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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 29.1926

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Brizio, Anna Maria: Studi su Gaudenzio Ferrai, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.55345#0135

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STUDI SU GAUDENZIO FERRARI

I problemi oggi più interessanti intorno a Gaudenzio Ferrari non riguardano nè
la sua biografia, nè l’attribuzione delle sue opere. Per altri artisti lombardi queste que-
stioni possono avere ancora un’importanza fondamentale, come, ad es., per il Luini, la
cui attività riuscirebbe meglio definita da una più sicura conoscenza biografica, o per il
Bramantino, che non potrà essere rievocato nella sua vera luce, ove non sia chiuso il di-
battito sull’attribuzione a lui di alcune opere capitali. Per Gaudenzio, no; dopo le ricerche
d’archivio dell’ultimo cinquantennio, i documenti a lui relativi si succedono in serie
serrata dal 1508 fino al giorno della sua morte, dando modo di ricostruirne l’attività
nel suo sviluppo complessivo con chiara evidenza; e l’insieme delle opere sicuramente sue,
forma un blocco così imponente da rendere assolutamente trascurabile ogni questione
particolare di attribuzione riguardo qualche tavola dispersa o qualche frammento di
affresco sciupato.
I problemi gaudenziani realmente vivi ed importanti riguardano le sue origini arti-
stiche e la determinazione critico-estetica della sua arte.
Chi si accinge a studiare la prima questione si trova di fronte ad un intrico di opi-
nioni contradditorie che è assolutamente necessario sciogliere e chiarire. Il primo scrittore
che s’occupa estesamente di Gaudenzio e se ne dimostra ampiamente informato è Giovan
Paolo Lomazzo, il quale gli dà a maestro l’oscuro Stefano Scotto. Nel Trattato1 egli
così accenna all’educazione artistica del Ferrari: « Nei rabeschi ci sarebbe molto che dire,
benché Stefano Scotto senza dubbio sia stato il principale, però Gaudentio in quelli l’hà
superato, il quale fù suo primo discepolo, e insieme del Bovino ». Da questo passo i
commentatori trassero la deduzione di un doppio alunnato di Gaudenzio presso Stefano
Scotto e presso Bernardino Luini.
Ma i dati cronologici ora conosciuti sul conto del Luini ce lo dimostrano press’a
poco contemporaneo di Gaudenzio, escludendo fra i due la possibilità di rapporti da
maestro a scolaro; cosicché il Resta e, con lui, il Colombo supposero non già che il Luini
fosse maestro di Gaudenzio, ma che insieme fossero condiscepoli alla comune scuola di
Stefano Scotto. Invero il passo del Lomazzo si presta anche a questa seconda interpreta-
zione, che viene ad accordarsi pienamente con la cronologia è si limita ad indicare in
Stefano Scotto l’unico maestro di Gaudenzio.
Ma dopo il Lomazzo il numero dei suoi ipotetici maestri è andato progressivamente
aumentando per la tendenza costante di trasformare in materiali alunnati le influenze mol-
teplici e di varia origine che innegabilmente si riscontrano nell’arte di G. Ferrari, portato
dalla moda stessa dei tempi a foggiarsi uno stile ecclettico, che riassumesse le migliori ca-
ratteristiche delle varie scuole italiane la cui eco giungeva fino alla Lombardia; poiché
è ben assodato che fuori del Piemonte e della Lombardia G. Ferrari non si recò mai,
sebbene gli storici che si occuparono di lui lo abbiano fatto peregrinare per l’Italia, a
Firenze, a Perugia, a Roma, intento ad attingere ispirazioni alla bottega del Perugino
e alla scuola di Raffaello.

Libro VI, pag. 421 (Edizione Pontio, Milano, 1584).
 
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