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PITTALUGA
Presso Don Celio Orsini, romano: ritratto di
Camilletta dell’Orto, dama veneta; faceva parte
della raccolta dell’Aliense.
Presso Crist. e Fr. Muselli, patrizi veronesi:
ritratto di un monsignore: forse il cosidetto « Gian-
senio » della Doria, n. 386?
Presso i Signori da Mula a S. Vito: Capriccio
delle Muse con Apollo nel mezzo; probabilmente
coincide con il Parnaso di Dresda, n. 271: cosa
di bottega. Oltre quest’opera i da Mula possede-
rono, non ricordate dal Ridolfì:
Una Resurrezione di Lazzaro.
Un Mose che dà la legge-, delle quali si è trovato
il contratto del 1573, pubblicato nell’Arte, 1899,
p. 500: la prima opera può essere identificata con
una di tale soggetto, oggi a Londra, presso il
signor Holford.
Sette Ritratti di famiglia da porsi sopra le porte
sono nominati nello stesso contratto.
Una Resurrezione di Cristo, che si dice proveniente
da casa da Mula, trovasi oggi a Berlino, presso
il dott. Alsberg, e già trovavasi presso Marcello
von Nemes.
Per 1’Aretino: Mercurio e Argo, pendant del-
l’Apollo e Marsia, oggi proprietà W. Bromley-
Davemport, a Londra; le due opere non sono
ricordate dal Ridolfì’ bensì dalla lettera dell’Are-
tino al Tintoretto (1545) (cfr. Lettere di P. A.,
Parigi, 1609, III, p. no verso}.
Pitture a fresco.
Casa de’ Fabri All’Arsenale. -— Il convito
di Baldassare: Rid., II, 9: «circa l’anno 1546 di-
pinse a fresco lo aspetto della casa de’ Fabbri
dell’Arsenale, divisandovi il convito di Baldasar ».
Baldinucci, VI, 357.
Casa al ponte Dell’Angelo: Rid., II, io:
« fìnse nella parte inferiore una battaglia di cava-
lieri... e vi attraversò una cornice sostenuta da
mani e piedi, tinti di bronzo; e sopra un’historia
e un fregio con molte figure; e nella sommità, tra
le finestre, finse alcune donne, acconcie in belli
atteggiamenti ». Bosch. 189: spiega il perchè di
quelle « mani e piedi » sostenenti la cornice: perchè
i suoi compagni di lavoro avevano detto « che
Tiziano, per dipingere, aveva bisogno che vi met-
tesse le mani e i piedi... ». Baldinucci, VI, 357. Nelle
Pitture a fresco dello Zanetti (Venezia, 1760) sono
riprodotte quattro figure della battaglia e lo « scher-
zo delle mani e dei piedi »: tav. 10-14.
Casa di un Tintore al ponte S. Giovanni
in Laterano. — Ganimede rapito da Giove: Rid.,
II, 11: «nella quale formò un Ganimede ignudo
rapito da Giove e trasformato in aquila ». Baldi-
nucci, VI, 357: « il Ganimede raffigurò non molto
delicato, come descrivono i poeti, ma di un c rr o
muscoloso e pieno di sentimenti... ».
Casa Gussoni sul Canal Grande. —L’Aurora
e il Crepuscolo di Michelangiolo: Rid., II, 34: ri-
corda anche un Adamo ed Èva e un Caino che
uccide Abele. Mosch., II, 550, cita ancora le due
figure tolte da Michelangelo.
Gli affreschi fin qui nominati sono tutti citati
nelle Pitture a fresco dello Zanetti, il quale menzio-
nò poche cose dei maggiori maestri. Consta, non-
dimeno, che il Robusti lavorò altre volte a fresco.
Dal passo d’una lettera dell’Algarotti si deduce
che, nel 1760, tutti questi dipinti erano ancora
abbastanza visibili: « Ha intagliato (lo Zanetti}
alcuni avanzi di pittura del Tintoretto, di Gior-
gione, di Tiziano e dello Zelotti, che si veggono
ancora per li muri di Venezia » (Lettera del 24 otto-
bre 1760 a Eustacchio Zanotti; cfr. anche la let-
tera ad A. M. Zanetti del 9 giugno 1761: entrambe
in Lettere sulla pittura, Venezia, 1792).
