habitatione da fabricarsi
per il Clero di detta Basilica. Verso ponente l’altezza del
monte, et intorno al tempio disegno dell’autore per lar-
garvi una piazza con portici ». (Cod. cit., f. 371). Cfr. Gey-
muller, op. cit., pag. 192; Th. Hofmann, Raffael als
Architekt, IV, tav. 13; Letarouilly, Le Vatican et la basi-
lique de St-Pierre de Rome (1878-82), I, tav. 2.
 
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