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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 29.1926

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Venturi, Adolfo: [Rezension von: Lionello Venturi, Catalogo della raccolta Gualino]
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RECENSIONI

Lionello Venturi, Catalogo della raccolta Gua-
iino. Milano, Sestetti e Tumminelli, voi. I, in
folio, 1926.
È un volume principe, questo della collezione Guaiino
composto da Lionello Venturi, elaborato dalla Casa Sestetti
e Tumminelli. Nella biblioteca italiana il libro entrerà a
trionfo, superbo della sua legatura cinquecentesca, della sua
carta, a cui daremo il nome antico di reale, de’ suoi caratteri,
usciti come dalla stamperia del più nitido incunabulo, delle
fototipie più rasate, delle tricromie più sincere e illusionistiche
che mai sieno state, pubblicate. Il Catalogo segna onore im-
perituro al collezionista che ha conservato all’Italia tesori,
li ha recuperati oltre i nostri confini, nei negozi e nelle aste
pubbliche d’Europa. Egli non si è mostrato chiuso nell’ado-
razione del nostro passato, ma ha sentito che ove sbocciò
l’arte, deve formarsi la nostra esperienza estetica, la nostra
cultura, per cui egli ha adunato miracoli d’arte egiziana,
giapponese, cinese, delle età più luminose, delle forme più
rare. Guidati da questo gusto per il bello ovunque si
presenti, in qualunque forma, fiorisca, era naturale che
l’amore e le ricerche non facessero divario dal grande al
piccolo, cosi che temi d’arte sono le fibule barbariche, gli
avori bizantini, uno smalto limosino, un ornato saraceno,
gli smalti veneziani, le cassettine di pasta de maschio, e la
più bella mobiglia che abbia arredato la casa del Rinasci-
mento. Tutto questo è illustrato da Lionello Venturi, che
dopo aver assistito il collezionista, ha applicata la sua cri-
tica ai problemi pittorici italiani, dal Dugento al Settecento,
come ai problemi stranieri dal Rubens al Rembrandt, dal
Boi ad Jacob-Isaacksz van Ruisdael; e ha portato la sua
universalistica cultura, integrante quella dell’amatore e
amico Riccardo Guaiino, a illustrar un’opera egiziana tra
il 2750 e il 2475 avanti Cristo, scavata nei pressi delle grandi
Piramidi, e a rappresentarci « il momento in cui la severità
delle sculture della quarta dinastia si attenua, e l’energia
vitale viene impressa nello schema architettonico dell’im-
magine con. tale intensità quale non sarà più ritrovata a tra-
verso i millenni dell’arte egiziana ». Presentata quest’opera,
egli passa a una stele cinese votiva della prima metà del
secolo vi, « del primo periodo in cui l’arte buddistica si afferma
in Cina con una energia spirituale ed una purezza di linea
difficili a ritrovare poi ». Si sente in queste note lo scrittore
che ha meditato, comparato, e si è reso familiare tutto quel
mondo di forme, che sono significative « di una personalità
artistica in un attimo creativo», che portan «l’impronta,
sia pur breve, di una fantasia realizzata ». Adopero queste

belle frasi dell’introduzione al catalogo, perchè s’intenda
come non siamo davanti a una delle consuete compilazioni,
ma a un’opera che, avendo avuto a guida precisamente l’inte-
resse d’arte, riesce ad esaltazione di valori ideali. Quest’opera
tutta impregnata d’amor d’arte nello scritto, che è un col-
loquio di raffinato conoscitore con le singole personalità
creatrici, si rivela anche nello stampato, semplice, senz’or-
namento che non sia quello delle opere raccolte,’nello studio
spaziale per le lettere del frontispizio, dove non un punto,
non una lineetta, dà all’equilibrio de’ caratteri il peso di
un fermo, nelle linee corsive celeri dell’introduzione, negli
elziviri delle pagine e nelle intestazioni che ne bandiscono
il contenuto. Tanta austera eletta forma tipografica avviva
l’effetto delle tavole a colori, ove la macchina è stata corretta
da graduazioni di toni, da misura di rapporti, da metro.
Diamo qualche saggio delle tavole del catalogo, rendendo
grazie alla generosità di Riccardo Guaiino. Esordio ma-
gnifico al libro è la Madonna di Cimabue, celata sino a
pochi anni or sono da una sovrapposta pittura cinquecen-
tesca, poi condannata a un’odissea di viaggi sino al ritorno
definitivo in patria per opera del nobile collezionista. II
quadro si connette a evidenza con la pala Rucellai, dove
al valore costruttivo delle ancone nel Louvre e negli Uffizi
succede un così raffinato gusto di ondulazioni lineari, da
guidare il pensiero verso l’arte .senese contemporanea a
Cimabue. Sembra in verosimile che il costruttore del massic-
cio trono su cui siede la Vergine degli Uffizi goda a porre così
lieve sgabello sotto i piedi della Madonna Rucellai, e a con-
tornare il trono di festoni aerei, come di ferro battuto, de-
stinati a sorreggere la stoffa dello schienale; che il pittore
uso a tender i drappi in pieghe rigide per seguire il rilievo
dei corpi, si delizi a snodar l’orlo tenue del manto in melo-
diosi serpeggiamenti; che le teste delle Vergini del Louvre
e di Firenze, fisse in atteggiamento imperioso, sopra un
collo duro e breve, e la testa della Vergine Guaiino, curva
sopra un collo pieghevole, siano opera di uno stesso artista.
È vero che nell’ancona Uffizi quella rigidezza di stasi si at-
tenua per l’inclinazione del volto sulla spalla sinistra, ma la
volta craniale potente, la massa ampia del capo rimangono a
una distanza che sembra insormontabile dal modulo della
Madonna Rucellai. Un passo verso l’ancona di Santa Maria
Novella è segnato dalla guasta Vergine della chiesa bolognese
dei Servi, per l’allungamento delle forme e una evidente ri-
cerca di armonie lineari nella disposizione dei fasci di pieghe,
primo indizio di quella tendenza decorativa che culmina nella
pala Rucellai. Ma il quadro di Bologna, che ha in comune col
quadro Guaiino l’atteggiamento vivace del putto e la di-
 
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