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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 29.1926

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Venturi, Adolfo: Tre ignorati quadri di Giambellino
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https://doi.org/10.11588/diglit.55345#0092

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TRE IGNORATI QUADRI DI GIAMBELLINO

L’alba dell’arte di Giambellino ci appare in un quadro ignoto della raccolta del
barone Michele Lazzaroni a Roma (fig. i), prossimo di tempo al quadro della Madonna
con Gesù dormiente, nella Galleria di Venezia. I lanosi riccioli del bambino, avvolti a chioc-
ciola, sono, nelle due opere, uguali, come le proporzioni della Vergine molto allungate
e il cielo con impercettibili strie di nuvole bianche e cumuletti a vortice in alto.
Il pittore è ancora incerto, timido nel modellare le forme, rigido nel segno, eppure
tutto l’incanto della sua umanità pura e gentile spira dai volti, dal gesto, dal mattinale
silenzio del paese. È il crepuscolo: le prime incerte luci si ripercuotono sulle facce ros-
signe delle case, profilano le arcate di un portico, radon le sonnolenti acque dei canali:
dietro le case scolora in latteo pallore un lembo di laguna. Sulla riva, a scaglioni di roccia
tagliati al modo di Jacopo Bellini, s’innalza, immagine protettrice di quest’angolo veneto,
la Vergine, sostenendo sopra un parapetto marmoreo Gesù. Una mano protettrice regge
il Bambino seduto, sfiorandolo appena; l’altra tiene due ciliege; ma non guardano i ma-
linconici occhi di Gesù ai frutti vermigli, e un pensiero di soave tristezza ombra il volto
della madre come il paese non ancora animato dal sole, non ancor desto dalla luce del
giorno. I lineamenti della Vergine han la dolce purezza della Madonna adorante nelle
Gallerie di Venezia; il polso, esile nella guaina di velluto rosso che la luce imbionda, la
mano trasparente e sottile sono tra le più delicate creazioni di Giambellino; dalle spalle
del bimbo, modellate con morbidezza soave, scende lungo il braccio la tunichetta di un
tenero verde ulivo a sfiorar l’argento della fascia stretta alla cintura.
La laguna, un angolo di spiaggia veneta, forma sfondo al gruppo idilliaco, e par che
il divino silenzio delle acque, il fioco lume dell’alba, commentino lo sguardo pensoso, il
lento gesto materno.
* * *
Il quadro Lazzaroni segna il primo passo di Giambellino nell’arte; un altro quadro,
da me veduto, la scorsa estate, nella raccolta del signor A. L. Nicholson a Londra (fig. 2),
è tra le ultime creazioni del pittore che attrae i cuori con la sua mite umanità.
Il quadro figura San Domenico dietro un parapetto marmoreo, come dietro una
finestra aperta sopra un limpido paese di colli, azzurri nella luce del mattino. L’aria
tersa, purificata dalle brezze dell’alba, delinea ogni spigolo, ogni rilievo, ogni frattura
delle rocce montane, le nervature dei gigli, le sottili vene dei rami: tutto trae da essa
nitore di cristallo, tutto squilla in quella candida luce. Non una macchietta anima il
paese: la pace della solitudine montana circonda il monaco che, di ritorno dalla passeg-
giata si arresta davanti al parapetto, meditando le sacre parole. Il volto, animato di
ombre e luci, reca le impronte degli anni sulle palpebre gonfie, nelle gote emaciate;
le mani sono rugose, ma un candore fanciullesco traspare dallo sguardo mite, il can-
dore dei gigli che aprono alla bianca luce del mattino le grandi corolle. Il paese è
lo stesso che si vede in due opere tarde di Giambellino: la chiostra montana tra cui
scorrono le acque azzurre per il Battesimo di Cristo, nella Chiesa di Santa Corona a Vicenza,
la cerchia alpestre verso le cui cime si eleva, dal suo trono di roccia, il santo vegliardo
in San Giovanni Crisostomo a Venezia, su dalla terra nella gloria del cielo puro, della
bianca luce. Il paese, che già dalle prime opere aveva così profonde risonanze nell’anima
 
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