Campo S. Stefano. — S. Vitale a cavallo, su
un camino: imitava di scorcio la statua del Col-
leoni, del Verrocchio. Il disegno n. 13009 degli
Uffizi, rappresentante un cavallo col cavaliere,
scorciati, porta la scritta in caratteri settecente-
schi « Del Tintoretto vecchio l’opera e a fresco a
S. Stefano di Venetia ». Più probabilmente, però,
il disegno si riferisce non al S. Vitale, ma al di-
pinto smarrito, con « S. Martino e il mendicante »
già nella chiesa di S. Martino di Murano.
Alcune figure ignudo dipinte nelle lunette delle
finestre, nello stesso edificio. Rid., II, 34. Questo
scrittore ricorda anche che « per lo sbarco di En-
rico III di Francia lavorò alcune figure a chiaroscuro
con Paolo da Verona » (II, 28). Il Soulier (p. 75)
nota che si può aver idea di tale decorazione dal
quadro del Vicentino, in Palazzo Ducale, rappre-
sentante l’arrivo di quel Re (1574) e dalla ridu-
zione che ne esiste al Museo di Versailles.
Casa Marcello a S. Trovaso (nel Settecento
proprietà Sangiantoffetti). — Quattro favole d’Ovi-
dio (Giove e Semele, Apollo e Marsia, Aurora che
si stacca da Tifone, Cibele coronata di torri):
Rid. II, 34. Nel Settecento il Reynolds (Foy.
pitt., 50) e Zanetti, 345, ricordano le due ultime
storie, molto rovinate, riprodotte nella raccolta
Lovisa (nn. 35 e 36: stampa dello Zucchi su disegno
del Manaigo).
Palazzo Zeno ai Gesuiti. ■—■ La conversione
di S. Paolo: il Bosch. (p. 427) ne ricorda gli avanzi.
Così come il Meschini (I, 673), sebbene ridotti
a « un’ombra » (1815).
PITTALUGA
Presso Don Celio Orsini, romano: ritratto di
Camilletta dell’Orto, dama veneta; faceva parte
della raccolta dell’Aliense.
Presso Crist. e Fr. Muselli, patrizi veronesi:
ritratto di un monsignore: forse il cosidetto « Gian-
senio » della Doria, n. 386?
Presso i Signori da Mula a S. Vito: Capriccio
delle Muse con Apollo nel mezzo; probabilmente
coincide con il Parnaso di Dresda, n. 271: cosa
di bottega. Oltre quest’opera i da Mula possede-
rono, non ricordate dal Ridolfì:
Una Resurrezione di Lazzaro.
Un Mose che dà la legge-, delle quali si è trovato
il contratto del 1573, pubblicato nell’Arte, 1899,
p. 500: la prima opera può essere identificata con
una di tale soggetto, oggi a Londra, presso il
signor Holford.
Sette Ritratti di famiglia da porsi sopra le porte
sono nominati nello stesso contratto.
Una Resurrezione di Cristo, che si dice proveniente
da casa da Mula, trovasi oggi a Berlino, presso
il dott. Alsberg, e già trovavasi presso Marcello
von Nemes.
Per 1’Aretino: Mercurio e Argo, pendant del-
l’Apollo e Marsia, oggi proprietà W. Bromley-
Davemport, a Londra; le due opere non sono
ricordate dal Ridolfì’ bensì dalla lettera dell’Are-
tino al Tintoretto (1545) (cfr. Lettere di P. A.,
Parigi, 1609, III, p. no verso}.
Pitture a fresco.
Casa de’ Fabri All’Arsenale. -— Il convito
di Baldassare: Rid., II, 9: «circa l’anno 1546 di-
pinse a fresco lo aspetto della casa de’ Fabbri
dell’Arsenale, divisandovi il convito di Baldasar ».
Baldinucci, VI, 357.
