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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 29.1926

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Venturi, Adolfo: Un primitivo Melozzo da Forli
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https://doi.org/10.11588/diglit.55345#0073

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UN PRIMITIVO MELOZZO DA FORLI

Nella collezione Benson a Londra, porta il nome di Fiorenzo di Lorenzo un’ammi-
rabile tavoletta raffigurante la Vergine col Bambino contemplata da due serafini. La bion-
dezza luminosa delle carni tocche appena di roseo, e il cilestre puro del cielo, la intensità
del rosso e dell’azzurro che tingono il manto e la veste di Maria, non trovan riscontro
nell’opera del piccolo pittore umbro. I contorni, marcati nelle figure di Fiorenzo, qui
sfumano, trasparenti e morbidi; le vesti dure e metalliche si adattano, soffici, alle forme;
le pieghe, scavate da Fiorenzo come nel legno, duramente, si sciolgono, seguendo il movi-
mento del corpo; le articolazioni strette, come legate, diventan pieghevoli. Il volto del
bambino nella pala di Fiorenzo a Perugia, con le grosse labbra spaccate, gli occhietti gonfi
sotto una fronte piatta ed enorme, tagliata da una cornice orizzontale di bioccoletti lanosi,
nulla ha che fare col viso rotondo dai lineamenti larghi e teneri, che si piega con languore
sulla spalla entro una morbida cornice di riccioli color di lino, leggieri e ariosi, aureola
di luce.
I cieli torbidi di Fiorenzo, con fumose nuvole, non gareggiarono mai col cielo di
un azzurro puro e lieve, che dietro il gruppo Benson scende in gradazioni dolcissime di
chiarore; gli alberi, che ai lati del San Sebastiano Spada s’intagliano come in cartone
scuro sul fondo, son masse arrotondate da lumeggiature a vortice nel quadro Benson; i
riccioli, che, ancora nell’ Adorazione di Perugia, Fiorenzo lascia cadere in ben ordinate spi-
ralette, in trucioli di legno, dalle teste degli angeli, qui scendono sulle tempie della Ver-
gine e intorno ai volti dei putti come viticci liberi all’aria, profilati di luce. Mai l’eclet-
tico pittore, che sembra aver seguito il precetto di Cennino Genuini: « affaticati e dilet-
tati di ritrarre sempre le migliori cose che trovar puoi per mano fatte di gran maestri »,
avrebbe saputo dipingere quest’opera in cui ogni superfìcie ha la morbidezza e la volut-
tuosa luminosità del velluto. Nel polittico di Santa Maria Nuova, opera tarda di Fiorenzo,
la Vergine non giunge a sedersi sulle arcaiche schegge di nuvole che devon formarle seggio,
e il pattino gonfio imita goffamente l’atteggiamento peruginesco; nel quadro dell’istituto
Stàdel a Francoforte, grossolani ornati si dilatan sul fondo, immiserendo le figure dei Santi
e della Vergine: l’artista paesano cammina sui trampoli, impotente a seguire il volo della
pittura umbra con Pier della Pieve.
All’autore del quadro Benson, non il Perugino insegna, ma il maestro stesso del Peru-
gino, Piero della Francesca: non altra fonte può spiegarci l’armoniosa trasparenza biondo
rosea delle carni nel chiarore di un limpido giorno, il tessuto d’argento del velo, che segue
i moti dell’aria increspandosi sul capo della Vergine. La luce non è bianca e cristallina come
in Piero; s’addolcisce, s’imbionda, con morbidezza di velluto e di raso, e indica di per
sè l’opera del grande Maestro romagnolo, seguace di Piero, Melozzo. Il suggerimento trova
conferma nel colore qua e là a tinte piatte, come si vede in altr’opera primitiva di Melozzo,
il San Sebastiano Corsini, nella struttura della sinistra di Maria, con grosse nocche, quali
mostran le mani del San Fabiano, già presso Pio Fabbri, ora in America, nei grossi e liberi
tratteggi di luce, come nervature di penna, che traggono squilli dall’orlo giallo della veste
di Maria e che appaiono come strigilature sul velluto della veste di Guidobaldo, nel ritrat-
tino Colonna.
La mano paffuta del bimbo, che tiene la mela con morbida lentezza di gesto, il brac-
cio rotondo e tenero, evocano al nostro pensiero i cherubi dipinti da Melozzo nell’abside
dei Santi Apostoli attorno al Cristo trionfatore; le ali dei serafini, con le grosse penne da

L’Arte, XXIX, 7.
 
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