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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 29.1926

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Venturi, Lionello: Un ritratto d'Isabella d'Este dipinto da Giulio Romano
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https://doi.org/10.11588/diglit.55345#0281

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UN RITRATTO D’ISABELLA D’ESTE
DIPINTO DA GIULIO ROMANO

Nel catalogo della Galleria di Hampton Court, redatto dal sig. Ernesto Law nel 1912,
si legge, sotto il n. 427, l’indicazione di un ritratto di signora italiana dipinto forse
dal Parmigianino. Ma nel 1913 il libro di Alessandro Luzio su La Galleria dei Gonzaga
indicava in quel ritratto l’effigie d’isabella d’Este « per lo sfondo del quadro ov’è rico-
noscibile una stanza dell’appartamento a pianterreno d’Isabella d’Este con un’anti-
caglia sopra la porta, e per i tratti del volto, somigliantissimi a’ dipinti tizianeschi,
e sopratutto per la pettinatura w.1 La determinazione iconografica è stata accolta dal
Law, per esempio nel catalogo del 1923,2 senza che essa abbia poi modificato l’attri-
buzione, in cui d’altronde nessuno credeva.3
Perciò è opportuno di constatare anzi tutto che l’immagine d’isabella non appar-
tiene alla tradizione correggesca, bensì a quella raffaellesca. Anzi l’opera che meglio
può esserle avvicinata è il ritratto di Giovanna d’Aragona nel Museo del Louvre, che
il Vasari ci dice disegnato da Raffaello e dipinto da Giulio Romano: simile nelle due
opere è il modo di contornare la forma plastica, come anche il modo con cui l’imma
gine occupa lo spazio, e cioè il rapporto tra la figura e il fondo. Certo, malgrado le
precisioni fìammingheggianti dell’esecuzione,4 il ritratto di Giovanna reca l’impronta
di uno spirito pieno di grazia, ignoto all’immagine d’isabella, ch’è pesante piuttosto
e goffa, non solo per colpa sua e dei suoi anni inoltrati, ma soprattutto della mano del-
l’artefice che, per desiderio di rilievo, accentua gli scuri e materializza ogni cosa. Ma
la differenza tutta si compendia nel nome di Raffaello, che diede un disegno al ritratto
di Giovanna, e non a quello d’isabella.
D’altra parte si osserva che Giulio Romano aveva l’abitudine di porre l’immagine
chiara su fondo scuro, salvo a controbilanciare in profondità lo scuro del fondo con
una porta aperta che lasciasse passare la luce. Oltre che nel ritratto d’isabella, que-
st’uso si ritrova nella Madonna col Bambino di Palazzo Venezia a Roma, nel ritratto del
Romitaggio di Pietrogrado, nella Madonna della gatta a Napoli. Inoltre nella Madonna
di Palazzo Venezia si trova un chiaroscuro identico a quello della testa d’isabella, e
nello scomparto delle Logge rappresentante Mosè che riceve le tavole della legge v’è il
medesimo sbattimento di luci e di ombre che nelle fìgurette del fondo del ritratto di
Hampton Court. Senza contare che in esso si vede quel colorito giallo e verde nelle luci
e pien di fumo nelle ombre che ci è familiare in tutte le pitture a olio di Giulio.
Le notizie storiche a sostegno dell’attribuzione a Giulio Romano sono ovvie. Ar-
rivato a Mantova alla fine del 1524, nel '26 disegnava per Isabella, anche se questa
era lontana da Mantova.5 Nel '31 poi ebbe luogo una effettiva collaborazione tra l’ar-
tista e la marchesa per i preparativi delle nozze del figlio, Federico II Gonzaga. E an-
che in anni successivi non mancano notizie di rapporti tra i due: nel '38, per esempio,

1 Milano, 1913, p. 226.
2 Pag. 81, n. 234.
3 L. Fróhlich-Bum, Parmigianino und der
Manierismus. Vienna, 1921, non cita nemmeno il
quadro.

4 A. Venturi, Storia dell’Arte Italiana, voi:’ IX,
parte II, pag. 447.
5 Piera Carpi, Giulio Romano ai servigi di
Federico II Gonzaga, Mantova, 1921, pag. 7.
 
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