Casa al ponte Dell’Angelo: Rid., II, io:
« fìnse nella parte inferiore una battaglia di cava-
lieri... e vi attraversò una cornice sostenuta da
mani e piedi, tinti di bronzo; e sopra un’historia
e un fregio con molte figure; e nella sommità, tra
le finestre, finse alcune donne, acconcie in belli
atteggiamenti ». Bosch. 189: spiega il perchè di
quelle « mani e piedi » sostenenti la cornice: perchè
i suoi compagni di lavoro avevano detto « che
Tiziano, per dipingere, aveva bisogno che vi met-
tesse le mani e i piedi... ». Baldinucci, VI, 357. Nelle
Pitture a fresco dello Zanetti (Venezia, 1760) sono
riprodotte quattro figure della battaglia e lo « scher-
zo delle mani e dei piedi »: tav. 10-14.
Casa di un Tintore al ponte S. Giovanni
in Laterano. — Ganimede rapito da Giove: Rid.,
II, 11: «nella quale formò un Ganimede ignudo
rapito da Giove e trasformato in aquila ». Baldi-
nucci, VI, 357: « il Ganimede raffigurò non molto
delicato, come descrivono i poeti, ma di un c rr o
muscoloso e pieno di sentimenti... ».
Casa Gussoni sul Canal Grande. —L’Aurora
e il Crepuscolo di Michelangiolo: Rid., II, 34: ri-
corda anche un Adamo ed Èva e un Caino che
uccide Abele. Mosch., II, 550, cita ancora le due
figure tolte da Michelangelo.
Gli affreschi fin qui nominati sono tutti citati
nelle Pitture a fresco dello Zanetti, il quale menzio-
nò poche cose dei maggiori maestri. Consta, non-
dimeno, che il Robusti lavorò altre volte a fresco.
Dal passo d’una lettera dell’Algarotti si deduce
che, nel 1760, tutti questi dipinti erano ancora
abbastanza visibili: « Ha intagliato (lo Zanetti}
alcuni avanzi di pittura del Tintoretto, di Gior-
gione, di Tiziano e dello Zelotti, che si veggono
ancora per li muri di Venezia » (Lettera del 24 otto-
bre 1760 a Eustacchio Zanotti; cfr. anche la let-
tera ad A. M. Zanetti del 9 giugno 1761: entrambe
in Lettere sulla pittura, Venezia, 1792).
Campo S. Stefano. — S. Vitale a cavallo, su
un camino: imitava di scorcio la statua del Col-
leoni, del Verrocchio. Il disegno n. 13009 degli
Uffizi, rappresentante un cavallo col cavaliere,
scorciati, porta la scritta in caratteri settecente-
schi « Del Tintoretto vecchio l’opera e a fresco a
S. Stefano di Venetia ». Più probabilmente, però,
il disegno si riferisce non al S. Vitale, ma al di-
pinto smarrito, con « S. Martino e il mendicante »
già nella chiesa di S. Martino di Murano.
Alcune figure ignudo dipinte nelle lunette delle
finestre, nello stesso edificio. Rid., II, 34. Questo
scrittore ricorda anche che « per lo sbarco di En-
rico III di Francia lavorò alcune figure a chiaroscuro
con Paolo da Verona » (II, 28). Il Soulier (p. 75)
nota che si può aver idea di tale decorazione dal
quadro del Vicentino, in Palazzo Ducale, rappre-
sentante l’arrivo di quel Re (1574) e dalla ridu-
zione che ne esiste al Museo di Versailles.
Casa Marcello a S. Trovaso (nel Settecento
proprietà Sangiantoffetti). — Quattro favole d’Ovi-
dio (Giove e Semele, Apollo e Marsia, Aurora che
si stacca da Tifone, Cibele coronata di torri):
Rid. II, 34. Nel Settecento il Reynolds (Foy.
pitt., 50) e Zanetti, 345, ricordano le due ultime
storie, molto rovinate, riprodotte nella raccolta
Lovisa (nn. 35 e 36: stampa dello Zucchi su disegno
del Manaigo).
Palazzo Zeno ai Gesuiti. ■—■ La conversione
di S. Paolo: il Bosch. (p. 427) ne ricorda gli avanzi.
Così come il Meschini (I, 673), sebbene ridotti
a « un’ombra » (1815).